Nel caso in cui la sentenza penale di condanna generica al risarcimento dei danni in favore della persona offesa, costituitasi parte civile, sia passata in giudicato, la successiva azione volta alla quantificazione del danno non è soggetta al termine di prescrizione breve ex art. 2947 c.c., ma a quello decennale ex art. 2953 c.c. decorrente dalla data in cui la sentenza stessa è divenuta irrevocabile, atteso che la pronuncia di condanna generica, pur difettando dell’attitudine all’esecuzione forzata, costituisce una statuizione autonoma contenente l’accertamento dell’obbligo risarcitorio in via strumentale rispetto alla successiva determinazione del “quantum”; la conversione del termine di prescrizione, da breve a decennale, per effetto del passaggio in giudicato della sentenza di condanna, è invocabile anche nei confronti di un soggetto rimasto estraneo al processo nel quale è stata pronunciata la stessa sentenza (nella specie, del coobbligato in solido), a meno che non si tratti di diritti che non furono oggetto di valutazione o di decisione. La condanna generica dell’imputato al risarcimento del danno in favore del danneggiato costituitosi parte civile spiega effetti pure nei confronti del responsabile civile, indipendentemente dalla partecipazione di quest’ultimo al processo penale, poiché la sua qualità di condebitore solidale (anche ai fini dell’applicabilità dell’art. 1310 c.c.) non dipende dal previo riconoscimento della responsabilità risarcitoria in sede penale, stante la natura di accertamento della esistente situazione di diritto sostanziale insita nella pronuncia giurisdizionale; ne consegue l’applicabilità, nei confronti del responsabile civile, dell’art. 2953 c.c. in tema di prescrizione del diritto al risarcimento del danno.

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Tribunale|Roma|Sezione 18|Civile|Sentenza|8 febbraio 2023| n. 2099

Data udienza 7 febbraio 2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI ROMA

DICIOTTESIMA SEZIONE CIVILE

in persona del Giudice Cecilia Pratesi, in funzione monocratica, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 28430/19 promossa da:

(…), con il patrocinio degli avvocati Gi.Po. e Mo.Va.

ATTORE

nei confronti di:

(…) S.p.a. D.H., C.P., G.R. e D.N., con il patrocinio delle avvocate Vi.Ri. e Al.Pi.;

CONVENUTI

Oggetto: risarcimento del danno da diffamazione.

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

Il giudizio presente è stato introdotto da (…), ex Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica dell’ Albania, alla conclusione del procedimento penale a carico dei giornalisti qui convenuti e del direttore responsabile del settimanale “L’Espresso”, in esito alla quale tutti gli imputati sono stati oggetto di una condanna generica al risarcimento dei danni cagionati all’attore con la pubblicazione – avvenuta il 7.8.2002- di un servizio giornalistico dal titolo “Il Premier è di nuovo il socialista (…) e molti suoi uomini sono legati ai (…) mafiosi “ed ancora” Padrino dell’ Albania” ove venivano attribuiti al medesimo legami con la mafia albanese ed internazionale, con un clancamorristico, e con tale (…), menzionato quale socio occulto per gli affari di dubbia legalità di (…) … ed uno dei maggiori finanziatori del partito socialista albanese …”

L’attore chiede pertanto che i giornalisti, l’editore ed il direttore responsabile siano condannati a risarcire il danno subito che indica in ragione di Euro 800.000,00 complessivi, di cui 200.000 relativi al danno morale soggettivo, ed il resto a titolo di danno da perdita di chances, sul presupposto che la pubblicazione del servizio in questione (unitamente ad altro analogo articolo pubblicato poco prima sul quotidiano L’Unità, a firma dello stesso giornalista P.), abbia determinato la brusca interruzione della sua carriera politica e la sua definitiva uscita dalla vita pubblica.

I convenuti hanno sollevato una serie di eccezioni preliminari, che vengono qui di seguito ripercorse:

La prima eccezione attiene alla nullità della procura conferita dell’attore ai difensori in calce all’atto di citazione e da questi autenticata: sostengono i convenuti che in quanto rilasciata da cittadino straniero residente all’estero, la procura sia stata presumibilmente sottoscritta fuori dal territorio italiano, come indirettamente dimostrerebbe la circostanza che non è indicato il luogo del suo rilascio; i difensori non avrebbero potuto quindi autenticare la sottoscrizione dell’attore, e la procura avrebbe dovuto rivestire la forma dell’atto pubblico, ed essere successivamente legalizzata.

