ove la servitu’ coattiva di passaggio venga istituita su un preesistente percorso, non abbisognante di modifica alcuna, l’indennita’ di cui all’articolo 1053 c.c. deve essere quantificata in misura proporzionata al danno cagionato, costituito dall’implementato uso del percorso, non potendosi quantificare la predetta indennita’ alla stregua del costo a suo tempo affrontato dal proprietario del fondo asservito per mettere in opera la strada nel suo esclusivo interesse.

Corte di Cassazione|Sezione 2|Civile|Sentenza|25 luglio 2022| n. 23078

Data udienza 7 aprile 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi G. – Presidente

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. VARRONE Luca – Consigliere

Dott. ROLFI Federico – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 30094/2017 R.G. proposto da:

(OMISSIS) SRL, (OMISSIS) SRL, elettivamente domiciliate in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che le rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS) SPA, (OMISSIS) SPA, (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 1091/2016 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 11/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/04/2022 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO;

udita la requisitoria del PG.

FATTI DI CAUSA

La vicenda al vaglio, per quel che qui rileva, puo’ sintetizzarsi nei termini seguenti:

– il Tribunale, adito da (OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS) s.n.c. nei confronti di (OMISSIS) s.p.a., accolta la domanda con la quale era stato chiesto dichiararsi che il fondo attoreo era libero da servitu’ di passaggio, condanno’ la convenuta a risarcire il danno procurato con il transito, effettuato sin dagli anni âEuroËœ90 del secolo scorso, nella misura di Euro 25.000,00; rigetto’ la domanda della convenuta volta alla costituzione di una servitu’ coattiva di passaggio, costituendo, invece, in suo favore, una servitu’ di acquedotto;

– la Corte d’appello di Brescia, rigettato l’appello incidentale, accogliendo in parte quello principale di (OMISSIS), costitui’ in suo favore una servitu’ coattiva di passaggio sulla strada gia’ sussistente, posta al limitare del confine del fondo delle appellate, “revoco’” la condanna di (OMISSIS) al pagamento “di autonoma indennita’ per il passato utilizzo del passaggio”, condannandola, per contro, a pagare lo stesso importo a titolo d’indennita’ ex articolo 1053 c.c. e compenso’ per intero le spese del doppio grado.

Avverso quest’ultima decisione propongono ricorso (OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS) s.r.l. sulla base di sette motivi. La controparte e’ rimesta intimata.

Fissata pubblica udienza, non essendo pervenuta dalle parti e dal P.G. richiesta di discussione orale, ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8bis, convertito nella L. n. 176 del 2000, si e’ proceduto in camera di consiglio.

All’approssimarsi della pubblica udienza le ricorrenti hanno fatto pervenire memoria.

Il P.G. ha fatto pervenire le sue conclusioni scritte, con le quali ha chiesto l’accoglimento del primo e del terzo motivo, il rigetto del secondo e del quarto e l’assorbimento del quinto, del sesto e del settimo.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo le ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione dell’articolo 1151 c.c.

Assumono le ricorrenti che la sentenza impugnata aveva reputato sussistere l’interclusione, che, invece, il Tribunale aveva giustamente escluso, sulla base dello svolto accertamento peritale. Accertamento dal quale era dato desumere che l’originario, esistente percorso veniva utilizzato dai contadini, ne’ sussisteva l’ipotesi che l'(OMISSIS) (al fine di raggiungere una centralina elettrica, che insisteva su un fondo di sua proprieta’) avrebbe dovuto sopportare “eccessivo dispendio o disagio”.

La Corte d’appello, riportano i ricorrenti, aveva, fra l’altro affermato: “… la descrizione dello stato dei luoghi contenuta nella stessa CTU, e l’esame delle allegate fotografie, evidenziano anche tele percorso “originario” puo’ definirsi “strada” per un breve tratto iniziale, ma si trasforma poi in una specie di “capezzagna”, ripida e stretta… un tempo un tracciato esisteva, e veniva in effetti usato da chi coltivava il terreno”. Tuttavia, invece di respingere la domanda, il Giudice di secondo grado l’aveva accolta, affermando che “… una volta che la zona e’ stata edificata, e dopo che le necessita’ e le destinazioni d’uso sono cambiate, ed e’ stata realizzata la nuova strada, l’utilizzo del tracciato originario (…) e’ andato via via scemando, fino a perdere, nell’ultimo tratto, le tracce, e, soprattutto, la effettiva percorribilita’”. L’asserto, concludono le ricorrenti contrasta con il contenuto dell’articolo 1051 c.c., “posto che il principio dell’interclusione del fondo e’ dato dall’inesistenza assoluta dell’uscita sulla via pubblica, ovvero dall’impossibilita’ di procurarsela senza eccessivo dispendio o disagio e non gia’ dal mero “non uso” dell’accesso pacificamente esistente”.

