la regolazione delle spese di lite puo’ avvenire in base alla soccombenza integrale, che determina la condanna dell’unica parte soccombente al pagamento integrale di tali spese (articolo 91 c.p.c.), ovvero in base alla reciproca parziale soccombenza, che si fonda sul principio di causalita’ degli oneri processuali e comporta la possibile compensazione totale o parziale di essi (articolo 92 c.p.c., comma 2); a tale fine, la reciproca soccombenza va ravvisata sia in ipotesi di pluralita’ di domande contrapposte formulate nel medesimo processo fra le stesse parti, sia in ipotesi di accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, tanto allorche’ quest’ultima sia stata articolattin piu’ capi, dei quali siano stati accolti solo alcuni, quanto nel caso in cui sia stata articolata in un unico capo e la parzialita’ abbia riguardato la misura meramente quantitativa del suo accoglimento” e, “nel regolare le spese di lite in caso di reciproca soccombenza, il giudice di merito deve effettuare una valutazione discrezionale, non arbitraria ma fondata sul principio di causalita’, che si specifica nell’imputare idealmente a ciascuna parte gli oneri processuali causati all’altra per aver resistito a pretese fondate, ovvero per aver avanzato pretese infondate, e nell’operare una ideale compensazione tra essi, sempre che non sussistano particolari motivi, da esplicitare in motivazione, per una integrale compensazione o comunque una modifica del carico delle spese in base alle circostanze di cui e’ possibile tenere conto ai sensi degli articoli 91 e 92 c.p.c., nel testo temporalmente vigente.

 

 

Corte di Cassazione, Sezione 6 3 civile Ordinanza 7 giugno 2018, n. 14796

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 2871 del ruolo generale dell’anno 2017, proposto da:

(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)) rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS);

– ricorrente –

nei confronti di:

(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS));

(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)) rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);

– controricorrenti – ricorrenti in via incidentale –

e

COMUNE DI CANDIA CANAVESE, (C.F.: non indicato), in persona del legale rappresentante pro tempore (OMISSIS) (C.F.: non indicato);

– intimati –

per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Torino n. 1018/2016, pubblicata in data 20 giugno 2016;

udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio in data 23 aprile 2018 dal consigliere Augusto Tatangelo.

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS), ha agito in giudizio nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) per ottenere il risarcimento dei danni subiti da un proprio immobile in seguito al parziale crollo del tetto di un edificio di proprieta’ dei convenuti.

I convenuti hanno chiamato in manleva il precedente proprietario dell’immobile, (OMISSIS), ed il Comune di Candia Canavese.

La domanda e’ stata accolta dal Tribunale di Ivrea nei confronti dei convenuti (OMISSIS) e (OMISSIS), condannati al pagamento dell’importo di Euro 8.000,00, oltre accessori. Sono state invece rigettate le domande di manleva proposte da questi ultimi.

La Corte di Appello di Torino, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha ridotto l’importo oggetto di condanna ad Euro 2.362,17.

Ricorre il (OMISSIS), sulla base di quattro motivi.

Resistono con controricorso la (OMISSIS) ed il (OMISSIS), che propongono altresi’ ricorso incidentale sulla base di un unico motivo.

Non hanno svolto attivita’ difensiva in questa sede gli altri intimati.

E’ stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli articoli 375, 376 e 380-bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso principale fosse destinato ad essere dichiarato manifestamente fondato, con assorbimento del ricorso incidentale.

E’ stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto e’ stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta.

I controricorrenti (nonche’ ricorrenti in via incidentale) (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno depositato memoria ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., comma 2.

Il collegio ha disposto che sia redatta motivazione in forma semplificata.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso principale si denunzia “nullita’ del procedimento e della sentenza di appello per mancata integrazione del contraddittorio – violazione e falsa applicazione dell’articolo 331 c.p.c.”.

Diversamente da quanto ritenuto dal relatore nella proposta di definizione del procedimento in camera di consiglio, il motivo e’ per un verso inammissibile e per altro verso infondato.

Secondo quanto emerge dalla sentenza impugnata, nel giudizio di primo grado i convenuti (OMISSIS) e (OMISSIS) avevano chiamato in manleva il Comune di Candia Canavese e (OMISSIS). La domanda, rigettata in primo grado, non e’ stata riproposta in sede di gravame dai convenuti soccombenti (che non hanno neanche notificato l’atto di appello ai chiamati vittoriosi).

