quanto al ruolo di socio occulto e soprattutto di amministratore di fatto si richiede la ricorrenza di indici sintomatici dell’esercizio continuativo e non occasionale di funzioni riservate alla competenza tipica degli amministratori di diritto e, soprattutto, del godimento dell’autonomia decisionale.

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Corte di Cassazione|Sezione 5|Penale|Sentenza|27 ottobre 2022| n. 40797

Data udienza 22 settembre 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZAZA Carlo – Presidente

Dott. MICCOLI Grazia – Consigliere

Dott. PISTORELLI Luca – Consigliere

Dott. BELMONTE Maria Teresa – Consigliere

Dott. SESSA Renata – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 12/03/2021 della CORTE APPELLO di BRESCIA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere RENATA SESSA;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott.ssa TASSONE Kate, che ha concluso chiedendo.

Il Proc. Gen. conclude per l’annullamento con rinvio come da requisitoria in atti.

udito il difensore, L’avvocato (OMISSIS) si riporta ai motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza deliberata il 12.03.2022, la Corte di appello di Brescia, confermato il giudizio di colpevolezza del Tribunale di Mantova del 6.07.2017, che aveva dichiarato (OMISSIS) responsabile, in concorso col padre (OMISSIS), in qualita’ di amministratore unico (in determinati anni), nonche’ socio occulto e amministratore di fatto, di (OMISSIS) s.r.l. – in liquidazione, dichiarata fallita il (OMISSIS) – di piu’ fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, ha, esclusa la ritenuta recidiva, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, rideterminato la pena in anni quattro di reclusione.

In particolare, era stata affermata la penale responsabilita’ di (OMISSIS) solo in relazione alle condotte indicate ai punti a), b) e c) della capo l) dell’imputazione, per:

– utilizzo del conto corrente della fallita per l’emissione, in data 7.5.2010, di assegno circolare, di importo di Euro 38.400,00 utilizzato per pagare un debito di (OMISSIS), riconducibile al (OMISSIS) e a suo padre;

– accredito, mediante bonifico bancario, in data 7.5.2010, della somma di Euro 22.005,00 in favore di (OMISSIS) s.r.l., societa’ sempre riconducibile ai (OMISSIS);

– accredito, mediante bonifico bancario, in data 28.5.2010, della somma di Euro 14.000,00 in favore di (OMISSIS) s.r.l.;

2. Avverso l’indicata sentenza, propone ricorso per cassazione l’imputato, attraverso il proprio difensore, Avv. (OMISSIS), articolando otto motivi.

2.1. Il primo motivo deduce vizio di motivazione, ai sensi dell’articolo 606, comma 1, lettera e) del codice di rito, con riferimento agli articoli 125, 192 e 546 c.p.p. per motivazione apparente e travisamento probatorio, risultante dagli atti del procedimento.

A sostegno si rileva che: il ricorrente, come risultante dall’imputazione, aveva dismesso la sua attivita’ di amministratore unico a far data dal 29.11.2007

– circa due anni prima della liquidazione e a tre anni dalle condotte asseritamente distrattive – data in cui gli succedeva alla carica il padre, (OMISSIS) (deceduto) che amministrava la societa’ sino alla liquidazione; le date delle tre disposizioni oggetto di distrazione indicano operazioni bancarie effettuate quando la societa’ era gia’ stata posta in liquidazione (avvenuta in data 20.04.2009); il liquidatore, il Sig. (OMISSIS), riferiva di non conoscere il ricorrente; il curatore riferiva di aver avuto solo rapporti con (OMISSIS); e secondo quanto risulta dall’annotazione della g.d.f. del 24.04.2014, versata in atti all’udienza del 1.12.2016, tra le persone autorizzate a operare sul conto corrente sul quale sono state effettuate le operazioni incriminate vi era (OMISSIS), prima liquidatore e poi divenuto anche socio unico a seguito della cessione di quote del 13.10.2009.