1.1. La doglianza non supera lo scrutinio d’ammissibilita’.

L’accertamento dello stato dei luoghi, effettuato dalla Corte d’appello, ha portato alla ricognizione di un antico percorso alternativo, che era divenuto oramai del tutto inutilizzabile in quanto, non solo si trasformava in una “capezzagna” ripida e stretta, ma “finiva nel nulla”, siccome era dato trarre da foto in atti; particolare, questo, certamente non secondario, omesso nel virgolettato riportato in ricorso; nel mentre il ctu aveva enunciato delle astratte ipotesi in ordine a un possibile duplice tracciato “attraverso un prato, o nei pressi del torrente, che, peraltro, e’ attualmente inesistente”. In definitiva, conclude il Giudice d’appello “una volta che la zona e’ stata edificata, e dopo che le necessita’ e le destinazioni d’uso sono cambiate, ed e’ tata realizzata la nuova strada, l’utilizzo del tracciato originario” aveva finito per far perdere le proprie tracce e “soprattutto, la effettiva disponibilita’”.

Trattasi di ricostruzione fattuale in questa sede incensurabile e, peraltro, contestata sulla base di asserti aspecifici per difetto di autosufficienza.

Posta la esposta situazione dei luoghi la sentenza ha reputato sussistere le condizioni di cui all’articolo 1051 c.c., “non esistendo, in concreto, alcuna effettiva “uscita sulla via pubblica” e non potendo l'(OMISSIS) procurarsi “senza eccessivo dispendio o disagio” il transito su quella presunta “strada (OMISSIS)”, che andrebbe di fatto costruita ex novo”. Inoltre, soggiunge la sentenza, “sussiste anche l’ipotesi di cui all’articolo 1052 cc. in quanto l’eventuale transito sulla cd. “strada (OMISSIS)” (se anche fosse possibile per tutto il tracciato ipotizzato dal CTU) sarebbe evidentemente inadatto e insufficiente ai bisogni non solo dell'(OMISSIS), ma di qualsiasi attivita’ produttiva o commerciale”.

Le superiori conclusioni sono conformi alla legge.

Il percorso sul quale la sentenza ha costituito la servitu’ coattiva gia’ sussisteva, correndo lungo il confine della proprieta’ dei ricorrenti, di talche’ la decisione contempera il sacrificio minimo della proprieta’ asservita con l’esigenza di non imporre al titolare del fondo intercluso un dispendio e un disagio eccessivi.

Costituisce accertamento di fatto, demandato al giudice del merito e sottratto al sindacato della Corte di cassazione, se congruamente ed esattamente motivato, stabilire l’esistenza della interclusione di un fondo per effetto della mancanza di un qualunque accesso sulla via pubblica e dell’impossibilita’ di procurarselo senza eccessivo dispendio o disagio (interclusione assoluta), ovvero a causa del difetto di un accesso adatto o sufficiente alle necessita’ di utilizzazione del fondo (interclusione relativa) – Sez. 2, n. 14, 03/01/2020, Rv. 656331, ex multis -.

E’ del tutto chiaro che attraverso la denunzia di violazione di legge le ricorrenti sollecitano – non determinando essa, nel giudizio di legittimita’ lo scrutinio della questione astrattamente evidenziata sul presupposto che l’accertamento fattuale operato dal giudice di merito giustifichi il rivendicato inquadramento normativo, essendo, all’evidenza, occorrente che l’accertamento fattuale, derivante dal vaglio probatorio, sia tale da doversene inferire la sussunzione nel senso auspicato dal ricorrente – un improprio riesame di merito (da ultimo, S.U. n. 25573, 12/11/2020, Rv. 659459).

2. Il secondo motivo, con il quale le ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione dell’articolo 116 c.p.c. e articolo 2697 c.c., nonche’ l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, criticando ancora una volta la decisione per essere giunta alle conclusioni sopra riportate, non avendo valorizzato le osservazioni mosse da esse ricorrenti alle deduzioni erronee sollecitate dalla controparte, sulla base di fotografia allegata alla ctu, risulta palesemente inammissibile per le medesime ragioni sviluppate a riguardo del primo motivo.

Merita aggiungere che, nella sostanza, la censura investe inammissibilmente l’apprezzamento delle prove effettuato dal giudice del merito, in questa sede non sindacabile, neppure attraverso l’escamotage dell’evocazione dell’articolo 116 c.p.c., in quanto, come noto, una questione di violazione o di falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. non puo’ porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito (cfr. Sez. 6, n. 27000, 27/12/2016, Rv. 642299 e, da ultimo, da ultimo, S.U. n. 20867/2020 e successivamente, Sez. 5, n. 16016/2021).

