“il danno da fermo tecnico” di veicolo incidentato deve essere allegato e dimostrato e la relativa prova non puo’ avere ad oggetto la mera indisponibilita’ del veicolo, ma deve sostanziarsi nella dimostrazione o della spesa sostenuta per procacciarsi un mezzo sostitutivo, ovvero della perdita subita per la rinuncia forzata ai proventi ricavabili dall’uso del mezzo.

 

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Sinistri stradali, danno da fermo tecnico, risarcimento: onere probatorio e liquidazione equitativa.

Corte di Cassazione, Sezione 6 3 civile Ordinanza 30 aprile 2018, n. 10349

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere

Dott. RUBINO Lina – Consigliere

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7013-2016 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) S.P.A., (OMISSIS), (OMISSIS) S.P.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2472/2014 del TRIBUNALE di LATINA, depositata il 14/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 23/01/2018 dal Consigliere Dott. ROSSETTI MARCO.

FATTI DI CAUSA

Nel 2003 (OMISSIS) convenne dinanzi al Giudice di pace di Latina (OMISSIS), la (OMISSIS) s.p.a. e la (OMISSIS) s.p.a. (che in seguito mutera’ ragione sociale in (OMISSIS) s.p.a.), quale impresa designata ai sensi della L. 24 dicembre 1969, n. 990, articolo 19 (applicabile ratione temporis), esponendo che il 27.2.2002 era rimasto coinvolto in un sinistro stradale, la cui responsabilita’ andava ascritta a (OMISSIS), al momento del fatto privo di copertura assicurativa contro i rischi della r.c.a..

Chiese percio’ la condanna dei convenuti al risarcimenti dei danni patiti in conseguenza di quel sinistro.

Con sentenza 17.9.2007 n. 1296 il Giudice di pace accolse la domanda.

La sentenza venne appellata da (OMISSIS), che si dolse d’una sottostima del danno; e dalla (OMISSIS), che si dolse della ritenuta insussistenza di qualsiasi concorso di colpa dell’attore nella causazione del danno.

Con sentenza 14.11.2014 n. 8465 il Tribunale di Latina rigetto’ entrambe le impugnazioni.

La sentenza d’appello e’ stata impugnata per cassazione da (OMISSIS), con ricorso fondato su tre motivi.

Nessuno degli intimati si e’ difeso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso.

1.1. Col primo motivo il ricorrente lamenta (formalmente invocando i vizi dell’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5) che il Tribunale, ai fini della stima del danno alla salute, abbia condiviso immotivatamente le conclusioni del consulente nominato in grado di appello, nonostante le analitiche censure mosse al suo operato dall’odierno ricorrente.

Sostiene, in particolare, che il Tribunale non ha preso posizione sulle critiche da lui mosse alla relazione di consulenza con le quali:

– censuro’ la valutazione del periodo di invalidita’ temporanea totale in soli 10 giorni, anziche’ 50;

– censuro’ la determinazione del grado di invalidita’ permanente nella misura dell’1,5%, invece che del 2%;

– sostenne che il danno all’udito da lui sofferto non fosse stato convenientemente apprezzato.

1.2. Nella parte in cui lamenta il vizio di cui all’articolo 360, n. 5 (omesso esame d’un fatto decisivo) il motivo e’ inammissibile, per tre ragioni indipendenti.

La prima e’ che il ricorrente lamenta che il Tribunale non abbia esaminato alcuni documenti clinici, dai quali risulterebbe la maggiore durata dell’invalidita’ temporanea e la maggiore gravita’ di quella permanente, rispetto alla stima del Tribunale. E tuttavia il ricorrente non riassume ne’ trascrive il contenuto di tali documenti, in violazione del precetto dettato, a pena di inammissibilita’, dall’articolo 366 c.p.c., n. 6.

La seconda e’ che il ricorrente non espone chiaramente nessuno dei quattro elementi richiesti dalle Sezioni Unite di questa Corte ai fini della ammissibilita’ della censura di omesso esame d’un fatto decisivo: e cioe’ quale fatto sia stato trascurato, quando sia stato introdotto nel giudizio, come sia stato provato, perche’ sia decisivo (Cassazione Sezioni Unite n. 8053/2014).

La terza e decisiva ragione e’ che, in ogni caso, “l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l’omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ questi non abbia dato conto di tutte le risultane probatorie astrattamente rilevanti”, come stabilito dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cassazione Sezioni Unite n. 8053/2014).

1.3. Nella parte in cui lamenta il “vizio di motivazione” il motivo e’ inammissibile, dal momento che dopo la ricordata riforma dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, introdotta dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134, il “vizio di motivazione” in quanto tale non e’ piu’ censurabile in sede di legittimita’, salvo due casi: o quando una motivazione manchi del tutto sinanche “come segno grafico”, ovvero quando sia cosi’ oscura da riuscire assolutamente incomprensibile (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014). E nel caso di specie non ricorre ne’ l’una, ne’ l’altra di tali ipotesi, dal momento che una motivazione esiste ed e’ comprensibile, ovvero: “non e’ risultata (in capo alla vittima) alcuna ipoacusia riconducibile al sinistro per cui e’ processo”.

