La Corte di cassazione pronuncia sentenza di annullamento senza rinvio se ritiene superfluo il rinvio e se, anche all’esito di valutazioni discrezionali, puo’ decidere la causa alla stregua degli elementi di fatto gia’ accertati o sulla base delle statuizioni adottate dal giudice di merito, non risultando percio’ necessari ulteriori accertamenti di fatto.

 

Corte di Cassazione, Sezioni Unite penale Sentenza 24 gennaio 2018, n. 3464

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE PENALI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CANZIO Giovanni – Presidente

Dott. DI TOMASSI Mariastefania – Consigliere

Dott. CAMMINO Matilde – Consigliere

Dott. IZZO Fausto – Consigliere

Dott. CERVADORO Mirella – Consigliere

Dott. ZAZA Carlo – rel. Consigliere

Dott. PETRUZZELLIS Anna – Consigliere

Dott. ROCCHI Giacomo – Consigliere

Dott. ANDRONIO Alessandro Mar – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 30/11/2016 della Corte di appello di Bologna;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal componente Carlo Zaza;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato generale Dott. ROSSI Agnello, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;

udito il difensore avv. (OMISSIS), che ha concluso per l’annullamento senza rinvio, o in subordine con rinvio, della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. (OMISSIS) ha presentato ricorso avverso la sentenza del 30 novembre 2016 con la quale la Corte di appello di Bologna, in riforma della sentenza assolutoria del Tribunale di Bologna, appellata dal Procuratore generale e dalla parte civile, aveva affermato la responsabilita’ del (OMISSIS) per il reato di lesioni colpose, cosi’ riqualificata l’originaria imputazione di lesioni dolose.

Il (OMISSIS) era ritenuto responsabile, in base alle sue stesse dichiarazioni, di aver colposamente cagionato le lesioni colpendo con la propria autovettura lo sportello di quella del (OMISSIS) mentre questi ne usciva, e condannato alla pena di Euro 500 di multa.

2. Il ricorrente ha proposto due motivi.

2.1. Con il primo motivo ha dedotto vizio motivazionale sull’affermazione di responsabilita’, rilevando il travisamento delle dichiarazioni dell’imputato, con le quali lo stesso non ammetteva di avere volontariamente colpito l’autovettura della persona offesa, ma asseriva solo che l’urto era avvenuto, nonostante la sua pronta frenata, mentre riprendeva la marcia, a causa dell’imprudenza del (OMISSIS) nell’uscire repentinamente dal proprio veicolo senza accertarsi che cio’ non costituisse pericolo per la circolazione.

2.2. Con il secondo motivo ha dedotto violazione di legge nella determinazione della pena in misura superiore al massimo edittale, previsto dall’articolo 590 c.p., per il reato di lesioni colpose lievi, nella misura di Euro 309 di multa.

3. Con ordinanza del 19 settembre 2017, la Quarta Sezione penale, investita della decisione sul ricorso, ha evidenziato – con riguardo al motivo sull’illegalita’ della pena inflitta ed alla questione relativa alla possibilita’ per la Corte di cassazione di rideterminare direttamente la stessa in misura corretta secondo la nuova formulazione dell’articolo 620 c.p.p., comma 1, lettera l), come recentemente modificato dalla L. 23 giugno 2017, n. 103 – l’esistenza di una precedente pronuncia di questa Corte Suprema, per la quale con la riforma il legislatore si sarebbe limitato a confermare l’orientamento giurisprudenziale formatosi sotto la normativa previgente, che indicava, come presupposto per la rideterminazione della pena in sede di legittimita’, la possibilita’ di procedervi senza sostituire un giudizio di merito a quello effettuato nelle fasi precedenti. Ed ha ritenuto non condivisibile tale indirizzo in considerazione della espressa previsione, nel nuovo testo normativo, della facolta’ del giudice di legittimita’ di rideterminare la pena sulla base delle statuizioni del giudice di merito, la quale, considerata alla luce dell’intento deflativo che caratterizza complessivamente la riforma attuata con la citata L. n. 103 del 2017, deve essere interpretata nel senso di consentire la riformulazione del trattamento sanzionatorio in sede di legittimita’, ove non siano necessari accertamenti in fatto, sulla base dei parametri utilizzati nella decisione di merito ai fini della commisurazione della pena.

