nella fideiussione per obbligazione futura, l’onere del creditore, previsto dall’articolo 1956 c.c., di richiedere l’autorizzazione del fideiussore prima di far credito al terzo, le cui condizioni patrimoniali siano peggiorate dopo la stipulazione del contratto di garanzia, assolve alla finalità di consentire al fideiussore di sottrarsi, negando l’autorizzazione, all’adempimento di un’obbligazione divenuta, senza sua colpa, più gravosa: resta, tuttavia, il fatto che tale onere non sussiste allorché’ nella stessa persona coesistano le qualità di fideiussore e di legale rappresentante della società debitrice principale, giacche’, in tale ipotesi, la richiesta di credito da parte della persona obbligatasi a garantirlo comporta di per sé la preventiva autorizzazione del fideiussore alla concessione del credito. Quanto al resto, se è vero che, in materia di responsabilità da fideiussione, gli obblighi di buona fede e correttezza contrattuale, da intendersi in senso oggettivo, impongono alla parte garantita di salvaguardare la posizione del proprio fideiussore, con la conseguenza che la loro violazione non consente l’esercizio di pretese nei confronti del garante, nella misura in cui la sua posizione sia stata aggravata dal garantito è anche vero, però, che il fideiussore che chieda la liberazione della garanzia prestata invocando l’applicazione dell’articolo 1956 c.c., ha l’onere di provare in giudizio, ai sensi dell’articolo 2697 c.c., l’esistenza degli elementi richiesti a tal fine, e cioè che, successivamente alla prestazione della fideiussione per obbligazioni future, il creditore, senza la sua autorizzazione, abbia fatto credito al terzo pur essendo consapevole dell’intervenuto peggioramento delle sue condizioni economiche.

Corte di Cassazione|Sezione 1|Civile|Ordinanza|30 giugno 2023| n. 18578

Data udienza 17 maggio 2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente

Dott. FERRO Massimo – Consigliere

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1937/2018 proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), e (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’Avvocato (OMISSIS), per procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS), in persona della (OMISSIS) s.p.a., gia’ denominata (OMISSIS) s.p.a., gia’ denominata (OMISSIS) s.p.a., rappresentata e difesa dall’Avvocato (OMISSIS), per procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la SENTENZA n. 2251/2016 della CORTE D’APPELLO DI PALERMO, depositata il 5/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 17/5/2023 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DONGIACOMO.

FATTI DI CAUSA

1.1. Il tribunale di Agrigento, con sentenza del 6/5/2010, a parziale accoglimento dell’opposizione proposta da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), ha revocato il Decreto Ingiuntivo, emesso in data 27/4/2006 nei loro confronti, quali fideiussori della (OMISSIS) s.r.l., dichiarata fallita con sentenza del (OMISSIS), ed ha condannato gli opponenti al pagamento, in favore dell’opposto (OMISSIS), della somma di Euro 55.358,88, quale saldo di conto corrente al (OMISSIS), ed Euro 88.346,20, in relazione al mutuo concesso il (OMISSIS).

1.2. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto appello lamentando, per quanto ancora rileva, che il tribunale aveva erroneamente: – omesso di rilevare la nullita’ e/o l’inefficacia delle fideiussioni prestate dagli stessi in ragione del comportamento della banca che, in contrasto con i principi di correttezza e buona fede, aveva imprudentemente consentito che l’esposizione debitoria della societa’ garantita si ampliasse, con la conseguente inoperativita’ della clausola di esonero dell’autorizzazione di cui all’articolo 1956 c.c.; – ritenuto che la banca aveva dato la prova di essersi soddisfatta sul buono fruttifero dell’importo di Euro 250.000,00, costituito in pegno dall’appellante (OMISSIS) con contratto di deposito titoli a garanzia, portato ad estinzione di altra esposizione debitoria nascente da un contratto di anticipo fatture stipulato la (OMISSIS) s.r.l., di cui, pero’, non vi e’ alcuna prova agli atti.

1.3. La (OMISSIS) s.p.a., a seguito di incorporazione con (OMISSIS), a sua volta cessionaria dei crediti del (OMISSIS), ha resistito all’appello, chiedendone il rigetto, sul rilievo, tra l’altro, che: – il pegno era stato legittimamente escusso in ordine al conto anticipi, non oggetto della causa; – l’onere della prova liberatoria di cui all’articolo 1956 c.c., e’ a carico del fideiussore; – l’autorizzazione prevista da tale norma non era, nel caso di specie, necessaria, sussistendo una comunanza di interessi tra i fideiussori e la societa’ garantita ed essendo previsto dal contratto l’onere a carico del fideiussore di tenersi al corrente delle condizioni patrimoniali del debitore; – era prevista la deroga all’articolo 1957 c.c..