Sul punto ci si limita a fare richiamo della pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione (Ordinanza n. 1605 del 24/01/2020) cui questo ufficio presta adesione, secondo cui l’onere di fornire la prova contraria necessaria a superare la presunzione dell’avvenuto rilascio in Italia della procura ad litem apposta su atto giudiziario senza indicazione del luogo di sottoscrizione ed autenticata da legale italiano, grava sulla parte avversa a quella della cui sottoscrizione si tratta; nel caso in esame viene fornito quale unico argomento a sostegno della tesi della nullità, il fatto che il ricorrente sia persona abitualmente residente in un paese estero, elemento indiziario che non riveste certo pregnanza tale da superare la presunzione che la procura sia stata rilasciata in Roma presso il loro studio legale- come del resto asserito espressamente dai legali dell’attore.

La seconda eccezione preliminare attiene allo svolgimento del procedimento di mediazione, che i convenuti ritengono irregolarmente svolta; riconosciuta la fondatezza della questione, il gi ha assegnato alle parti un termine per rinnovare l’adempimento; ebbene, secondo i convenuti anche questo secondo tentativo sarebbe viziato, perché esperito tardivamente e perché la convocazione del giornalista (…) sarebbe avvenuta tramite notifica al difensore costituito anziché alla parte personalmente. Come già osservato nell’ordinanza del 4-5-2021 che ha disposto la prosecuzione del giudizio, le censure mosse dai convenuti non appaiono fondate: in particolare il termine fissato per esperire la mediazione con il Provv. del 29 settembre 2021 è stato rispettato, mentre con riferimento alla seconda questione è stato osservato che nel caso in esame si era di fronte ad attività di mediazione svolta successivamente all’avvio del giudizio, che l’art. 8 comma 1 del D.Lgs. n. 28 del 2010 richiede che la domanda di mediazione e la data del primo incontro siano comunicati con ogni mezzo utile ad assicurare la ricezione dell’invito, e che – secondo il principio del raggiungimento dello scopo che impronta la materia processuale – la comunicazione al difensore costituito può ritenersi per eccellenza idonea a far comprendere all’interessato il significato dell’invito medesimo. A tali argomenti può aggiungersi quello per cui la procura rilasciata dal convenuto (…) ai propri difensori (in data antecedente alla ricezione dell’invito alla mediazione di cui si tratta) comprendeva anche la facoltà di “rinunziare agli atti, accettare rinunzie, transigere e conciliare, rilasciare quietanza e incassare somme”, ovvero prendere parte ad attività strettamente connesse ad una eventuale definizione stragiudiziale della controversia.

L’eccezione di difetto di legittimazione passiva dei giornalisti (per essere questi estranei alla confezione di titoli, sottotitoli, catenacci ed “occhielli” dell’articolo) non può trovare ingresso in questa sede perché definitivamente superata dalla pronuncia penale passata in giudicato, che ha emesso nei loro riguardi condanna generica a rifondere il danno cagionato. Si osserva sul punto che “La sentenza del giudice penale che, accertando l’esistenza del reato, abbia altresì pronunciato condanna definitiva dell’imputato al risarcimento dei danni in favore della parte civile, demandandone la liquidazione ad un successivo e separato giudizio, spiega, in sede civile, effetto vincolante in ordine all’affermata responsabilità dell’imputato, che non può più contestarne i presupposti (quali, in particolare, l’accertamento della sussistenza del fatto reato), nonché alla “declaratoria iuris” di generica condanna al risarcimento ed alle restituzioni. (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 18352 del 27/08/2014).

La questione della responsabilità civile dei giornalisti non può essere rimessa in discussione, dal momento che la stessa condanna generica al risarcimento del danno è passata in giudicato, circostanza che preclude al giudice civile qualsiasi ulteriore valutazione in ordine ai presupposti del diritto del danneggiato al ristoro, consentendogli di esprimere le proprie valutazioni unicamente in ordine al quantum debeatur. (v. anche Sez. 2 – , Ordinanza n. 11467 del 15/06/2020).

Ancora eccepiscono i convenuti la prescrizione del diritto al risarcimento, per essere trascorsi più di cinque anni tra il passaggio in giudicato della sentenza penale (28-5-2014) e la proposizione della presente azione.