L’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisivita’”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (S.U. n. 8053, 7/4/2014, Rv. 629831).

3. Con il terzo motivo le ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione dell’articolo 167 c.p.c., nonche’ l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, assumendo che la sentenza si fonda sull’asserto secondo il quale l’antico percorso era ostruito da un cancello, che, per contro, secondo le ricorrenti non era d’impedimento. La presenza di un tale manufatto era stata denunciata dalla controparte solo con la citazione in appello e, quindi, tardivamente.

3.1. Trattasi di doglianza manifestamente destituita di giuridico fondamento.

Non si e’ in presenza d’eccezione in senso stretto, le quali si identificano o in quelle per le quali la legge espressamente riservi il potere di rilevazione alla parte o in quelle in cui il fatto integratore dell’eccezione corrisponde all’esercizio di un diritto potestativo azionabile in giudizio da parte del titolare e, quindi, per svolgere l’efficacia modificativa, impeditiva od estintiva di un rapporto giuridico suppone il tramite di una manifestazione di volonta’ della parte (ex multis, Sez. 3, n. 18602, 05/08/2013, Rv. 627483).

Per contro, il rilievo d’ufficio delle eccezioni in senso lato non e’ subordinato alla specifica e tempestiva allegazione della parte ed e’ ammissibile anche in appello, dovendosi ritenere sufficiente che i fatti risultino documentati “ex actis”, poiche’ il regime delle eccezioni si pone in funzione del valore primario del processo, costituito dalla giustizia della decisione, che resterebbe sviato ove pure le questioni rilevabili d’ufficio fossero soggette ai limiti preclusivi di allegazione e prova previsti per le eccezioni in senso stretto (Sez. 2, n. 27998, 31/10/2018, Rv. 651039).

Per vero, qui non si verte neppure in quest’ultima ipotesi, avendo la Corte d’appello proceduto, come era suo dovere, a ricostruire la situazione fattuale dei luoghi, emergente dalla svolta istruttoria gia’ in primo grado.

4. Con il quarto motivo le ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione dell’articolo 1052 c.c.

Assumono le ricorrenti che la sentenza aveva reputato che, pur ove non fosse applicabile l’articolo 1051 c.c., avrebbe dovuto trovare applicazione l’articolo 1052 c.c., senza, tuttavia tener conto della condizione negativa prevista dalla norma, costituita dal fatto che l’accesso non possa essere ampliato.

4.1. Il motivo e’ inammissibile.

La sentenza, al contrario di quel che reputa il ricorso, spiega le ragioni che la inducono a negare la sussistenza del presupposto negativo di legge. Proprio perche’ non era piu’ rintracciabile una strada praticabile che avesse uno sbocco sulla pubblica via, non potevasi prospettare la possibilita’ d’un ampliamento.

In definitiva, quindi, anche in questo caso, le ricorrenti invocano, sotto l’usbergo della dedotta violazione o falsa applicazione di legge, una ricostruzione alternativa del fatto.

5. Con il quinto motivo le ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione dell’articolo 1053 c.c.

Secondo l’assunto impugnatorio la sentenza aveva errato nella determinazione dell’indennita’ prevista dalla norma in premessa. Questa, infatti, si afferma, avrebbe dovuto essere quantificata nella misura di Euro 85.323,65 indicata dal ctu, dovendosi tener conto della circostanza che la strada era stata realizzata a suo tempo dalle ricorrenti e che, diversamente opinando si sarebbe venuta a creare una disparita’ di trattamento irragionevole rispetto alla fattispecie in cui la servitu’ debba essere costituita su “un fondo vergine”, nel quale caso le opere debbono restare a carico di colui che usufruira’ della servitu’ (articolo 1069 c.c.).

5.1. Il motivo deve essere rigettato.

La sentenza d’appello, al fine di determinare dell’indennizzo ha giudicato i calcoli del ctu estranei ai criteri di legge, in quanto essi andavano riscontrati in una complessiva valutazione del pregiudizio arrecato alla proprieta’ asservita, qui individuabile nel fatto che un percorso utilizzato da due fondi avrebbe dovuto porsi al servizio anche del fondo dell'(OMISSIS), tenendo, peraltro conto del fatto che la strada si snodava lungo il confine (cosi’ da impattare in misura minima sulle proprieta’), nonche’ dell’uso non frequente che del percorso avrebbe fatto la titolare della servitu’ coattiva, trattandosi di raggiungere, mediante accessi saltuari e limitati, la cabina elettrica. Cio’ posto determinava in via equitativa in Euro 25.000,00 l’indennizzo, corrispondente a una quota maggiore al 10% del costo a suo tempo affrontato dalle appellate per mettere in opera la strada.