Il ricorrente sostiene che si tratterebbe in realta’ di chiamata in causa di soggetti indicati dai convenuti come effettivi responsabili dei danni di cui l’attore aveva chiesto il risarcimento, e pertanto la chiamata in causa avrebbe determinato una situazione di litisconsorzio necessario processuale, rilevante ai sensi dell’articolo 331 c.p.c., anche a prescindere dalla mancata impugnazione della sentenza di primo grado nei confronti dei chiamati.

Ma sotto questo profilo il ricorso difetta di specificita’, in quanto non e’ puntualmente richiamato il contenuto dell’atto di chiamata in causa del Comune di Candia Canavese e di (OMISSIS), dal quale dovrebbe emergere la fondatezza della diversa qualificazione di esso (rispetto a quella emergente dalla stessa sentenza impugnata) sostenuta dal ricorrente.

D’altra parte, poiche’ la sentenza di primo grado, di accoglimento della domanda nei confronti dei convenuti principali, e’ stata impugnata esclusivamente da questi ultimi, che non hanno evocato nel giudizio di gravame i chiamati in causa, per quanto le domande di manleva da essi proposte nei confronti di questi ultimi fossero state rigettate in primo grado, il che nella sostanza costituisce acquiescenza alla relativa statuizione, sulla quale si e’ formato il giudicato interno, il contraddittorio nel giudizio di secondo grado deve ritenersi integro in relazione alle domande ancora in discussione in questa sede.

2. Con il secondo motivo del ricorso principale si denunzia “violazione di legge, o falsa applicazione, degli articoli 2053, 2043, 2051, 2056, 1223, 1226 e 1227 c.c.”.

Con il terzo motivo del ricorso principale si denunzia “violazione del contraddittorio per essersi il Giudice discostato dalla CTU, senza adeguata motivazione e senza disporre integrazione o rinnovazione della perizia”.

Il secondo ed il terzo motivo – aventi ad oggetto la questione del nesso di causa tra il crollo del tetto dell’immobile dei convenuti e i danni da infiltrazioni di umidita’ lamentati dall’attore – sono connessi e possono essere esaminati congiuntamente. Essi sono inammissibili.

La corte di appello, all’esito della valutazione dei mezzi istruttori, ed anche sulla base delle emergenze della consulenza tecnica di ufficio (dalle cui conclusioni finali si e’ peraltro parzialmente discostata, sulla base di adeguata motivazione), ha ritenuto, in fatto, che non fosse stata fornita la prova che i danni da infiltrazioni nell’immobile dell’attore, provenienti dal muro comune di confine, potessero essere causalmente attribuite al crollo del tetto dell’edificio dei convenuti (evento con riguardo al quale era stata avanzata la domanda).

Si tratta di un accertamento di fatto operato dai giudici di merito sulla base della valutazione dei fatti storici rilevanti emersi all’esito dell’istruttoria, sostenuto da adeguata motivazione, non apparente, ne’ insanabilmente contraddittoria sul piano logico, e come tale non censurabile in sede di legittimita’.

Nella sostanza, sotto questo profilo il ricorso si risolve in una inammissibile richiesta di nuova e diversa valutazione delle prove.

3. Con il quarto motivo del ricorso principale si denunzia “violazione e falsa applicazione degli articoli 163 e 277 c.p.c. e articolo 2051 c.c., articoli 2053, 2043 e 880 c.c. Fattispecie: inquadramento giuridico ad opera del Giudice d’ufficio; iura novit curia; causa petendi”.

Anche questo motivo e’ inammissibile.

Con esso viene infatti posta una questione nuova, quella della possibilita’ di inquadrare la domanda proposta nell’ambito della previsione di cui all’articolo 2051 c.c., in relazione al generale stato di manutenzione dell’immobile dei convenuti, anziche’ nell’ambito della previsione di cui all’articolo 2053 c.c., in relazione al solo crollo del relativo tetto.

Il diverso inquadramento della fattispecie, peraltro, avrebbe richiesto ulteriori e differenti accertamenti di fatto nel giudizio di merito, sia in considerazione dei differenti presupposti richiesti dalle due disposizioni di legge richiamate, ai fini dell’affermazione della responsabilita’ del danneggiante e della relativa prova liberatoria, sia, piu’ specificamente, proprio in considerazione della diversita’, in concreto, dei fatti posti a base delle due ipotesi di responsabilita’.

