L’articolo 1067 c.c., comma 2, esclude percio’ la facolta’ del proprietario del fondo servente di eseguire opere che, incidendo sull’andatura e sull’estensione della servitu’, riducano la possibilita’ per il proprietario del fondo dominante di trarre dalla stessa servitu’ la piu’ ampia utilitas assicurata dal titolo. Conseguentemente, per interpretazione consolidata di questa Corte, in tema di servitu’ di passaggio, non comporta diminuzione dell’esercizio della servitu’ l’esecuzione di opere, ovvero la modifica dello stato dei luoghi che, pur riducendo la larghezza dello spazio di fatto disponibile a tal fine, la conservino, tuttavia, in quelle dimensioni che non comportino una riduzione o una maggiore scomodita’ dell’esercizio delle servitu’.

 

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Ordinanza 6 giugno 2018, n. 14500

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26113/2014 proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);

– ricorrenti –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1493/2014 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 05/08/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/04/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto ricorso articolato in quattro motivi avverso la sentenza n. 1493/2014 della Corte d’Appello di Torino, depositata il 5 agosto 2014.

Resiste con controricorso il Condominio (OMISSIS).

I ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c., comma 1.

La Corte d’Appello di Torino ha accolto l’appello del Condominio (OMISSIS) contro la pronuncia di primo grado resa l’11 febbraio 2010 dal Tribunale di Alessandria, sezione distaccata di Novi Ligure. Il Tribunale era stato adito con citazione del 22 marzo 2006 da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), titolari di servitu’ di passaggio pedonale e carrabile sulla strada di proprieta’ del Condominio (OMISSIS) (come da titolo costitutivo del condominio stesso del 4 gennaio 1966), i quali lamentarono la costruzione in adiacenza alla parete dell’edificio condominiale di un ascensore esterno che aveva ridotto il passaggio in questione da m. 4,15 a m. 2,50. La sentenza di primo grado ravviso’ la violazione dell’articolo 1067 c.c. a causa del restringimento del transito provocato dall’ascensore, anche interpretando la norma in esame in senso costituzionalmente orientato alla luce dell’esigenza del condominio convenuto di eliminare le barriere architettoniche. Il Tribunale argomento’ come, in forza dell’espletata CTU, un’analoga opera, adeguata alla tutela dei portatori di handicap, poteva essere realizzata lungo la parete posta sul retro dell’edificio condominiale, senza scarificare il diritto reale degli attori. La Corte d’appello, adita con gravame dal Condominio (OMISSIS), ravvisata la sussistenza della servitu’ imposta sull’area condominiale nell’atto del 4 gennaio 1966, affermo’, in riforma della sentenza di primo grado, che la collocazione dell’ascensore nell’area gravata da servitu’ di passaggio in favore dei signori (OMISSIS), aventi causa del comune venditore geometra (OMISSIS), fosse l’unica soluzione praticabile idonea ad eliminare le barriere architettoniche. La soluzione alternativa, emersa dalla CTU e consistente nell’installare l’impianto sul retro dell’edificio condominiale, venne ritenuta inadeguata sia per l’ubicazione del sito e la realizzabilita’ dell’intervento (possibile presenza di condutture interrate, ostacolo all’ingresso in un box di proprieta’ esclusiva di terzi), sia per le difficolta’ di raggiungimento dell’ascensore da persone in condizioni di inabilita’ fisica (accesso dalla via pubblica e dal cortile interno servendosi di percorso piu’ lungo e ricoperto da ghiaia, oppure tramite l’atrio comune ed il “locale biciclette”). Inoltre, ritennero i giudici di secondo grado, l’installazione dell’ascensore nel lato del cortile interno avrebbe avuto costi molto elevati, avrebbe compromesso la facciata del fabbricato ed avrebbe creato nuovi ingressi dall’esterno nei balconi di proprieta’ esclusiva, i quali avrebbero dovuto essere allungati con la creazione di ballatoi e muniti di cancelletti o di porte per motivi di sicurezza. La sentenza impugnata, in definitiva, escluse la violazione dell’articolo 1067 c.c., in quanto il restringimento del passaggio oggetto di servitu’ da m. 4,15 a m. 2,50 di larghezza consente comunque il passaggio di autoveicoli di tale ultima dimensione ed impedisce unicamente la manovra di inversione di marcia.

I. Il primo motivo di ricorso di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) deduce l’omesso esame di fatto decisivo ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, quanto alla mancata considerazione di una diversa opera comunque in grado di superare le barriere architettoniche, costituita dall’installazione di un servo scala a partire da piano terra e per tutti i piani, come avvenuto nel vicino condominio. Tale ulteriore soluzione era stata ipotizzata e dibattuta nella sentenza di primo grado, nei chiarimenti resi dal CTU all’udienza del 28 marzo 2008 davanti al Tribunale, nella consulenza di parte dei signori (OMISSIS), nonche’ nella comparsa di costituzione e nella memoria di replica degli appellati del giudizio di secondo grado.

II. Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’articolo 1067 c.c., con riferimento alla lettura “costituzionalmente orientata” che ne ha fatto la Corte d’Appello, ispirata dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 167 del 10 maggio 1999, la quale dichiaro’ l’illegittimita’ costituzionale dell’articolo 1052, secondo comma, del codice civile, nella parte in cui non prevede che il passaggio coattivo di cui al primo comma possa essere concesso dall’autorita’ giudiziaria quando questa riconosca che la domanda risponde alle esigenze di accessibilita’ – di cui alla legislazione relativa ai portatori di handicap – degli edifici destinati ad uso abitativo. Viene al riguardo ancora una volta richiamata la praticabilita’ della idonea soluzione impiantistica alternativa oggetto del primo motivo di ricorso, soluzione che avrebbe altrimenti consentito l’accesso diretto alle unita’ immobiliari.

III. Il terzo motivo di ricorso denuncia la nullita’ della sentenza per contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili e per motivazione obiettivamente perplessa e incomprensibile, avendo la Corte di Appello dapprima definito l’impianto di ascensore realizzato dal Condominio (OMISSIS) l’unico praticabile che consenta di eliminare le barriere architettoniche e poi precisato che comunque lo stesso intervento gia’ attuato comporta le necessita’ di installare un servo scala per la rampa che collega l’attuale fermata al piano intermedio dell’ascensore con il pianerottolo di ingresso delle singole abitazioni.

Il quarto motivo di ricorso deduce, infine, la violazione degli articoli 1058 e 1068 c.c., articolo 1350 c.c., n. 4, e dell’articolo 112 c.p.c., in quanto la servitu’ di passaggio oggetto di lite e’ stata modificata nella sua estensione indicata nell’atto costitutivo di essa senza che il Condominio (OMISSIS) abbia mai formulato una domanda in tal senso.

I.1. I quattro motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente per la loro evidente connessione e si rivelano infondati.

Tutti i motivi si incentrano sull’ambito di applicazione dell’articolo 1067 c.c., comma 2, a norma del quale il proprietario del fondo servente (nella specie, il Condominio (OMISSIS)) non puo’ compiere alcuna cosa che tenda a diminuire l’esercizio della servitu’ o a renderlo piu’ incomodo (e cio’ con riguardo al passaggio sulla porzione censita al mappale (OMISSIS), foglio (OMISSIS), Comune di (OMISSIS), di proprieta’ Condominio (OMISSIS), servitu’ costituita con atto del 4 gennaio 1966 in favore dell’attuale proprieta’ (OMISSIS)). L’articolo 1067 c.c., comma 2, esclude percio’ la facolta’ del proprietario del fondo servente di eseguire opere che, incidendo sull’andatura e sull’estensione della servitu’, riducano la possibilita’ per il proprietario del fondo dominante di trarre dalla stessa servitu’ la piu’ ampia utilitas assicurata dal titolo. Conseguentemente, per interpretazione consolidata di questa Corte, in tema di servitu’ di passaggio, non comporta diminuzione dell’esercizio della servitu’ l’esecuzione di opere, ovvero la modifica dello stato dei luoghi che, pur riducendo la larghezza dello spazio di fatto disponibile a tal fine, la conservino, tuttavia, in quelle dimensioni che non comportino una riduzione o una maggiore scomodita’ dell’esercizio delle servitu’ (cfr. Cass. Sez. 2, 03/11/1998, n. 10990; Cass. Sez. 2, 19/04/1993, n. 4585).

L’indagine sulla natura, sull’entita’ e percio’ sulla rilevanza delle innovazioni o delle trasformazioni apportate nel fondo servente, e sul correlativo pregiudizio derivabile dalle stesse al fondo dominante, con riferimento all’articolo 1067 c.c., comma 2, costituisce apprezzamento di fatto spettante al giudice del merito (e qui compiutamente operato dalla Corte d’Appello di Torino), apprezzamento sindacabile in sede di legittimita’ soltanto nell’ambito del vizio di cui all’articolo 360 c.c., comma 1, n. 5.

Ai fini del giudizio di liceita’, ex articolo 1067 c.c., comma 2, degli atti di godimento compiuti dal proprietario del fondo servente sullo stesso, non rileva percio’ in alcun senso la valutazione (propria invece, ad esempio, dell’articolo 1051 c.c., in tema di imposizione del passaggio coattivo) circa la praticabilita’ di soluzioni alternative, piu’ o meno convenienti, oppure piu’ o meno comode, quanto la verifica dell’incidenza di tali atti sul contenuto essenziale dell’altrui diritto di servitu’. Tale conclusione vale da sola a privare di “decisivita’” (ovvero del carattere di astratta idoneita’ a determinare un esito diverso della controversia) la circostanza, su cui poggiano i primi due motivi di ricorso, della mancata considerazione che l’installazione di un servo scala a partire da piano terra e per tutti i piani sarebbe stata comunque in grado di superare le barriere architettoniche. L’opera realizzata sul fondo servente, in sostanza, non viola l’articolo 1067 c.c., comma 2, sol perche’ altrove realizzabile dal proprietario dello stesso con uguale comodita’ e convenienza.