Rilevata pertanto l’esistenza sul punto di un potenziale contrasto interpretativo, ha rimesso la questione alle Sezioni Unite.

4. Con decreto del 16 ottobre 2017 il Primo Presidente ha assegnato il ricorso alle Sezioni Unite, fissando per la trattazione l’odierna udienza pubblica.

5. Il Procuratore generale ha depositato memoria a sostegno della tesi per la quale il novellato articolo 620 c.p.p., comma 1, lettera l), attribuisce alla Corte di cassazione, nel caso in cui il giudice di merito abbia irrogato una pena illegale, la facolta’ discrezionale di rideterminazione della pena esercitabile sulla base delle statuizioni del giudice di merito, purche’ non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La questione rimessa alle Sezioni Unite e’ cosi’ definita: “Entro quali limiti e a quali condizioni la Corte di cassazione, ritenendo superfluo il rinvio, pronuncia sentenza di annullamento senza rinvio ai sensi dell’articolo 620 c.p.p., comma 1, lettera l)”.

2. L’ordinanza di rimessione ha indicato la questione nei termini relativi alla possibilita’, per la Corte di cassazione, di annullare senza rinvio la sentenza impugnata nella parte riguardante l’irrogazione di una pena illegale, procedendo direttamente alla riformulazione della pena.

2.1. In questa prospettiva, occorre dire che il pur potenziale contrasto giurisprudenziale rinvenuto dalla Sezione rimettente sul punto e’ in realta’ apparente. Tale contrasto e’ infatti evocato rispetto ad una lettura riduttiva della portata della modifica dell’articolo 620 c.p.p., comma 1, lettera l), attribuita ad una precedente sentenza della Suprema Corte (Sez. 6, n. 44874 del 11/09/2017, Dessi’), nella quale non si disconosceva il contenuto innovativo della riforma, nel senso della possibilita’ di rideterminare la pena in sede di legittimita’ sulla base dei criteri desumibili dalle sentenze di merito, ma si riteneva tale operazione impraticabile nel caso concreto. Trattandosi invero di una situazione nella quale per taluni dei reati, considerati satelliti nell’ambito della continuazione riconosciuta nel giudizio di merito, era decorso il termine prescrizionale, con la conseguente necessita’ di annullare la sentenza impugnata con la declaratoria di estinzione dei predetti reati e di rideterminare la pena per i reati residui, si osservava nella sentenza Dessi’ come la mancata individuazione, nella sentenza annullata, degli aumenti di pena riferibili ai singoli reati-satellite, reati dei quali peraltro non era neppure specificata l’esatta collocazione temporale, non consentisse per l’appunto di identificare i criteri in base ai quali la Corte di cassazione potesse procedere alla quantificazione della parte del complessivo aumento, irrogato ai sensi dell’articolo 81 c.p., imputabile ai reati-satellite non prescritti.

2.2. La questione proposta, tuttavia, pone sostanzialmente all’attenzione delle Sezioni Unite una problematica di ben piu’ ampio respiro, che investe, al di la’ del caso particolare della rideterminazione in sede di legittimita’ di una pena inflitta in termini illegali nel giudizio di merito, o della quale e’ comunque necessaria la rideterminazione a seguito dell’annullamento della sentenza impugnata, il significato complessivo della modifica dell’articolo 620 c.p.p., comma 1, lettera l); e quindi la definizione dei presupposti che consentono alla Corte di cassazione, ove rilevi le condizioni per l’accoglimento di taluno dei motivi di ricorso e per l’annullamento della sentenza impugnata sui punti relativi, di ritenere superfluo il rinvio al giudice di merito e di provvedere direttamente alle statuizioni occorrenti, e dei limiti in cui tale potere puo’ essere esercitato.