Sotto quest’ultimo aspetto, il ricorso difetta anche di specificita’, in quanto non richiama puntualmente il contenuto degli atti processuali in cui sarebbero stati allegati i fatti (diversi dal crollo del tetto dell’immobile dei convenuti avvenuto nel 2008) teoricamente valutabili ai fini dell’affermazione di una responsabilita’ ai sensi dell’articolo 2051 c.c., ed in cui sarebbe stato chiesto il risarcimento dei danni anche in correlazione a tali diversi fatti.

4. Con l’unico motivo del ricorso incidentale si denunzia “violazione e falsa applicazione degli articoli 91 e 92 c.p.c. vecchia formulazione”.

Il ricorso incidentale e’ infondato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte “la regolazione delle spese di lite puo’ avvenire in base alla soccombenza integrale, che determina la condanna dell’unica parte soccombente al pagamento integrale di tali spese (articolo 91 c.p.c.), ovvero in base alla reciproca parziale soccombenza, che si fonda sul principio di causalita’ degli oneri processuali e comporta la possibile compensazione totale o parziale di essi (articolo 92 c.p.c., comma 2); a tale fine, la reciproca soccombenza va ravvisata sia in ipotesi di pluralita’ di domande contrapposte formulate nel medesimo processo fra le stesse parti, sia in ipotesi di accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, tanto allorche’ quest’ultima sia stata articolattin piu’ capi, dei quali siano stati accolti solo alcuni, quanto nel caso in cui sia stata articolata in un unico capo e la parzialita’ abbia riguardato la misura meramente quantitativa del suo accoglimento” e, “nel regolare le spese di lite in caso di reciproca soccombenza, il giudice di merito deve effettuare una valutazione discrezionale, non arbitraria ma fondata sul principio di causalita’, che si specifica nell’imputare idealmente a ciascuna parte gli oneri processuali causati all’altra per aver resistito a pretese fondate, ovvero per aver avanzato pretese infondate, e nell’operare una ideale compensazione tra essi, sempre che non sussistano particolari motivi, da esplicitare in motivazione, per una integrale compensazione o comunque una modifica del carico delle spese in base alle circostanze di cui e’ possibile tenere conto ai sensi degli articoli 91 e 92 c.p.c., nel testo temporalmente vigente” (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 3438 del 22/02/2016, Rv. 638888 – 01 e Rv. 638889 – 01).

Le decisione impugnata risulta pienamente conforme a tali principi di diritto (che il ricorso non offre elementi sufficienti a rivedere, e cui va data continuita’).

La corte di appello ha esercitato il potere discrezionale di (parziale) compensazione delle spese del doppio grado del giudizio di merito nella misura di un terzo, e ha posto a carico dei convenuti – condannati a risarcire all’attore un importo inferiore a quello originariamente da questi richiesto, in conseguenza del parziale rigetto della sua domanda – il pagamento dei restanti due terzi.

Ha cioe’ ritenuto che gli oneri processuali del giudizio di merito fossero imputabili per due terzi ai convenuti (avendoli questi causati in tale proporzione, per avere resistito alla parte della domanda giudicata fondata) e per un terzo all’attore (avendoli questi causati in tale misura, per avere proposto una domanda parzialmente infondata), ed in tal modo ha esercitato – in maniera non arbitraria, ma sulla base di un apprezzamento di fatto relativo alle attivita’ processuali svolte in concreto nel corso del giudizio – il potere discrezionale ad essa attribuito dall’articolo 92 c.p.c., comma 2, potere non censurabile in sede di legittimita’.

3. Sono rigettati sia il ricorso principale che il ricorso incidentale.

Le spese del giudizio di legittimita’ sono compensate integralmente tra le parti, in ragione della parziale reciproca soccombenza.

Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilita’ o improcedibilita’ dell’impugnazione, principale ed incidentale) di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte:

– rigetta sia il ricorso principale che il ricorso incidentale;

– dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente giudizio di legittimita’.

Si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilita’ o improcedibilita’ dell’impugnazione) di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, per il versamento, da parte dei ricorrenti, in via principale ed in via incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.