Piuttosto, si e’ in passato sostenuto in giurisprudenza che, qualora il proprietario di un fondo gravato da una servitu’ di passaggio proceda ad opere di ristrutturazione incidenti sull’esercizio della servitu’, il giudice non potrebbe ritenere giustificata la trasformazione solo in considerazione della dinamica dei rapporti e dell’evolversi delle situazioni sociali, dovendo comunque vagliare la compatibilita’ della trasformazione con il libero e comodo ingresso che l’articolo 1067 c.c., comma 2, vuole garantito al titolare del diritto di passaggio (Cass. Sez. 2, 29/08/1990, n. 8945). Ancora piu’ risalente, ma tuttora attuale, e’ il precedente di questa Corte secondo cui non possono comunque ritenersi compresi nel divieto posto dall’articolo 1067 c.c., comma 2, quegli atti che, restando contemperate le esigenze del fondo dominante con quelle del fondo servente, rappresentino l’esercizio compiuto civiliter dal proprietario delle facolta’ di godimento del fondo servente stesso, facolta’ che l’esistenza della servitu’ non puo’ totalmente elidere (Cass. Sez. 2, 03/01/1966, n. 10). Tra tali facolta’ di godimento del fondo servente, che il diritto di passaggio su esso gravante non puo’ obliterare, vi sono certamente, come argomentato dalla Corte d’Appello di Torino, anche (o soprattutto) quelle finalizzate a consentire una piena accessibilita’ alla casa di abitazione da parte di qualsiasi portatore di handicap o persona con ridotta capacita’ motoria. Questa Corte ha gia’ chiarito come la pronuncia della Corte costituzionale n. 167 del 1999 abbia imposto un mutamento di prospettiva, in forza del quale l’istituto della servitu’ di passaggio non e’ piu’ limitato ad una visuale dominicale e produttivistica, ma e’ proiettato in una dimensione dei valori della persona, di cui agli articolo 2 e 3 Cost., che permea di se’ anche lo statuto dei beni ed i rapporti patrimoniali in generale (Cass. Sez. 2, 03/08/2012, n. 14103; si vedano anche Cass. Sez. 2, 28/01/2009, n. 2150; Cass. Sez. 2, 16/04/2008, n. 10045).

La Corte d’Appello di Torino ha apprezzato in fatto, aderendo alle conclusioni del CTU, che il restringimento del passaggio destinato all’esercizio della servitu’ da m. 4,15 a m. 2,50, cagionato dall’ingombro dovuto alla costruzione dell’impianto di ascensore, conserva comunque il diritto reale dei proprietari del fondo dominante in dimensioni che non compromettono significativamente l’esercizio dello stesso. Allo stesso tempo, l’impianto di ascensore realizzato dal Condominio (OMISSIS) appaga le esigenze di accessibilita’ del fabbricato, pur necessitando dell’installazione di un servo scala al piano intermedio per il collegamento con il pianerottolo di ingresso delle singole abitazioni. Questa Corte ha altresi’ precisato come la meritevolezza di un intervento innovativo consistente nell’installazione di un ascensore allo scopo di eliminare le barriere architettoniche vada valutata in termini di idoneita’ dello stesso quantomeno ad attenuare – e non necessariamente ad eliminare – le condizioni di disagio nella fruizione del bene primario dell’abitazione (Cass. Sez. 6-2, 09/03/2017, n. 6129); sicche’ nessuna inconciliabilita’ o implausibilita’ affligge le argomentazioni adoperate dalla Corte d’Appello nel valutare la piena funzionalita’ dell’impianto di ascensore in concreto allestito dal Condominio (OMISSIS), pur necessitante di un servo scala per il collegamento con i pianerottoli.

Poiche’, infine, la sentenza impugnata, rigettando la domanda di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), ha escluso che il Condominio (OMISSIS) avesse violato il divieto sancito dal capoverso dell’articolo 1067 c.c., in quanto l’opera realizzata sul fondo servente non ha ingenerato alcuna permanente riduzione dell’esercizio della servitu’ di passaggio, la pronuncia resa dalla Corte d’Appello di Torino non ha comportato affatto una modifica dell’originaria servitu’ convenzionale costituita con atto del 4 gennaio 1966, ne’ pertanto occorreva una apposita domanda giudiziale del Condominio, o una convenzione scritta, ex articolo 1350 c.c., n. 4, le quali, invero, si impongono soltanto per i mutamenti di esercizio che implicano variazioni nel contenuto della servitu’ medesima.

II. Il ricorso va percio’ rigettato. I ricorrenti vanno condannati a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione nell’importo liquidato in dispositivo.

Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto il testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, – dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna in solido i ricorrenti a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.