3. Nella formulazione previgente, la disposizione di cui alla lettera 1) concludeva il testo dell’articolo 620 c.p.p., aggiungendosi, ai casi di annullamento senza rinvio della sentenza impugnata specificamente indicati nelle precedenti lettere da a) ad i), “ogni altro caso in cui la corte ritiene superfluo il rinvio ovvero puo’ essa medesima procedere alla determinazione della pena o dare i provvedimenti necessari”.

La norma prevedeva in sostanza due ipotesi, la superfluita’ del rinvio e la possibilita’ di diretta adozione in sede di legittimita’ dei provvedimenti necessari in conseguenza dell’annullamento della sentenza impugnata, che si configuravano come fattispecie residuali rispetto a quelle indicate nelle precedenti lettere dell’articolo 620.

La giurisprudenza di legittimita’, formatasi su tale previsione con particolare riguardo all’ipotesi della diretta rideterminazione della pena da parte della Corte di cassazione, ma con l’enunciazione di principi di portata espansiva nei confronti di tutte le fattispecie residuali di cui si tratta, era nel senso che l’annullamento senza rinvio potesse essere disposto in presenza di due condizioni negative.

La prima di esse richiedeva che tale annullamento non imponesse accertamenti in fatto su circostanze controverse.

La seconda era ritenuta ricorrente ove i provvedimenti conseguenti all’annullamento non rendessero necessarie valutazioni discrezionali sulle circostanze di cui sopra; valutazioni delle quali, come per gli accertamenti in fatto, si sottolineava l’incompatibilita’ con le attribuzioni del giudice di legittimita’.

Tali principi, sostenuti per l’annullamento della sentenza impugnata dalla quale fosse derivata la necessita’ di una rideterminazione della pena, in conseguenza di rimodulazioni normative della cornice edittale (Sez. 6, n. 15157 del 20/03/2014, La Rosa, Rv. 259253; Sez. 6, n. 11564 del 12/03/2009, Masti, Rv. 242932) o di contraddittorieta’ intrinseche alla decisione annullata sul calcolo della pena inflitta (Sez. 4, n. 41569 del 27/10/2010, Negro, Rv. 248458), erano applicati anche con riguardo ad altre fattispecie, quali la rinnovazione del giudizio di bilanciamento fra le circostanze (Sez. 5, n. 6782 del 06/12/2016, dep. 2017, Laconi, Rv. 269450), la sostituzione delle pene detentive brevi (Sez. 2, n. 40221 del 10/07/2012, Sgroi, Rv. 253447) o il rimedio all’omissione dell’ordine di demolizione di un manufatto abusivo (Sez. 3, n. 18509 del 15/01/2015, Gioffre’, Rv. 263557).

4. L’attuale formulazione della norma, introdotta dall’articolo 1, comma 67, legge 23 giugno 2017, n. 103, prevede la possibilita’ dell’annullamento senza rinvio “se la corte ritiene di poter decidere, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, o di rideterminare la pena sulla base delle statuizioni del giudice di merito o di adottare i provvedimenti necessari, e in ogni altro caso in cui ritiene superfluo il rinvio”.

4.1. Il raffronto con il previgente testo normativo evidenzia in primo luogo come la struttura della norma non sia sostanzialmente mutata nella individuazione di due ipotesi residuali di annullamento senza rinvio.

Le seconda di esse, nella successione del testo, reitera il richiamo della normativa precedente a “ogni altro caso in cui la corte ritiene superfluo il rinvio”.

L’altra fattispecie residuale, invece, e’ ora significativamente introdotta dal riferimento alla necessita’ che la Corte di cassazione ritenga di “poter decidere”. Tale premessa viene rimarcata, rispetto alla disciplina previgente, in termini che per un verso la individuano quale precondizione per l’esercizio del potere di annullamento senza rinvio in detta fattispecie; e per altro, sottolineandone la natura valutativa, inducono a ricercare nel testo immediatamente successivo l’indicazione dei criteri in base ai quali questa valutazione deve essere effettuata.