1.4. La corte d’appello, con la sentenza in epigrafe, ha parzialmente accolto l’appello e, in parziale riforma della sentenza appellata, ha condannato (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) al pagamento, in favore della (OMISSIS) s.p.a., della somma di Euro 24.799,07, quale saldo del conto corrente, confermando, per il resto, la pronuncia impugnata.

1.5. La corte, in particolare, dopo aver determinato il saldo effettivo del conto corrente nella somma di Euro 24.799,07, ha, per quanto ancora rileva, ritenuto che: – “non sia rilevante nel presente giudizio che la Banca creditrice abbia o no dato prova di essersi soddisfatta sul pegno per l’estinzione di altro debito, cosi’ come dedotto dagli… appellanti, atteso che la garanzia reale non fa venir meno la garanzia fideiussoria” e, “in ogni caso,… la banca creditrice ha dimostrato di essersi soddisfatta sul buono fruttifero di Euro 250.000,00, utilizzandolo ad estinzione dell’obbligazione garantita e facendone comunicazione al costituente (OMISSIS)…”; – “sussiste la comunanza di interessi dedotta dall’appellata, atteso che il fideiussore (OMISSIS) era il legale rappresentante della societa’ garantita” e “in tale ipotesi non ricorrono i presupposti di applicabilita’ dell’articolo 1956 c.c., in quanto la richiesta di credito da parte della persona obbligatasi a garantirlo comporta di per se’ la preventiva autorizzazione del fideiussore alla concessione del credito”.

1.6. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), con ricorso spedito per la notifica in data 27/12/2017, hanno chiesto, per tre motivi, la cassazione della sentenza.

1.7. La (OMISSIS) s.r.l., quale cessionaria del credito da (OMISSIS) s.r.l., a sua volta cessionaria del credito da (OMISSIS) s.p.a., a mezzo del suo procuratore (OMISSIS) s.p.a., gia’ denominata (OMISSIS) s.p.a., ha resistito con controricorso e depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

2.1. Con il primo motivo, i ricorrenti, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c. e degli articoli 1957, 1469 bis, 1469 quinquies c.c., degli articoli 33 e 36 cod. consumo, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, nonche’ l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5, hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello, dopo aver dato atto che la deroga all’articolo 1957 c.c., era stata oggetto di discussione tra le parti, ha tuttavia omesso di pronunciarsi su tale questione con la declaratoria di estinzione della obbligazione assunta dai fideiussori, posto che la deroga all’articolo 1957 c.c., contenuta nel contratto stipulato dagli opponenti, i qualita’ di consumatori, e’ una clausola vessatoria ai sensi dell’articolo 1469 bis c.c., o dell’articolo 33 cod. consumo ed e’, quindi, nulla o inefficace ai sensi dell’articolo 1469 quinquies c.c., o dell’articolo 36 cod. consumo, con la conseguenza che la banca avrebbe dovuto richiedere giudizialmente l’adempimento delle obbligazioni garantite entro sei mesi dalla data di esigibilita’ del credito e che, a fronte della mancata dimostrazione da parte della banca di aver agito giudizialmente entro il termine di sei mesi, la stessa era decaduta dal suo diritto nei confronti dei fideiussori per intervenuta estinzione dell’obbligazione ex articolo 1957 c.c..

2.2. Con il secondo motivo, i ricorrenti, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli articoli 2697 e 1955 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, nonche’ l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5, hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che “non sia rilevante nel presente giudizio che la Banca creditrice abbia o no dato prova di essersi soddisfatta sul pegno per l’estinzione di altro debito, cosi’ come dedotto dagli… appellanti, atteso che la garanzia reale non fa venir meno la garanzia fideiussoria” e che “in ogni caso,… la banca creditrice ha dimostrato di essersi soddisfatta sul buono fruttifero di Euro 250.000,00, utilizzandolo ad estinzione dell’obbligazione garantita e facendone comunicazione al costituente (OMISSIS)…”, senza, tuttavia, considerare che: – il pegno in questione era stato costituito sia a garanzia dell’anticipo su fattura, sia a garanzia di “ogni altro credito”, come emerge dal contratto di costituzione del pegno del (OMISSIS); – la banca aveva rappresentato al (OMISSIS) esclusivamente di escutere la garanzia pignoratizia ma non ha assolutamente comunicato ne’ la fonte ne’ l’ammontare del debito in relazione al quale avrebbe escusso la garanzia; – nessun debito su anticipo fatture sussisteva, per cui la somma di Euro 250.000,00 avrebbe dovuto essere escussa ad estinzione del debito di cui al decreto ingiuntivo, con restituzione della somma residua al (OMISSIS); – la banca non ha dato la prova di aver escusso la garanzia ad estinzione di un credito esistente in relazione al cd. “conto anticipo fatture”.