Questa Corte ha avuto modo di spiegare che l’indennita’ dovuta dal proprietario del fondo in cui favore e’ stata costituita la servitu’ di passaggio coattivo non rappresenta il corrispettivo dell’utilita’ conseguita dal fondo dominante, ma un indennizzo risarcitorio da ragguagliare al danno cagionato al fondo servente, sicche’, per la sua determinazione, non puo’ aversi riguardo esclusivamente al valore della superficie di terreno assoggettata alla servitu’, dovendosi tenere altresi’ conto di ogni altro pregiudizio subito dal fondo servente in relazione alla sua destinazione a causa del transito di persone e di veicoli (Sez. 2, n. 10269, 18/05/2016, Rv. 639969; conf., Sez. 2, n. 21866, 09/10/2020).

Ne consegue che la Corte di Brescia ha fatto corretta applicazione del principio di diritto sopra enunciato. Invero, la strada venne, a suo tempo, realizzata dalle proprietarie dei due fondi, al fine di soddisfare le esigenze proprie. Porre a carico della societa’ in favore della quale risulta ora essere stata costituita servitu’ coattiva sulla predetta strada il costo, sia pure in parte, sopportato dalla proprietaria per la sua messa in opera, non corrisponde affatto al criterio di legge, il quale intende ristorare il titolare del fondo gravato solo dal “danno cagionato dal passaggio”. Per contro, nel solo caso in cui per attuare il passaggio occorra occupare con opere o lasciare incolta una parte del terreno, oltre a dover essere corrisposto l’equivalente della zona secondo i criteri del richiamato articolo 1038 c.c., e’ del tutto ovvio che le opere per creare il passaggio debbano essere intraprese dal beneficiato dalla costituita servitu’ (articolo 1053 c.c.).

In definitiva, deve essere affermato il seguente principio di diritto “ove la servitu’ coattiva di passaggio venga istituita su un preesistente percorso, non abbisognante di modifica alcuna, l’indennita’ di cui all’articolo 1053 c.c. deve essere quantificata in misura proporzionata al danno cagionato, costituito dall’implementato uso del percorso, non potendosi quantificare la predetta indennita’ alla stregua del costo a suo tempo affrontato dal proprietario del fondo asservito per mettere in opera la strada nel suo esclusivo interesse”.

6. Con il sesto motivo le ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione dell’articolo 2043 c.c., lamentando che la sentenza aveva ingiustamente escluso che spettasse risarcimento del danno per l’uso che l’appellata nel passato aveva fatto della strada.

6.1. La doglianza e’ infondata.

La servitu’ coattiva e’ generata dal provvedimento del giudice che la costituisce, da cio’ discende che se in epoca anteriore colui in favore del cui fondo sia stata successivamente costituita una servitu’, nella specie di passaggio, abbia, contro la volonta’ del proprietario, utilizzato il percorso, sul quale solo ora ha il diritto di transito per disposizione giudiziale, ha indubbiamente commesso un illecito dal quale, ove sussistono le condizioni di legge, discende l’obbligo di risarcire il danno che ne e’ derivato.

Tuttavia, la Corte locale non si e’ posta in contrasto con il superiore principio. Invero, a pag. 16 chiarisce che l’indennita’, fissata equitativamente nella misura del 10% circa del totale speso per la costruzione della strada, era stata arrotondato a Euro 25.000,00 “anche in considerazione dell’utilizzo attuato dalla data della realizzazione delle opere da pare della societa’ appellante”. Cosi’ mostrando di avere tenuto conto, con apprezzamento in questa sede non censurabile, del ristoro per il pregresso uso.

7. Il settimo motivo, con il quale le ricorrenti si dolgono della compensazione delle spese, e’ inammissibile.

Invero, in presenza di soccombenza parziale o reciproca la scelta di compensare le spese costituisce decisione di merito non censurabile.

Inoltre, si e’ gia’ chiarito che la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell’articolo 92 c.p.c., comma 2, rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimita’, non essendo egli tenuto a rispettare un’esatta proporzionalita’ fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente (Sez. 2, n. 30592, 20/12/2017, Rv. 646611; coni., ex multis, Cass. n. 14459/2021).

8. In ragione di quanto svolto il ricorso, nel suo complesso, deve essere rigettato.

9. Non v’e’ luogo a statuizione sulle spese essendo rimasta la controparte intimata.

10. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti (cfr. Cass. nn. 1343/2019, 18348/2017), di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17), si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti principali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.