4.2. Sotto questo profilo, la norma attribuisce rilievo esplicito ad uno dei presupposti gia’ individuati dalla giurisprudenza, formatasi sotto la vigenza della precedenza formulazione, come necessari per la diretta adozione in sede di legittimita’ dei provvedimenti necessari a seguito dell’annullamento della sentenza impugnata; vale a dire, la condizione che non siano necessari accertamenti in fatto.

Tanto conduce inevitabilmente a chiedersi se si possa ritenere tuttora operante l’altra condizione identificata dalla giurisprudenza di legittimita’ per la decisione senza rinvio della Corte di cassazione ai sensi della previgente articolo 620, lettera l), ossia la possibilita’ di assumere le determinazioni necessarie senza ricorrere a valutazioni discrezionali sul punto oggetto dell’annullamento della sentenza impugnata.

In questa prospettiva, viene in risalto l’innovativa disposizione che individua le “statuizioni del giudice di merito” quale parametro per le valutazioni della Corte di cassazione. Tale previsione e’ testualmente accostata alla riconosciuta possibilita’ di rideterminare direttamente la pena in sede di legittimita’, ripresa anch’essa dalla normativa preesistente. E questa circostanza pone il problema se il riferimento alle statuizioni del giudice di merito sia limitato nella sua operativita’ all’ipotesi della rideterminazione della pena in sede di legittimita’, o debba invece essere logicamente collegato alla disposizione introduttiva sulla ritenuta possibilita’, per la Corte di cassazione, di decidere direttamente il ricorso, riconducendo in termini generali all’esercizio di tale potere la funzione di quelle statuizioni.

5. Risulta determinante, ai fini della soluzione del problema e della ricostruzione della complessiva portata della modifica normativa, l’esame delle connotazioni testuali della norma, per come appena delineate, alla luce dell’intento del legislatore quale emerge dai lavori preparatori.

5.1. Nella relazione conclusiva della Commissione si osservava in proposito che “le proposte di modifica, nell’ottica di razionalizzazione, deflazione ed efficacia delle procedure impugnatorie, investono l’allargamento delle ipotesi di annullamento senza rinvio”.

Un’affermazione, questa, che veniva ribadita nella relazione di accompagnamento: “L’allargamento delle ipotesi di annullamento senza rinvio, disciplinate dall’articolo 620 c.p.p., lettera l), tende a deflazionare i casi di giudizio di rinvio dopo annullamento”.

La finalita’ perseguita dal legislatore, per quanto emerge da questi passaggi, e’ inequivoca, e non richiede ulteriori commenti. La riforma era chiaramente mirata all’estensione delle ipotesi di annullamento senza rinvio, in un’ottica deflativa dei casi di nuovo giudizio di merito a seguito di annullamento in cassazione.

5.2. I lavori preparatori suggeriscono peraltro un ulteriore spunto di lettura dell’intervento riformatore, laddove nella relazione di accompagnamento si osservava come tale intervento fosse “chiaramente ispirato all’analoga previsione per il giudizio civile di cassazione di cui all’articolo 384 c.p.c., comma 2”.

Il richiamo e’ alla disposizione per la quale la Corte di legittimita’ in sede civile, in caso di accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altro giudice ovvero “decide la causa nel merito qualora non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto”.

Il principio posto da tale norma, nei termini chiaramente delineati dal testo e d’altra parte confermati dalla costante giurisprudenza civile di legittimita’ (Sez. 5 civ., n. 16171 del 28/06/2017, P. c. C., Rv. 644892; Sez. 1 civ., n. 9883 del 13/05/2016, Cangiano c. Ministero dell’Interno, Rv. 639723; Sez. 2 civ., n. 2313 del 11/02/2010, Schintu c. Schintu, Rv. 611365; Sez. 3 civ., n. 7073 del 28/03/2006, Grosso c. Watergames s.a.s. Rv. 590605), e’ nel senso che unico limite alla cosiddetta “cassazione sostitutiva”, con la decisione del ricorso senza rinvio, e’ la possibilita’ di pervenire a tale decisione senza ricorrere ad accertamenti in fatto.