L’eccezione è infondata, dovendosi applicare al caso in esame il termine decennale di cui all’art. 2953 c.c. come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità; (Nel caso in cui la sentenza penale di condanna generica al risarcimento dei danni in favore della persona offesa, costituitasi parte civile, sia passata in giudicato, la successiva azione volta alla quantificazione del danno non è soggetta al termine di prescrizione breve ex art. 2947 c.c., ma a quello decennale ex art. 2953 c.c. decorrente dalla data in cui la sentenza stessa è divenuta irrevocabile, atteso che la pronuncia di condanna generica, pur difettando dell’attitudine all’esecuzione forzata, costituisce una statuizione autonoma contenente l’accertamento dell’obbligo risarcitorio in via strumentale rispetto alla successiva determinazione del “quantum”; la conversione del termine di prescrizione, da breve a decennale, per effetto del passaggio in giudicato della sentenza di condanna, è invocabile anche nei confronti di un soggetto rimasto estraneo al processo nel quale è stata pronunciata la stessa sentenza (nella specie, del coobbligato in solido), a meno che non si tratti di diritti che non furono oggetto di valutazione o di decisione. (Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 16289 del 18/06/2019, ed ancora più di recente Sez. 3 – , Ordinanza n. 10141 del 29/03/2022 secondo cui: La condanna generica dell’imputato al risarcimento del danno in favore del danneggiato costituitosi parte civile spiega effetti pure nei confronti del responsabile civile, indipendentemente dalla partecipazione di quest’ultimo al processo penale, poiché la sua qualità di condebitore solidale (anche ai fini dell’applicabilità dell’art. 1310 c.c.) non dipende dal previo riconoscimento della responsabilità risarcitoria in sede penale, stante la natura di accertamento della esistente situazione di diritto sostanziale insita nella pronuncia giurisdizionale; ne consegue l’applicabilità, nei confronti del responsabile civile, dell’art. 2953 c.c. in tema di prescrizione del diritto al risarcimento del danno.

L’antefatto storico della vicenda viene qui riesaminato dunque unicamente al fine di determinare l’entità del pregiudizio lamentato dall’attore; va precisato che i convenuti hanno mosso specifiche contestazioni in ordine all’esistenza alla quantificazione del danno e che anche al fine di superare tali contestazioni l’attore ha invocato l’ammissione di consistenti prove orali la cui ammissione non è stata tuttavia ritenuta necessaria ai fini del decidere.

L’articolo in esame esordisce definendo (…) “padrino dell’Albania “ipotizzando che molti dei S. uomini siano legati ai clan mafiosi.

Si dà conto delle ragioni di tale epiteto e dopo aver ricordato il legami di affari in corso tra la mafia albanese, la criminalità organizzata e il mondo degli affari, si fa riferimento all’arresto dell’ex ministro del turismo albanese definito uomo di (…), coinvolto in un grave episodio di narcotraffico.

Ed ancora si fa riferimento alle accuse dell’ex ministro dell’energia albanese, che avrebbe accusato lo stesso premier di essere stato intermediario di un gruppo di americani che volevano riciclare denaro sporco ; si menziona un’operazione antimafia dell’anno 2001 nella quale sarebbe emerso il coinvolgimento di vari personaggi infiltrati nelle istituzioni e viene altresì citato un’ulteriore personaggio come uomo di fiducia di (…), che avrebbe usato le auto del premier albanese – all’epoca presidente del partito- per incontri con inviati del clan camorristico (…).

Ancora si parla di un menzionato altro individuo, asseritamente “socio occulto per affari di dubbia legalità” di (…), che per conto del presidente del partito socialista sarebbe stato il maggior esponente del contrabbando di sigarette in Albania e uno dei maggiori finanziatori del partito socialista albanese.

Ebbene tanto il giudizio penale di primo grado quanto quello di appello- poi confermato in sede di legittimità quanto al profilo della responsabilità civile – hanno motivatamente accertato come tutti gli accostamenti effettuati nell’articolo tra la persona dell’attore e diversi personaggi legati a vario titolo ad attività criminali nel mondo degli affari della droga del contrabbando o della criminalità organizzata, fossero assolutamente arbitrari, in quanto fondati su gravi alterazioni della documentazione utilizzata quale fonte informativa.

Si è in altre parole accertato che gli elementi conoscitivi a disposizione dei giornalisti non avrebbero dovuto condurre all’affermazione di un diretto o indiretto coinvolgimento del premier albanese in affari criminali o comunque in azioni di dubbia legalità come più volte invece ribadito nel corpo dell’articolo.

Il servizio è stato dunque pubblicato a pochi giorni di distanza dalla rielezione di (…) come Primo Ministro dello Stato Albanese (dato storico incontroverso).