1.4. Nella parte, infine, in cui lamenta la violazione di legge il motivo e’ manifestamente infondato, dal momento che stabilire quanto sia durata una infermita’; se e quali postumi abbia lasciato; se sia o non sia condivisibile una relazione di consulenza, sono altrettante valutazioni di fatto, riservate al giudice di merito e non sindacabili in sede di legittimita’.

Il secondo motivo di ricorso.

2.1. Col secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta sia da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, (si lamenta, in particolare, la violazione degli articoli 1226, 2043, 2054 e 2697 c.c.; articoli 113, 115 e 116 c.p.c.); sia dal vizio di omesso esame d’un fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, (nel testo modificato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134).

Deduce, al riguardo, che erroneamente il Tribunale abbia rigettato la sua domanda di risarcimento del danno c.d. “da fermo tecnico”.

Sostiene che tale pregiudizio e’ risarcibile “in via automatica”, e cioe’ sulla base della sola prova che il veicolo sia stato indisponibile per un certo periodo di tempo, quello occorrente per le riparazioni.

2.2. Il motivo e’ infondato.

Questa Corte ha gia’ stabilito che “il danno da fermo tecnico” di veicolo incidentato deve essere allegato e dimostrato e la relativa prova non puo’ avere ad oggetto la mera indisponibilita’ del veicolo, ma deve sostanziarsi nella dimostrazione o della spesa sostenuta per procacciarsi un mezzo sostitutivo, ovvero della perdita subita per la rinuncia forzata ai proventi ricavabili dall’uso del mezzo” (Cassazione n. 20620/2015).

Il principio e’ stato successivamente ribadito da Cassazione n. 13718/2017, e ad esso deve darsi in questa sede continuita’.

Il terzo motivo di ricorso.

3.1. Col terzo motivo di ricorso il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta sia da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, (si lamenta, in particolare, la violazione degli articoli 91 e 92 c.p.c.; L. 3 giugno 1942, n. 794, articolo 24; Decreto Ministeriale 5 ottobre 1994, n. 585, articolo 15); sia dal vizio di omesso esame d’un fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 (nel testo modificato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134).

Deduce, al riguardo, che il Tribunale avrebbe erroneamente rigettato il motivo di gravame da lui proposto, e volto ad ottenere una piu’ cospicua liquidazione delle spese del primo grado di giudizio.

Sostiene che rispetto al valore della causa (Euro 5.673,08), all’attivita’ concretamente svolta dal difensore, ed ai criteri vigenti ratione temporis, ovvero quelli di cui al Decreto Ministeriale n. 585 del 1994, le spese si sarebbero dovute liquidare nel maggior importo di Euro 4.482,39, cosi’ come esposto nella notula depositata nel primo grado di giudizio.

3.2. Nella parte in cui lamenta “l’omesso esame del fatto decisivo” il motivo e’ infondato.

La liquidazione delle spese e’ un’attivita’ di giudizio che il giudice deve compiere in base ai criteri dettati dalla legge, non la ricostruzione di un fatto storico. Fuori luogo, dunque, e’ il richiamo al vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5, concepibile solo con riferimento all’accertamento dei fatti controversi che il giudice di merito e’ chiamato a compiere.

3.3. Nella parte in cui lamenta la violazione di legge il motivo e’ inammissibile per totale genericita’.

Colui, infatti, il quale lamenti l’erronea liquidazione delle spese da parte del giudice di merito, in violazione dei criteri legali, ha l’onere di indicare quale sarebbe dovuta essere la corretta liquidazione, ed in applicazione di quale delle singole voci previste dalla tariffa vigente ratione temporis: ovvero, nel caso di specie, per il primo grado, quella approvata con Decreto Ministeriale 8 aprile 2004, n. 127, (ex multis, in tal senso, Sez. 3, Sentenza n. 10409 del 20/05/2016, secondo cui “in sede di ricorso per cassazione, la determinazione, del giudice di merito, relativa alla liquidazione delle spese processuali puo’ essere censurata solo attraverso la specificazione delle voci in ordine alle quali lo stesso giudice sarebbe incorso in errore, sicche’ e’ generico il mero riferimento a prestazioni, che sarebbero state riconosciute in violazione della tariffa massima, sen.za la puntuale esposi ione delle voci in concreto liquidate dal giudice, con derivante inammissibilita’ dell’inerente motivo”).

Le spese.

Non e’ luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefensio della parte intimata.

P.Q.M.

(-) rigetta il ricorso.

 

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.