La definizione di questa condizione negativa e’ stata pero’ oggetto, in quella giurisprudenza, di piu’ approfondita elaborazione, con riguardo all’attributo “ulteriori” che accompagna nell’espressione normativa il richiamo agli accertamenti in fatto. Occorre, invero, che la controversia possa essere decisa dalla Corte di cassazione in base agli stessi accertamenti posti a fondamento del giudizio di merito annullato (Sez. 2 civ., n. 4975 del 12/03/2015, De Falco c. Mazziotti, Rv. 635071), desumibili dalla sentenza impugnata (Sez. 6 civ., n. 21045 del 13/09/2013, Oriente c. Comune di Portici, Rv. 627833) o, se necessario, da quella di primo grado (Sez. L, n 20428 del 18/10/2004, Gambardella c. Ministero dell’Interno, Rv. 577758).

Il riferimento alla necessita’ o meno di ulteriori accertamenti svolge in sostanza, nella previsione civilistica, una duplice funzione. Per un primo aspetto, segna il limite del potere di annullamento senza rinvio nella ricorrenza di tale necessita’; da altro punto di vista, individua negli accertamenti gia’ effettuati dal giudice di merito gli elementi in base ai quali detto potere deve essere esercitato.

5.3. L’intento del legislatore, nella modifica dell’articolo 620 c.p.p., comma 1, lettera l), si delinea, pertanto, in quello di ampliare la possibilita’, per la Corte di cassazione in sede penale, di decidere il ricorso senza rinvio, in una prospettiva che tende ad assimilare il relativo potere a quello gia’ riconosciuto nel giudizio di legittimita’ civile dall’articolo 384 c.p.c., secondo principi uniformi per la giurisdizione della Corte Suprema nei due settori. Principi per i quali l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato e’ praticabile ove le necessarie determinazioni possano essere assunte, in sede di legittimita’, alla luce dei risultati degli accertamenti in fatto esposti nei provvedimenti di merito.

6. In questa prospettiva, anche al riferimento della nuova formulazione dell’articolo 620 c.p.p., lettera l), alla non necessita’ di ulteriori accertamenti in fatto deve essere attribuita non solo la funzione, esplicitamente prevista dalla norma, di escludere la possibilita’ di annullare senza rinvio il provvedimento impugnato ove tale necessita’ sia presente, ma anche quella di indicare negli accertamenti gia’ effettuati dal giudice di merito gli elementi in base ai quali si esercita il potere di decidere il ricorso senza rinvio in sede di legittimita’.

6.1. Questa conclusione consente in primo luogo di rispondere al quesito sulla riferibilita’ dell’accenno della norma alle statuizioni del giudice di merito alla sola ipotesi della rideterminazione della pena o alla fattispecie della decisione senza rinvio nel suo complesso. La funzionalita’ di dette statuizioni si rivela infatti, da questo punto di vista, come sostanzialmente omogenea a quella svolta in positivo, ai fini della diretta decisione del ricorso, dagli accertamenti di fatto gia’ acquisiti dal giudice di merito.

In altre parole, il richiamo della norma ad una decisione da assumersi “sulla base delle statuizioni del giudice di merito” esplicita, per le determinazioni relative alla diversa quantificazione della pena, le modalita’ della valutazione sottesa in termini piu’ generali al giudizio con il quale la Corte di cassazione “ritiene di poter decidere” il ricorso, che si e’ visto essere posto dalla norma quale precondizione per l’operativita’ della fattispecie di annullamento senza rinvio in esame. Ne segue che le statuizioni di cui sopra sono previste quali parametri fondanti e orientativi della decisione del ricorso senza rinvio.

6.2. Le stesse considerazioni risolvono altresi’ la questione sulla persistenza della condizione per l’annullamento senza rinvio, individuata dalla precedente giurisprudenza della Suprema Corte nella possibilita’ di giungere a tale decisione senza dare corso a valutazioni discrezionali. Una volta accertato che la nuova normativa consente alla Corte di cassazione di decidere senza rinvio in base alle statuizioni del giudice di merito, tanto descrive infatti puntualmente l’affidamento al giudice di legittimita’ di una deliberazione che costituisce il risultato di valutazioni, per l’appunto, discrezionali.