Per dare contezza dell’entità dei danni oggetto di domanda, la difesa dell’attore ha chiesto l’ammissione di numerosi capitoli di prova, volti a ricostruire storicamente la parabola politica dell’ex premier, capitoli che come già sopra accennato, non sono stati ammessi. Gli avvenimenti storici ivi dedotti non sono oggetto di specifica contestazione da parte dei convenuti i quali in sostanza si limitano a confutare la tesi che la caduta del leader e la sua definitiva uscita dal mondo politico siano effettivamente addebitabili alla pubblicazione da parte dell’ Espresso del servizio giornalistico dell’agosto 2002.

L’attore negli scritti conclusivi chiede nuovamente che tali mezzi istruttori siano ammessi; si ritiene tuttavia che la decisione di non darvi ingresso debba essere mantenuta ferma.

Da un lato la sequenza dei fatti tracciata dai capitoli di prova può dirsi incontroversa nei suoi tratti essenziali; per altro verso, dall’ammissione dei capitoli articolati dall’attore non potrebbe in ogni caso trarsi la dimostrazione del nesso di causalità tra la condotta dei convenuti e l’esclusione di (…) dalla vita politica del suo paese.

Ad ulteriore conferma della labilità della tesi di parte attrice, si può osservare come la stessa narrativa della citazione evidenzi la circostanza che il servizio dell’Espresso sia stato preceduto da altro di analogo contenuto pubblicato dal quotidiano L’ Unità (in relazione al quale l’attore è già stato risarcito per il solo danno morale soggettivo); ed ancora si deve rimarcare che il capitolo di prova n. 21 dedotto da (…) è volto a dimostrare che dopo la rielezione del 2002, il leader sarebbe stato oggetto di “una campagna denigratoria da parte di alcuni media nazionali e soprattutto dal più diffuso settimanale politico italiano, L’Espresso”, laddove il riferimento ad una “campagna denigratoria” ad opera di “alcuni” media nazionali, lascia intendere come il discredito determinato da tali pubblicazioni non possa essere integralmente attribuito alla pubblicazione del servizio su L’Espresso.

Si può ancora osservare come dal tenore dei medesimi capitoli di prova emerga che (…), pur dimessosi dalla carica di Primo Ministro e dalla Presidenza del Partito Socialista, abbia continuato fino al 2009 (quindi per ben sette anni dopo la pubblicazione) a far parte del parlamento albanese; durante questo periodo egli si era addirittura ricandidato alla Presidenza della Repubblica (la circostanza che la candidatura non sia andata a buon fine può essere stata determinata dai più diversi equilibri politici, ma certamente non vi sono ragioni sufficienti per attribuirla alla pubblicazione di cui qui si tratta); sempre dai capitoli di prova dedotti risulta ancora che nel 2012 (…) compì un ultimo tentativo di riemersione politica (poi fallito) “sostenuto dai più eminenti intellettuali nei vari campi delle scienze umane ed economiche”, segno questo che egli aveva conservato nel tempo un suo credito personale.

E del resto anche gli articoli di stampa prodotti dall’attore, che danno conto della risonanza mediatica in Albania della pubblicazione apparsa su L’Espresso, sono almeno in parte rappresentativi di una indignazione rivolta più verso l’organo di stampa italiano che verso il premier (“(…) è il Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Albania e in questo caso non è stato insultato solo lui , ma è stata offuscata la dignità di tutti gli albanesi” … “(…) ha contattato un noto studio legale in Italia con sede a (…), contro (…)” … “purtroppo non è la prima volta che ciò accade con personalità della politica albanese, di diverse ali politiche, inviando un’immagine distorta dell’Albania, si dice nella dichiarazione del portavoce” ed ancora “Negli ultimi anni i media hanno puntato a confrontarsi con la classe politica albanese .nel 1996 ,questi media hanno descritto il presidente (…) come il capo di una tribù del nord che mirava a governare il sud. (…) è stato successivamente accusato di avere legami con strutture islamiche .nel 1999 al centro degli attentati c’era il presidente del Consiglio dei ministri P.M. il quale fu accusato di avere legami coi motoscafisti di Valona e di avere incontrato un motoscafisti nell’isola di (…), nel 2001 il presidente del Consiglio dei ministri (…) è stato accusato dai media italiani di connessioni dubbie e vita lussuosa citando il caso di spendere 600 al giorno al (…) Hotel. Ma l’attacco dei media italiani non è finito qui, ora al centro dei media italiani a pochi giorni dalle elezioni come presidente del consiglio c’è (…) accusato di avere legami con contrabbandieri e malavita”). Come si vede, accanto ad articoli di stampa che cavalcano i sospetti e le accuse adombrate da (…) pure allegati dall’attore, vi sono anche espressioni di opinione che considerano le accuse mosse ai leader albanesi una grave ingerenza dei mezzi di informazione italiani nella politica interna del paese.