Da tali evidenze, la difesa, ritiene due logici corollari: che le operazioni bancarie asseritamente distrattive venivano poste in essere quando era gia’ stato nominato un liquidatore, il quale riferiva che erano (OMISSIS) e il commercialista ad amministrare di fatto la societa’; che il liquidatore, unico autorizzato a operare sul conto interessato dai movimenti per cui e’ processo, non conosceva ne’ aveva mai incontrato il ricorrente e che, quest’ultimo, non potendo operare sul conto direttamente avrebbe prima avuto la necessita’ di interpellare il liquidatore per eseguire le operazioni oggetto di imputazione.

Si invoca a conforto anche l’opinione del Procuratore Generale presso la Procura della repubblica di Brescia che, in sede di requisitoria in appello, nelle conclusioni scritte, chiedeva per il ricorrente l’assoluzione poiche’ non erano stati raccolti elementi tali da potergli attribuire la qualifica di amministratore di fatto nonche’ la sua effettiva conoscenza degli eventi distrattivi.

Si lamenta dunque che, nonostante la Corte – a pag. 10 — dia effettivamente atto delle dichiarazioni rese dal liquidatore, con una motivazione apodittica e apparente, nulla dice sul punto, ma anzi, nel limitarsi a ritenere che il ricorrente avesse esercitato, all’epoca delle operazioni, il ruolo di gestore di fatto, non mette nemmeno in dubbio l’attendibilita’ o inferenza probatoria delle dichiarazioni del (OMISSIS) e, pertanto, in violazione del combinato disposto dagli articoli 546 e 192 c.p.p., omette di enunciare le ragioni che hanno portato a non credere rilevante e attendibile il liquidatore. Tali dichiarazioni, al contrario, se poste al vaglio di attendibilita’, avrebbero condotto a una pronuncia assolutoria in forma “piena” ex. articolo 530, comma 1, c.p.p. poiche’ tali da legittimare una ricostruzione alternativa della vicenda, fondata su un ragionevole dubbio in merito alla sola responsabilita’ del (OMISSIS) padre.

Inoltre, l’omessa valutazione delle circostanze teste richiamate, si sostanzia del pari in un travisamento probatorio per omissione poiche’ esse sono incompatibili con la complessiva logica della motivazione tesa a dimostrare la responsabilita’ penale del ricorrente quale amministratore di fatto fondandola su circostanze indirette come i rapporti di parentela e la riconducibilita’ al ricorrente delle societa’ coinvolte nei fatti.

2.2. Con il secondo motivo, ai sensi dell’articolo 606, comma 1, lettera b) ed e) c.p.p., si deduce erronea interpretazione della legge penale nonche’ illogicita’ e apparenza della motivazione, con riguardo ai criteri sintomatici necessari per ritenere il ricorrente amministratore di fatto, per avere, i giudici di merito, ritenuto il ricorrente amministratore di fatto della societa’ all’epoca delle disposizioni bancarie solo sulla base dei rapporti interpersonali e societari intercorsi con il padre, senza considerare ne’ la versione alternativa della difesa, ne’ la giurisprudenza di legittimita’ che, ai fini della configurabilita’ della veste di amministratore di fatto, ravvisa quale requisito l’esercizio continuativo e non occasionale di funzioni riservate alla competenza tipica degli amministratori di diritto e il godimento di un’autonomia decisionale o l’inserimento organico con funzioni direttive.

In particolare, si censurano i punti della motivazione dai quali si ravvisa la ritenuta responsabilita’ del ricorrente solo sulla base della pregressa condivisione delle responsabilita’ societarie della (OMISSIS) s.r.l. con (OMISSIS) e della co-titolarita’ di plurime societa’ fondate dai due; tutte argomentazioni suggestive e congetturali, anche alla luce del fatto che le altre societa’ – (OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS), erano gestite da altri, in tali societa’ il ricorrente non deteneva quote o partecipazioni e presso la (OMISSIS), (OMISSIS) era assunto quale semplice dipendente solo molto tempo dopo le disposizioni di pagamento per cui si procede.

In proposito, si individua non solo una carente motivazione che non individua le ragioni di una congiunta gestione commerciale della societa’, ma anche un travisamento probatorio in riferimento al fatto asserito che il curatore avrebbe “dato atto” che il ricorrente e il padre operassero come un soggetto unico, poiche’, in realta’, proprio il conflitto occorso con il padre portava quest’ultimo a decidere di “avocare” la direzione della societa’ a se’.