Si tratta, evidentemente, di una “discrezionalita’ vincolata”, il cui esercizio e’ vincolato, infatti, da tali statuizioni. In primo luogo, dalla loro effettiva esistenza, intesa in senso processuale quale desumibilita’ dai provvedimenti di merito; in secondo luogo, dalla loro adeguatezza a sostenere una decisione senza rinvio in sede di legittimita’; inoltre, dal delimitare le stesse il perimetro del materiale utilizzabile per la decisione della Corte di cassazione; infine, dal determinare entro questi limiti il contenuto di tale decisione.

6.3. Per quanto detto finora, le statuizioni di cui si parla non possono essere identificate restrittivamente nelle sole decisioni assunte dai giudici di merito su singoli punti controversi; il significato denotativo del termine deve invece essere esteso fino a comprendere i passaggi argomentativi posti a sostegno di tali decisioni e gli accertamenti in fatto che li giustificano.

Depone in questo senso, innanzitutto, l’assimilazione funzionale di tali statuizioni agli accertamenti in fatto gia’ compiuti dai giudice di merito.

A cio’ si aggiunge che solo in questa visione estensiva possono rinvenirsi elementi che orientino effettivamente la discrezionalita’ riconosciuta dalla nuova norma al giudice di legittimita’.

6.4. I criteri dettati dalla nuova formulazione dell’articolo 620 c.p.p., comma 1, lettera l), d’altra parte, evidenziano la sostanziale unitarieta’ delle ipotesi residuali di annullamento senza rinvio previste dalla citata lettera l), nel segno complessivo della superfluita’ del rinvio, oggetto di una vera e propria disposizione di chiusura della norma. Superfluita’ che la giurisprudenza di legittimita’ associa da tempo alla situazione nella quale la completezza degli elementi raccolti e valutati nel giudizio di merito non consentirebbe di pervenire con il rinvio ad una decisione diversa da quella che il giudice di legittimita’ e’ in grado di pronunciare (per tutte, Sez. 6, n. 26226 del 15/03/2013, Savina, Rv. 255784).

7. L’applicazione dei criteri appena indicati richiede che la Corte di cassazione possa disporre di elementi definiti in misura sufficiente perche’ la stessa possa decidere il ricorso senza rinvio, assumendo le determinazioni necessarie e conseguenti all’annullamento della sentenza impugnata. E cio’ senza che sia necessaria la consultazione di atti processuali diversi da quelli accessibili alla Suprema Corte, che si risolverebbe in ulteriori accertamenti in fatto, preclusi dall’espressa previsione contraria della norma in esame e del resto incompatibili con il giudizio di legittimita’.

Tali elementi dovranno pertanto essere desumibili dalla motivazione del provvedimento impugnato ed eventualmente di quello di primo grado; conformemente, peraltro, al riferimento della norma in discussione alle “statuizioni” del giudice di merito, termine che, pur nella significazione ampia che e’ stata in precedenza ad esso attribuita, evoca i risultati di accertamenti esposti contestualmente ad argomentazioni decisorie.

Va peraltro rimarcato che tanto pone a carico dei giudici di merito, perche’ si possano realizzare le finalita’ deflative proprie della nuova normativa, con particolare riguardo al contenimento dei rinvii dalla cassazione e dei conseguenti ulteriori giudizi, un onere di chiarezza e completezza delle motivazioni dei provvedimenti, sotto il profilo della puntuale indicazione di tutti gli elementi sui quali si fondano le decisioni.

8. Deve pertanto essere affermato il seguente principio di diritto:

“La Corte di cassazione pronuncia sentenza di annullamento senza rinvio se ritiene superfluo il rinvio e se, anche all’esito di valutazioni discrezionali, puo’ decidere la causa alla stregua degli elementi di fatto gia’ accertati o sulla base delle statuizioni adottate dal giudice di merito, non risultando percio’ necessari ulteriori accertamenti di fatto”.

