la risoluzione della locazione finanziaria, per inadempimento dell’utilizzatore, non si estende alle prestazioni gia’ eseguite, in base alle previsioni dell’articolo 1458 primo comma cod. civ. in tema di contratti ad esecuzione continuata e periodica ove si tratti di leasing cosiddetto di godimento, pattuito con funzione di finanziamento, rispetto a beni non idonei a conservare un apprezzabile valore residuale alla scadenza del rapporto (con conseguenziale marginalita’ dell’eventuale opzione), e dietro canoni che configurano esclusivamente il corrispettivo dell’uso dei beni stessi. La risoluzione medesima, invece, si sottrae a dette previsioni, e resta soggetta all’applicazione in via analogica delle disposizioni fissate dall’articolo 1526 cod. civ. con riguardo alla vendita con riserva della proprieta’, ove si tratti di leasing cosiddetto traslativo, pattuito con riferimento a beni atti a conservare a quella scadenza un valore residuo superiore all’importo convenuto per l’opzione, e dietro canoni che scontano anche una quota del prezzo in previsione del successivo acquisto (rispetto a cui la concessione in godimento assume funzione strumentale).

 

Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di leasing si consiglia la lettura del seguente articolo: Il contratto di leasing o locazione finanziaria

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 30 settembre 2015, n. 19532

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RUSSO Libertino Alberto – Presidente

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19169/2011 proposto da:

(OMISSIS) SPA (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, Vice Presidente, Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) SRL in persona del suo legale rappresentante p.t., (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) e (OMISSIS), rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) giusta procura in calce al controricorso;

(OMISSIS) SRL, in persona del suo legale rappresentante Ing. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1532/2011 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 04/05/2011 R.G.N. 6074/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 01/07/2015 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA;

udito l’Avvocato (OMISSIS); udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO

Nel febbraio 2001 (OMISSIS) srl, (OMISSIS) srl, (OMISSIS), (OMISSIS) (n. (OMISSIS)), (OMISSIS) e (OMISSIS) (n. (OMISSIS)) proponevano distinte opposizioni al decreto con il quale venivano ingiunti di pagare a (OMISSIS) spa – nella loro qualita’ di fideiussori, e ciascuno in base alla propria quota di copertura fideiussoria – quanto a quest’ultima dovuto, per canoni scaduti ed accessori, da (OMISSIS) spa in forza di due contratti di leasing aventi ad oggetto uno stabilimento industriale in (OMISSIS). Contratti di leasing stipulati nel 1989 e 1990 per l’importo complessivo di lire 11.785.130.647, e dichiarati risolti nel marzo ‘96 da (OMISSIS) a fronte dell’inadempimento della utilizzatrice (OMISSIS) (dichiarata fallita nel maggio ‘96).

Nella costituzione in giudizio di (OMISSIS) spa – e previa riunione delle opposizioni cosi’ proposte – veniva emessa sentenza n. 10493/06 con la quale l’adito tribunale di Napoli: – revocava il decreto ingiuntivo, in quanto emesso per un importo diverso da quello effettivamente dovuto; – in accoglimento della riconvenzionale della parte opposta, condannava gli opponenti, ciascuno per la quota di spettanza, al pagamento a (OMISSIS) dell’importo complessivo di euro 3.098.042,59 oltre interessi e spese.

Interposto appello principale dagli opponenti, ed appello incidentale da (OMISSIS) spa, interveniva sentenza n. 1532/11 con la quale la corte di appello di Napoli, in riforma della prima decisione, rigettava le domande proposte da (OMISSIS), ravvisando nella specie un leasing c.d. traslativo assoggettato al regime di cui all’articolo 1526 c.c.; con condanna della medesima alla rifusione delle spese di entrambi i gradi di merito.

Avverso questa sentenza viene da (OMISSIS) spa (incorporante (OMISSIS) spa, gia’ (OMISSIS) spa) proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi; resistono con distinti controricorsi (OMISSIS) srl da un lato, e (OMISSIS) srl, (OMISSIS) (n. (OMISSIS)), (OMISSIS) e (OMISSIS) (n. (OMISSIS)), dall’altro. La ricorrente ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE

p.1.1 Con il primo motivo di ricorso (OMISSIS) spa lamenta “violazione ex articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in relazione all’articolo 1526 cod.civ.”; per avere la corte di appello riesaminato in sede di gravame la questione della natura giuridica del leasing dedotto in giudizio (da essa ritenuto traslativo, con conseguente applicazione dell’articolo 1526 cod.civ.), nonostante che – come contraddittoriamente riconosciuto dalla stessa corte territoriale – su tale qualificazione giuridica (negli opposti termini di leasing “di godimento”) si fosse gia’ espresso il tribunale con statuizione ormai coperta da giudicato, perche’ sul punto non censurata ex adverso in appello.

p.1.2 La doglianza e’ infondata.