Anche l’affermazione che la fallita fosse una delle tante societa’ truffaldine create e’ solamente un’insinuazione del tutto inconferente poiche’, seppur vero che il ricorrente patteggiava per i delitti di cui agli articolo 474 c.p. e Decreto Legislativo n. 74 del 2000 articolo 2, trattasi di reati commessi tra il 2002 e il 2007 e, come sostenuto anche dal P.G., a seguito della cessazione dalla carica di amministratore unico, non risultano ingerenze del prevenuto nella gestione della (OMISSIS) s.r.l.

2.3. Con il terzo motivo, ai sensi dell’articolo 606, comma lettera c) ed e) del codice di rito, si deduce violazione di norme processuali stabilite a pena di nullita’ con riguardo al combinato disposto dagli articoli 516, 518, 521 e 522, c.p.p., nonche’ vizio di motivazione poiche’ le argomentazioni addotte dalla Corte sembrano avallare solamente un’ipotesi di concorso esterno del ricorrente nei fatti per cui si procede.

Si lamenta che, in violazione degli articoli 516, 518 e 521 del codice di rito, l’imputazione sarebbe “trascesa” nella forma del fatto diverso perche’ non perimetra la responsabilita’ del ricorrente come extraneus, con conseguente nullita’ della sentenza in riferimento all’articolo 522 cod. proc. peri. per essere stato, il (OMISSIS), condannato per un fatto nuovo.

Inoltre, si rileva che la motivazione e’ anche contraddetta da quanto riferito dal liquidatore e dagli agenti di p.g. (affermazioni rinvenibili nelle sommarie informazioni rese dal Sig. (OMISSIS) e nell’annotazione di servizio del 24.04.2014), che smentiscono un concorso esterno del ricorrente, in particolare laddove il (OMISSIS) dichiara di non conoscere (OMISSIS).

2.4. Il quarto motivo deduce erronea applicazione della legge penale in riferimento agli articoli 192, 234, 238 e 238-bis c.p.p., nonche’ vizio di motivazione per travisamento probatorio laddove la Corte pare citare la pronuncia del Tribunale che, in narrativa, riporta la tesi difensiva sostenuta nella causa promossa dal fallimento dalla GRB Veicoli industriali, societa’ che avrebbe ricevuto la somma di cui al capo 1 a) dell’imputazione (e che, in caso di soccombenza nel giudizio avrebbe dovuto restituire), la quale rilevava, in merito alla dichiarazione di inefficacia del pagamento effettuato con assegno circolare e a sostegno della buona fede nella ricezione, che il pagamento era stato disposto dal ricorrente.

2.5. Il quinto motivo deduce erronea interpretazione della legge penale con riferimento alla mancata derubricazione dei fatti in bancarotta preferenziale ai’ sensi dell’articolo 216, comma 3, L. Fall.

Riguardo all’operazione di cui al capo 1 a) della rubrica, si rileva che il dibattimento ha dimostrato come tale pratica rientrasse in una logica infragruppo, come precisato anche dal curatore, il Dott. Magrone, in occasione delle s.i.t. rese ex. articolo 391-bis e ss. prodotte con memoria difensiva all’udienza del 16.03.2017, il quale affermava che i 38.400,00 Euro andavano solo a ridurre il debito con la (OMISSIS) che rimaneva creditrice verso il fallimento per effetto dell’accollo di tutti i restanti debiti che la (OMISSIS) aveva contratto nei confronti dei fornitori normali.

Pertanto, si rappresenta che tale debito qualifica la condotta distrattiva quale bancarotta preferenziale, alla luce della giurisprudenza di legittimita’ che ravvisa la differenza con la bancarotta per distrazione nell’oggettiva e soggettiva destinazione riservata al singolo pagamento: qualora sia finalizzato solo a “coprire” un debito o a favorire un creditore, trattasi della piu’ “lieve” bancarotta preferenziale poiche’ si e’ in presenza della volonta’ dell’imprenditore poi fallito di porre in essere una condotta finalizzata all’estinzione di posizioni debitorie della societa’.