2.3. Il primo e il secondo motivo sono inammissibili. La sentenza impugnata, infatti, non tratta in alcun modo le questioni ivi esposte, vale a dire, rispettivamente, la natura vessatoria della clausola di deroga all’articolo 1957 c.c., e l’inesistenza del debito su anticipo fatture garantito dal pegno escusso dalla banca: ed e’, invece, noto che, secondo il costante insegnamento di questa Corte (cfr. Cass. n. 20694 del 2018; Cass. n. 15430 del 2018), qualora una determinata questione giuridica che implichi (come quelle prospettate dai ricorrenti) un accertamento di fatto, non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimita’, al fine di evitare una statuizione d’inammissibilita’ per novita’ della censura, ha l’onere (rimasto, nella specie, del tutto inadempiuto) non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito ma anche, per il principio di specificita’ del motivo, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicita’ di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa.

2.4. Con il terzo motivo, i ricorrenti, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli articoli 1956, 1371 e 1175 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, nonche’ l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5, hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che “il fideiussore (OMISSIS) era il legale rappresentante della societa’ garantita” e che “in tale ipotesi non ricorrono i presupposti di applicabilita’ dell’articolo 1956 c.c., in quanto la richiesta di credito da parte della persona obbligatasi a garantirlo comporta di per se’ la preventiva autorizzazione del fideiussore alla concessione del credito”, senza, tuttavia, considerare che fideiussori, oltre alla (OMISSIS), sono anche gli altri opponenti, e cioe’ (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali non sono soci o legali rappresentanti della (OMISSIS) s.r.l., e che, pertanto, quanto meno nei confronti di costoro, la banca, pur a fronte della clausola di dispensa dall’onere di conseguire l’autorizzazione a nuove concessioni di credito in caso di mutamento delle condizioni patrimoniali del debitore principale, aveva il dovere di eseguire il contratto in buona fede e non poteva, dunque, effettuare nuove concessioni di credito tralasciando le elementari regole di prudenza e di cautela che, in materia di esercizio dell’attivita’ creditizia, sono richieste al fine di ridurre il rischio dell’insolvenza del debitore.

2.5. Il motivo e’, in parte, infondato e, per il resto, inammissibile per mancanza di decisivita’. Non v’e’ dubbio, invero, che, nella fideiussione per obbligazione futura, l’onere del creditore, previsto dall’articolo 1956 c.c., di richiedere l’autorizzazione del fideiussore prima di far credito al terzo, le cui condizioni patrimoniali siano peggiorate dopo la stipulazione del contratto di garanzia, assolve alla finalita’ di consentire al fideiussore di sottrarsi, negando l’autorizzazione, all’adempimento di un’obbligazione divenuta, senza sua colpa, piu’ gravosa: resta, tuttavia, il fatto che tale onere non sussiste allorche’ nella stessa persona coesistano (come nel caso della (OMISSIS)) le qualita’ di fideiussore e di legale rappresentante della societa’ debitrice principale, giacche’, in tale ipotesi, la richiesta di credito da parte della persona obbligatasi a garantirlo comporta di per se’ la preventiva autorizzazione del fideiussore alla concessione del credito (Cass. n. 7444 del 2017; Cass. n. 7587 del 2001).

Quanto al resto, se e’ vero che, in materia di responsabilita’ da fideiussione, gli obblighi di buona fede e correttezza contrattuale, da intendersi in senso oggettivo, impongono alla parte garantita di salvaguardare la posizione del proprio fideiussore, con la conseguenza che la loro violazione non consente l’esercizio di pretese nei confronti del garante, nella misura in cui la sua posizione sia stata aggravata dal garantito (Cass. n. 32478 del 2019), e’ anche vero, pero’, che il fideiussore che chieda la liberazione della garanzia prestata invocando l’applicazione dell’articolo 1956 c.c., ha l’onere (il cui adempimento, tuttavia, nel caso in esame, non emerge in alcun modo) di provare in giudizio, ai sensi dell’articolo 2697 c.c., l’esistenza degli elementi richiesti a tal fine, e cioe’ che, successivamente alla prestazione della fideiussione per obbligazioni future, il creditore, senza la sua autorizzazione, abbia fatto credito al terzo pur essendo consapevole dell’intervenuto peggioramento delle sue condizioni economiche (Cass. n. 23422 del 2016; Cass. n. 2524 del 2006, Cas. n. 8040 del 2003; Cass. n. 7050 del 1997).

3. Il ricorso, quindi, per l’infondatezza o l’inammissibilita’ dei suoi motivi, e’ infondato e dev’essere, quindi, respinto.

4. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

5. La Corte da’ atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte deli ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte cosi’ provvede: rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti a rimborsare alla controricorrente le spese di lite, che liquida in Euro 8.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%; da’ atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

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Avv. Umberto Davide

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