In conclusione la domanda risarcitoria volta a ristorare l’attore del lucro cessante che assume essere derivato dall’apparizione dell’articolo di cui si tratta non può essere accolta, dal momento che non vi è prova che l’uscita di (…) dall’agone politico albanese (peraltro notoriamente non nuovo ad un susseguirsi di ascese e cadute dei suoi leaders) sia stata determinata dalla condotta dei convenuti, né tale prova sarebbe stata raggiunta in caso di esito favorevole della prova testimoniale dedotta.

Resta quindi da liquidare il danno non patrimoniale determinato dalla diffusione di informazioni false, non adeguatamente verificate e gravemente lesive della reputazione dell’interessato, sulla base di un procedimento presuntivo che prende le mosse dai fatti noti per poi risalire in via logica alla determinazione dell’entità del pregiudizio patito, ed operandone una traduzione in termini monetari in via equitativa in forza degli artt. 2056 e 1226 c.c.

I dati da tenere in considerazione in proposito sono:

1) La indiscussa autorevolezza del settimanale che ha ospitato l’articolo, e la sua amplissima diffusione e risonanza anche in ambito locale (del che l’attore fornisce prova attraverso la produzione di ampi stralci di stampa nazionale albanese);

2) La notevole visibilità data all’articolo nell’ambito della rivista alla notizia, anche attraverso il corredo di immagini che evocano scenari di illegalità e violenza;

3) La grave violazione dei doveri professionali che ha dato causa alla diffusione di una informazione scorretta, quale si desume dalla lettura delle sentenze penali prodotte dall’attore, da cui emerge un vero e proprio travisamento – se non anche una manipolazione – delle fonti utilizzate;

4) La posizione di massimo rilievo rivestita dal diffamato, appena divenuto premier del suo paese;

5) Il peso delle accuse mosse nei suoi confronti, con l’attribuzione di prossimità e/o connivenze con le più spregevoli forme di criminalità organizzata.

Tali fattori inducono a qualificare la diffamazione come di eccezionale gravità, come tale foriera di un notevole patimento personale e di un serio pregiudizio alla reputazione personale e professionale.

Si ritiene che il complesso di tali lesioni possa essere ristorato mediante l’attribuzione della somma di Euro 90.000,00 espressa in valori attuali e comprensiva del danno da ritardo e degli interessi compensativi medio tempore maturati. Il divario rispetto alla ben maggiore richiesta formulata dall’attore si giustifica in considerazione della natura degli interessi coinvolti, se parametrati, a titolo esemplificativo, alla misura del risarcimento del danno non patrimoniale usualmente attribuito in presenza di illeciti civili che conducono ad eventi di gravità massima quale la perdita di un figlio (sofferenza di certo ben maggiore per intensità a quella del diffamato), che sulla base dei parametri di liquidazione comunemente in uso in ambito locale e nazionale, nei casi di maggiore gravità vengono ristorati con l’attribuzione di somme nell’ordine di 300.000,00 Euro.

Le spese di lite sono compensate per un terzo attesa la parziale soccombenza dell’attore, e per il resto sono poste a carico dei convenuti e liquidate secondo i parametri delle cause di valore indeterminabile di alta complessità, secondo i valori medi per le fasi di studio, introduttiva e decisionale, e secondo i valori minimi con riferimento alla fase istruttoria.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così dispone:

1) Condanna i convenuti in solido- per le ragioni indicate in parte motiva – a pagare all’attore (…) la somma di Euro 90.000,00 oltre interessi e rivalutazione dalla presente pronuncia al saldo.

2) Rigetta ogni diversa domanda.

3) Compensa per un terzo le spese di lite e condanna i convenuti a rimborsare all’attore i rimanenti due terzi, liquidati, in tale quota e in assenza di notula, in Euro 7.512,00 per compensi professionali, 1.142,00 per esborsi, oltre iva cpa e spese generali.

Così deciso in Roma il 7 febbraio 2023.

Depositata in Cancelleria l’8 febbraio 2023.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.