Si censura in merito la motivazione della Corte di appello poiche’ nulla dice e ritiene, in maniera assolutamente inconferente, inconsistenti le argomentazioni difensive in quanto pretende sia di eliminare la sussistenza del debito, precondizione che qualifica la bancarotta quale preferenziale, sulla sola base di una cessione di quote, sia ravvisa la fittizieta’ dei rapporti commerciali tra le ditte riconducibili agli imputati (OMISSIS) nel fatto che la (OMISSIS) non si sia insinuata al passivo. Sul punto, peraltro, l’apparenza del debito della (OMISSIS) nei confronti della (OMISSIS) e’ smentita dallo stesso curatore che considera reale il rapporto.

Quanto ai’ bonifici disposti a favore di (OMISSIS) S.r.l. di cui ai capi 1 b) e uno c), si rileva che trattasi si somme di proprieta’ del ricorrente, come certificato dalle polizze prodotte all’udienza istruttoria, utilizzate comunque da altri a sua insaputa, come dallo stesso dichiarato in sede di dichiarazioni spontanee. Tali polizze, invero, furono riscattate nelle date: 1.4.2010 per Euro 8.000,00, 21.04.2010 per Euro 25.235,00 e 20.5.2010 per Euro 17.615,00, ma la somma non fu poi accreditata al ricorrente quale trattamento di fine mandato, ma utilizzata, come riferito dal curatore (in sede di s.i.t. del 12.02.2015), per finanziare la (OMISSIS), altra societa’ in difficolta’, parte del gruppo.

Sul punto la Corte – a pag. 12 della sentenza – ritiene insussistenti tali argomentazioni considerando pacifico che il patrimonio della fallita sia diminuito senza alcun corrispettivo da parte di (OMISSIS) e che l’antefatto di tali versamenti non incide sul carattere distrattivo. Si censura tale motivazione poiche’ viziata da contraddittorieta’ interna ed esterna perche’ in contrasto con quanto riferito dal Dott. Magrone e dal curatore implicitamente, nonche’ con le polizze assicurative allegate alla memoria depositata dalla difesa all’udienza del 16.03.2017 a riprova del fatto che fossero somme di proprieta’ del ricorrente.

Del pari si contesta la mancanza della motivazione per violazione degli articoli 125 e 546 del codice di rito poiche’ non vengono esposte le ragioni tali da rendere inattendibili le prove indicate.

Si ribadisce, infine, anche in questo caso, l’erronea qualificazione del fatto come bancarotta fraudolenta e non preferenziale, gia’ richiesta in appello, con le conseguenze in punto di pena, in quanto le operazioni furono ancora una volta disposte per evadere un debito che rientrava nei rapporti infragruppo tra (OMISSIS) s.r.l e (OMISSIS) s.r.l.

2.6. Con il sesto motivo si deduce erronea applicazione della legge penale, nonche’ vizio di motivazione con riguardo al mancato riconoscimento del danno di

speciale tenuita’ di cui all’articolo 219, comma 3, fall.

Posto il principio di legittimita’ secondo cui in materia di speciale tenuita’ del fatto il giudizio deve essere posto in relazione alla diminuzione, non percentuale ma globale, che il comportamento ha provocato alla massa attiva, si rileva che nel caso di specie, riguardo alla massa attiva che avrebbe dovuto comprendere i 38.400,00 Euro (di cui alla lettera a), versati per la Ipag Gorup LLC, quest’ultima non si insinuo’ al passivo per almeno 330.000,00 Euro, non comportando, di fatto, un danno rilevante per i creditori nel loro complesso. Inoltre, nonostante il tribunale stesso – a pag. 5 della parte motiva – consideri la “non eccessiva gravita’ dei fatti”, la Corte, di contro, senza illustrarne le ragioni e i parametri di legittimita’ per valutare la lieve entita’, ritiene che le condotte distrattive che riguardano un importo di circa 75.000,00 non possono integrare l’attenuante speciale considerata.

2.7. Il settimo motivo deduce erronea applicazione della legge penale riguardo al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’articolo 62, comma 1, n. 6) c.p., nonche’ vizio di motivazione.