Essa si basa su un presupposto errato; e cioe’ che la corte territoriale abbia affermato l’avvenuta formazione del giudicato interno sulla qualificazione giuridica del contratto di leasing dedotto in giudizio (sicche’ la qualificazione di leasing di godimento, come operata dal tribunale, non sarebbe stata suscettibile di alcuna rivisitazione in appello). In realta’, la corte di merito ha si’ richiamato la preclusione da giudicato, ma l’ha univocamente riferita alla esatta definizione della “domanda” di (OMISSIS), non gia’ alla qualificazione giuridica del “rapporto contrattuale”.

A pag. 6 della sentenza si osserva che: “la domanda, sulla cui qualificazione come individuata dal tribunale si e’ formato il giudicato, e’ stata parzialmente accolta dal primo giudice (…)”; e tale qualificazione verteva, in esito all’interpretazione da parte del primo giudice della sua volonta’ sostanziale, sul fatto che (OMISSIS) avesse dedotto in giudizio unicamente una domanda avente ad oggetto i canoni scaduti e non corrisposti dall’aprile ‘91 al marzo ‘96, con esclusione di ogni altra pretesa a titolo di risarcimento ed equo compenso per l’utilizzo della cosa. A pag. 9 della sentenza impugnata viene precisato, appunto, che quella per i canoni scaduti, cosi’ come interpretata dal tribunale con affermazione non piu’ rivedibile, doveva ritenersi “l’unica domanda ritualmente proposta dalla (OMISSIS)”; a pag. 10, ancora, i giudice di appello rileva l’inammissibilita’ delle istanze formulate dalla societa’ concedente nel corso del giudizio di appello, in quanto aventi ad oggetto pretese (risarcimento ed equo compenso) “mai ritualmente proposte ed estranee al presente giudizio”.

Nemmeno trova rispondenza agli atti di causa il fatto sostenuto in ricorso – che la qualificazione giuridica del leasing da parte del tribunale non fosse stata contestata dai fideiussori appellanti; risultando invece che costoro avessero diffusamente dedotto tale problema (sostenendo l’erroneita’ della decisione del tribunale che non aveva, nella specie, fatto applicazione dell’articolo 1526 cod.civ. nonostante si’ vertesse di leasing traslativo, e non di godimento) nel primo motivo dell’atto di appello. Motivo che non risulta essere stato rinunciato in pendenza del giudizio di gravame. D’altra parte, proprio perche’ relativa alla qualificazione giuridica del rapporto ed alla individuazione del regime giuridico ad esso conseguentemente applicabile, la natura traslativa del leasing non doveva essere fatta necessariamente oggetto di domanda in senso proprio, bastando che di tale qualificazione giuridica risultassero in giudizio allegati i fatti materiali determinativi.

In definitiva, non sussiste ne’ l’affermata violazione delle norme sostanziali e processuali sul giudicato (che su di esse la censura di falsa applicazione normativa andava se mai rivolta, piu’ che sull’articolo 1526 c.c.), ne’ il vizio di motivazione; risultando quest’ultima indenne dalla paventata contraddittorieta’.

p.2.1 Con il secondo motivo di ricorso (OMISSIS) spa lamenta analoga violazione ex articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in relazione all’articolo 1322 cod.civ.; per avere la corte di appello omesso di considerare che il regime di cui all’articolo 1526 c.c., da essa applicato, era stato espressamente escluso dalle parti contraenti (cl. 18 del contratto di leasing) le quali, nell’ambito della propria autonomia negoziale, avevano riconosciuto alla societa’ concedente, in ipotesi di risoluzione per inadempimento dell’utilizzatore, il diritto di percepire tutti i canoni scaduti ed a scadere.

Con il quarto motivo di ricorso (OMISSIS) spa lamenta l’erronea applicazione dell’articolo 1526 c.c., in luogo dell’articolo 1458 c.c.; posto che la risoluzione del contratto per inadempimento aveva effetto retroattivo tra le parti ma, in ipotesi di contratto ad esecuzione continuata o periodica, tale effetto non si estendeva alle prestazioni gia’ eseguite, con conseguente suo diritto non solo di trattenere i canoni percepiti, ma anche di ottenere il pagamento dei canoni scaduti ed a scadere fino ad intervenuta riconsegna del bene.

p.2.2 Si tratta di motivi suscettibili di considerazione unitaria in quanto entrambi basati – nella prospettiva della violazione di legge e della carenza motivazionale – sull’erroneo assoggettamento del rapporto alla disciplina di cui all’articolo 1526 c.c..