9. Il principio appena enunciato non puo’ tuttavia trovare applicazione nel caso in esame, in quanto il ricorso e’ inammissibile.

9.1. E’ inammissibile il motivo dedotto sull’affermazione di responsabilita’ dell’imputato.

Le censure proposte si esauriscono nella denuncia del travisamento delle dichiarazioni dell’imputato, alle quali, secondo il ricorrente, sarebbe stata attribuita valenza accusatoria nonostante con le stesse il (OMISSIS) non avesse ammesso di aver volontariamente colpito, con la propria, l’autovettura della persona offesa, ma avesse invece dichiarato che nel riprendere la marcia il proprio veicolo urtava lo sportello della vettura del (OMISSIS) mentre questi lo apriva scendendo dalla sua automobile. Il lamentato travisamento e’ pero’ insussistente, derivandone la manifesta infondatezza del motivo, laddove nella sentenza impugnata le dichiarazioni dell’imputato erano riportate negli esatti termini esposti nel ricorso; ed in quanto tali valutate come rappresentative non di una condotta volontariamente diretta a colpire l’autovettura della persona offesa, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, ma di un comportamento che cagionava per colpa tale collisione e le conseguenti lesioni subite dal (OMISSIS) per effetto dell’urto con lo sportello del proprio veicolo, nel momento in cui l’imputato effettuava la propria manovra non avvedendosi che la persona offesa si poneva sulla sua traiettoria. E su questa valutazione di responsabilita’ colposa, nella condotta ammessa dall’imputato, nessun rilievo e’ specificamente dedotto nel ricorso.

9.2. Sotto altro profilo, se e’ vero che la condanna dell’imputato e’ stata pronunciata solo nel giudizio di appello, sovvertendo la decisione assolutoria di primo grado, sulla base della prova dichiarativa proveniente dall’imputato, non sussistono all’evidenza le condizioni per rilevare d’ufficio in questa sede, in mancanza di una specifica censura sul punto, la violazione dell’obbligo di riassumere in secondo grado tali dichiarazioni ai fini di una diversa valutazione della loro attendibilita’, secondo i principi stabiliti dalla Suprema Corte (Sez. U, n. 27620 del 28/04/2016, Dasgupta, Rv. 267486). Cio’ e’ in primo luogo precluso, come affermato nella pronuncia appena citata, dall’inammissibilita’ del ricorso. In secondo luogo, e comunque, l’affermazione di responsabilita’ dell’imputato non era fondata su un giudizio difforme da quello della decisione di primo grado in ordine all’attendibilita’ delle dichiarazioni del (OMISSIS), ma era determinata da una diversa qualificazione giuridica del comportamento dell’imputato descritto in dette dichiarazioni, nel senso della riconducibilita’ dello stesso ad una condotta colposa di lesioni; aspetto, questo, non considerato nella sentenza di primo grado.

10. E’ altresi’ inammissibile il motivo dedotto sulla determinazione della pena.

La doglianza del ricorrente, per la quale la pena inflitta nella misura di Euro 500 di multa sarebbe superiore al limite massimo edittale previsto dall’articolo 590 c.p., per l’ipotesi di lesioni colpose lievi, in Euro 309, e’ infatti manifestamente infondata ove non considera che, trattandosi di un reato appartenente alla competenza del giudice di pace ai sensi del Decreto Legislativo 28 agosto 2000, n. 274, articolo 4, l’articolo 52, comma 2, lettera a), di detto decreto prevede per tale reato, in quanto originariamente punito con la pena della reclusione o dell’arresto alternativa a quella della multa o dell’ammenda, la pena della multa da Euro 258 a Euro 2582; cornice edittale nella quale la pena irrogata al (OMISSIS) e’ ricompresa, essendo anzi prossima al minimo.

11. Alla declaratoria di inammissibilita’ del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che appare equo determinare in Euro 2.000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 a favore della cassa delle ammende.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.