Si contesta che, a fronte del parere contraddittorio del tribunale per cui l’invocata attenuante non era concedibile perche’ l’importo del risarcimento, pari a Euro 170.000,00 concordato con il curatore (cosi’ come risulta a verbale del 16.03.2017 dalle dichiarazioni rese da questi) non aveva ad oggetto le singole distrazioni bensi’ la diversa azione di responsabilita’ contro gli amministratori, a cui la difesa in appello replicava la congruita’ della somma adducendo l’inconferenza di tale ragionamento rispetto all’entita’ delle distrazioni, la Corte, con illogica motivazione, ritiene – a pag. 12 – la somma versata insufficiente a risarcire l’intero danno “sia per il diverso titolo sia per la natura transattiva dell’accordo che comporta una parziale soddisfazione dei creditori”, nuovamente senza considerare che la somma a titolo di risarcimento, comprende quella di Euro 74.405,00 ed e’ in misura tale dal soddisfare anche le piu’ elevate esigenze creditorie del procedimento fallimentare.

Si eccepisce altresi’ che la Corte ritiene che la somma in questione, siccome versata dal solo coimputato (OMISSIS), non possa avere effetto attenuante anche nei confronti del figlio ricorrente, non considerando che la liberatoria concessa dal giudice delegato (di cui all’alt. n. 11 alla memoria della difesa in atti), riguardava anche il ricorrente e somme di sua proprieta’, nonostante poi fu il padre materialmente a pagare.

2.8. Con l’ottavo e ultimo motivo di ricorso si deduce errore in iudicando nonche’ vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche ai sensi dell’articolo 69 c.p. sull’unica aggravante della pluralita’ di fatti di bancarotta.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.II ricorso e’ fondato.

Carente e’ la ricostruzione svolta nella sentenza impugnata quanto al ruolo di socio occulto e soprattutto di amministratore di fatto assegnato a (OMISSIS) nell’imputazione, costituente il presupposto cui ancorare le condotte distrattive al medesimo attribuite; sicche’ colgono nel segno le deduzioni del ricorso che ruotano intorno a tale aspetto, richiamando anche la giurisprudenza di questa Corte in materia di amministrazione di fatto che richiede la ricorrenza di indici sintomatici dell’esercizio continuativo e non occasionale di funzioni riservate alla competenza tipica degli amministratori di diritto (cfr. tra tante, Sez. 5, n. 27264 del 10/07/2020, Rv. 279497 – 01) e, soprattutto, del godimento dell’autonomia decisionale.

Come fa rilevare il ricorso, invero, risulta che il ricorrente si e’ avvicendato con il padre (OMISSIS) nell’amministrazione della societa’ fino al 29 novembre 2007 laddove le operazioni contestate come “azioni distrattive” oggetto di condanna si riferiscono a episodi descritti alle lettere a), b), c) del capo 1) risalenti a un successivo breve arco temporale compreso tra il 7 e il 28 maggio 2010; e sempre secondo quanto si riporta in ricorso anche il concorso con il padre del ricorrente nella perpetrazione dei reati di cui agli articoli 474 c.p. e 2 Decreto Legislativo n. 74/200 riguarderebbe un lasso temporale compreso tra il 2002 e il 2007 – anche se la consumazione dell’ultimo reato lambirebbe temporalmente anche il 2008 – e successivamente a tale data – da settembre 2008 – non risulterebbero ulteriori ingerenze di (OMISSIS) nella gestione di (OMISSIS) s.r.l.

E’ comunque un dato di fatto che al tempo delle distrazioni la societa’ era gestita dal liquidatore (OMISSIS), persona che avrebbe svolto il ruolo di prestanome, ma su incarico del solo (OMISSIS) (circostanza sulla quale avrebbe reso dichiarazioni (OMISSIS) nel corso dell’udienza del 16 marzo 2017). Assumono, dunque, rilievo, pur soggette a valutazioni critiche, anche le dichiarazioni del medesimo liquidatore sul ruolo di “dominus” esercitato in concreto da (OMISSIS).

Allo stesso modo non e’ stato valutato il dato, che pure si assume sottoposto al vaglio del giudice di secondo grado, per cui il liquidatore non conosceva il ricorrente ed era l’unico che poteva operare sui conti della societa’ attraverso i quali sono state effettuate le operazioni incriminate.