Essi sono destituiti di fondamento.

Per quanto concerne il profilo motivazionale, la corte territoriale ha dato congruamente e logicamente conto dei criteri di formazione del proprio convincimento in ordine al fatto che – in esito all’interpretazione della volonta’ negoziale delle parti – il contratto in oggetto dovesse qualificarsi come leasing traslativo, e non di godimento (nel senso che il discernimento tra le due ipotesi, sulla base della volonta’ delle parti trasfusa nelle clausole contrattuali, rientri tra i poteri del giudice del merito, e non sia censurabile in sede di legittimita’ se non per violazione dei criteri ermeneutici, ovvero per vizio di motivazione: Cass. n. 18195 del 28/08/2007 ed altre). In particolare, risultano adeguatamente valutate (sent. pag.7-8) le caratteristiche e le condizioni economiche essenziali del rapporto di leasing in oggetto (corrispettivo globale; ammontare del primo canone; numero ed entita’ dei canoni mensili; durata di otto anni); in una con gli altri elementi convergentemente attestanti la volonta’ delle parti di addivenire, alla scadenza, al trasferimento della proprieta’ in capo alla societa’ utilizzatrice. Tali elementi vengono individuati, segnatamente: – nella natura stessa del bene locato, costituito da un intero stabilimento industriale per il trattamento superficiale dei metalli su commesse (OMISSIS), e comprensivo sia di impianti produttivi di lunga durata, sia di una “consistenza immobiliare di elevato valore (dell’impianto e’ parte anche un suolo industriale di rag. 8918 sul quale insiste un immobile di mq. 3150), notoriamente destinato a crescere di valore piuttosto che diminuire nel tempo”; – nella irrisorieta’ (lire 84.450.000, pari all’1% del costo effettivo a carico del concedente per l’intero rapporto, determinato in lire 8.455.000.000) del prezzo di opzione finale o riscatto; – nella circostanza che il leasing fosse stato finanziato dallo Stato (per circa lire 3.800.000.000) per obiettivi di sviluppo industriale del Mezzogiorno; per loro natura presupponenti la stabilita’ nel tempo dell’insediamento industriale in capo al gruppo ritenuto meritevole del sostegno pubblico, e non la sua retrocessione alla societa’ concedente.

Per quanto concerne il profilo normativo, la corte territoriale ha fatto applicazione di un orientamento interpretativo risalente agli anni ‘90 ed ormai costituente – nella individuazione, al fine di disciplinare la fattispecie risolutoria per inadempimento dell’utilizzatore, del discrimine tra leasing di godimento e leasing finalizzato all’acquisto del bene – vero e proprio “diritto vivente”. L’indirizzo di legittimita’ vede infatti ribadire tuttora (ex multis, Cass. n. 13418/08; 73/10; 19732/11; 8687/15) l’assunto fondamentale di SSUU n. 65 del 07/01/1993, secondo cui: “la risoluzione della locazione finanziaria, per inadempimento dell’utilizzatore, non si estende alle prestazioni gia’ eseguite, in base alle previsioni dell’articolo 1458 primo comma cod. civ. in tema di contratti ad esecuzione continuata e periodica ove si tratti di leasing cosiddetto di godimento, pattuito con funzione di finanziamento, rispetto a beni non idonei a conservare un apprezzabile valore residuale alla scadenza del rapporto (con conseguenziale marginalita’ dell’eventuale opzione), e dietro canoni che configurano esclusivamente il corrispettivo dell’uso dei beni stessi. La risoluzione medesima, invece, si sottrae a dette previsioni, e resta soggetta all’applicazione in via analogica delle disposizioni fissate dall’articolo 1526 cod. civ. con riguardo alla vendita con riserva della proprieta’, ove si tratti di leasing cosiddetto traslativo, pattuito con riferimento a beni atti a conservare a quella scadenza un valore residuo superiore all’importo convenuto per l’opzione, e dietro canoni che scontano anche una quota del prezzo in previsione del successivo acquisto (rispetto a cui la concessione in godimento assume funzione strumentale)”. La decisione qui censurata ha operato correttamente tale distinzione, assumendo che il contratto di leasing in oggetto denotasse la volonta’ delle parti di addivenire al trasferimento differito della proprieta’ dello stabilimento industriale, con imputazione dei canoni non gia’ a corrispettivo dell’utilizzo, ma a restituzione rateizzata del finanziamento all’acquisto. Su tale premessa, del tutto corretta (perche’ meramente consequenziale ai suddetti principi giurisprudenziali) e’ stata dunque la soluzione di sottoporre il rapporto dedotto in giudizio alla disciplina di cui all’articolo 1526 c.c.; con esclusione del diritto della concedente al pagamento dei canoni scaduti ed a scadere (quanto soltanto dell’equo compenso per l’utilizzo della cosa ed, eventualmente, al risarcimento dei danni: pretese queste ultime, come detto, entrambe avulse dal giudizio).