Legittimamente il ricorrente censura che non e’ stato applicato il principio di legittimita’ secondo cui le ragioni per le quali il giudice ritiene non attendibili le prove a favore dell’imputato devono essere adeguatamente esplicitate dal giudice sul quale incombe un onere di motivazione dello stesso spessore e adeguatezza richiesti per le motivazioni sulle prove a carico; ne’ nel caso di specie la loro confutazione puo’ ritenersi assorbita nella ricostruzione svolta dal giudice di merito attesi i limiti argomentativi che la contraddistinguono.

Invero, a fronte di tali emergenze, nonostante gli specifici motivi di appello con cui si era evidenziata la lacuna sull’accertamento della qualita’ di amministratore di fatto dell’imputato – aspetto che la sentenza di primo grado non ha a sua volta effettivamente affrontato – la pronuncia di secondo grado non ha fornito una motivazione appagante sul punto, pur trattandosi del presupposto a cui ancorare il ragionamento relativo alla natura distrattiva delle operazioni poste in essere; ne’ puo’ ritenersi di per se’ sufficiente ai fini della dimostrazione del ruolo di fatto, il discorso argomentativo svolto in ordine alle anomalie riscontrate in relazione alle operazioni incriminate, sviluppato anche sulla base delle giustificazioni rese dalla difesa, correttamente ritenute dai giudici di merito non pertinenti o non convincenti (si pensi, ad esempio, alla giustificazione del cd. vantaggio compensativo o a quella che imputa la provvista delle somme versate in favore della (OMISSIS) s.r.L al denaro rinveniente dal riscatto di polizze stipulate per garantire il TFR dell’imputato, giustamente criticate anche nella sentenza di primo grado alle pagine 3 e 4).

Il fatto che il ricorrente si sia difeso rispetto alle condotte distrattive fornendo delle spiegazioni che potrebbero lasciare intendere un suo coinvolgimento nelle stesse non costituisce infatti elemento di per se’ sufficiente per affermare che egli abbia amministrato di fatto la societa’, cio’ nondimeno esse potrebbero deporre per la sua partecipazione ai fatti come concorrente esterno, rectius come extraneus, nel reato di bancarotta distrattiva materialmente commesso da altri. S’impone pertanto l’annullamento della sentenza impugnata affinche’ il giudice del rinvio possa accertare se alla stregua di tutto quanto emerso – ivi incluse le circostanze gia’ in tale senso valorizzate -, tenuto conto delle contro-deduzioni e dei rilievi della difesa, si possano delineare i contorni dell’amministrazione di fatto in capo all’imputato o della partecipazione, ex articolo 110 c.p., quale extraneus che ebbe a concorrere nella realizzazione delle condotte distrattive.

A tal fine il giudice del rinvio dovra’ considerare che il principio di correlazione tra sentenza e accusa contestata e’ violato soltanto quando il fatto ritenuto in sentenza si trovi rispetto a quello contestato in rapporto di eterogeneita’ o di incompatibilita’ sostanziale, nel senso che si sia realizzata una vera e propria trasformazione, sostituzione o variazione dei contenuti essenziali dell’addebito nei confronti dell’imputato, posto cosi’, a sorpresa, di fronte ad un fatto del tutto nuovo senza avere avuto nessuna possibilita’ di effettiva difesa (Sez. 5, n. 1842 del 25/11/1998 Ud. (dep. 12/02/1999), Rv. 212351 – 01, fattispecie nella quale questa Corte ha escluso la violazione del principio suddetto in una ipotesi nella quale all’imputato era stato contestato il delitto di bancarotta nella veste di direttore generale della societa’ fallita ed era stato poi condannato quale gestore di fatto della medesima societa’).

2. Dalle ragioni sin qui esposte deriva che la sentenza impugnata deve essere annullata per nuovo giudizio con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Brescia, che dovra’ procedere agli accertamenti suindicati quanto al ruolo di (OMISSIS) e giungere alla valutazione delle singole operazioni distrattive al medesimo ascritte – per le quali vi e’ stata condanna – tenendo conto sia degli elementi a carico gia’ emersi e valorizzati, sia di tutti gli argomenti di segno contrario indicati dal difensore negli altri motivi del ricorso in scrutinio, vertenti sulle condotte distrattive, ivi compresi, se del caso, quelli che lambiscono il trattamento sanzionatorio (allo stato assorbiti ma non preclusi).

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizho ad altra sezione della Corte di appello di Brescia.

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