Le censure non hanno dunque pregio, in quanto sprovviste di argomenti idonei a sovvertire il suddetto consolidato orientamento interpretativo, richiedente l’applicazione, nella specie, della stessa disciplina prevista per la fattispecie traslativa analoga della vendita con riserva della proprieta’.

Ne’ esse tengono conto, la’ dove sostengono la prevalenza, su tale disciplina di legge, della diversa regolamentazione risolutoria risultante dagli accordi negoziali tra le parti, che tutta l’elaborazione giurisprudenziale citata poggia proprio sull’esigenza di correggere e ripristinare l’equilibrio sinallagmatico – alterato, nelle convenzioni demandate all’autonomia negoziale delle parti, dall’ingiustificato favore per il concedente (al quale verrebbe spesso pattiziamente consentito di ricavare, dall’inadempimento della controparte, piu’ di quanto egli avrebbe titolo di ottenere dal regolare adempimento del contratto) – tra le prestazioni dovute dalle parti in sede di risoluzione del contratto per inadempimento dell’utilizzatore. E cio’ mediante l’affermazione di una regola operativa generale (appunto l’articolo 1526 cit.) che proprio per tale ragione assume carattere inderogabile ed imperativo (Cass. n. 19732/11 cit.); cosi’ da necessariamente prevalere (a maggior ragione nell’ambito di un fenomeno di contrattazione atipica di per se’ assoggettato al limite della meritevolezza) sull’autonomia negoziale delle parti, ex articolo 1322 c.c., commi 1 e 2.

Quanto, infine, al sopravvenire della disciplina L.F., ex articolo 72 quater, (come risultante dalla riforma dell’ordinamento concorsuale di cui al Decreto Legislativo n. 5 del 2006), si richiama quanto recentemente stabilito da Cass. n. 8687 del 29/04/2015 in ordine alla natura speciale della stessa. Risultando in ogni caso dirimente 1 circostanza che tanto la risoluzione dei contratti di leasing in oggetto, quanto il fallimento della utilizzatrice (OMISSIS) spa, sono intervenuti (‘96) ben prima dell’entrata in vigore della norma da ultimo invocata.

p.3. Con il terzo motivo di ricorso (OMISSIS) spa deduce – ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio; per avere la corte di appello ascritto a sua inerzia la mancata riconsegna dello stabilimento industriale, nonostante che essa concedente avesse formulato istanza di rivendica nel Fallimento (OMISSIS) spa, e che la mancata restituzione fosse dipesa da problematiche di recupero dei beni da parte del curatore fallimentare presso una terza societa’ affittuaria.

La doglianza – attingendo un aspetto privo di reale valore decisorio – si palesa finanche inammissibile.

Va infatti considerato che, pur menzionando l’inerzia con la quale la (OMISSIS) aveva ritardato la ripresa dello stabilimento, la sentenza impugnata non ha assunto tale elemento a base della decisione (sent. pag. 9). E cio’ per l’ovvia considerazione che la volonta’ contrattuale delle parti (come sopra rettificata alla luce della distinzione tra le due tipologie di leasing) e’ stata dal giudice di merito opportunamente ricostruita con riguardo al momento della stipulazione, e non agli accadimenti successivi. Con la conseguenza che le considerazioni concernent-1 la possibilita’ di ripresa del bene da parte della societa’ concedente sono valse, non gia’ a qualificare giuridicamente il rapporto, bensi’ a registrare il concreto assetto delle reciproche posizioni patrimoniali successivamente al fallimento di (OMISSIS) spa; segnatamente, nel rapporto tra il consistente valore residuo dello stabilimento industriale messo a disposizione di (OMISSIS) a seguito dell’accoglimento della domanda di rivendica da essa presentata nella procedura concorsuale, ed i canoni da essa gia’ percepiti prima della risoluzione.

Ne segue il rigetto del ricorso, con condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio di cassazione che si liquidano, come in dispositivo, ai sensi del Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso;

condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida, a favore di ciascuna parte controricorrente, in euro 10.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi ed il resto per compenso professionale; oltre rimborso forfettario spese generali ed accessori di legge.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.