nei contratti a prestazioni corrispettive, requisito comune al termine essenziale e alla clausola risolutiva espressa deve ritenersi l’inadempimento imputabile ad una delle parti. Tale presupposto non si riscontra nella diversa ipotesi in cui l’effetto solutorio sia connesso al mancato ottenimento entro una determinata scadenza temporale di un provvedimento amministrativo per ragioni non ascrivibili al comportamento dei contraenti, dovendo tale evenienza essere riconducibile alla mancata verificazione di un evento futuro ed incerto e, conseguentemente, qualificarsi come condizione risolutiva negativa.

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Corte d’Appello|Perugia|Civile|Sentenza|22 settembre 2022| n. 483

Data udienza 6 settembre 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

CORTE DI APPELLO DI PERUGIA

SEZIONE CIVILE

La Corte di Appello di Perugia – sezione civile composta dai seguenti magistrati:

Dott.ssa Claudia Matteini Presidente

Dott. Simone Salcerini Consigliere

Dott.ssa Paola de Lisio Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Nella causa civile iscritta al n. 768 anno 2020 Ruolo Gen. Contenzioso Civile,

TRA

(…), rappresentato e difeso dall’Avv. To.Ed. ed elettivamente domiciliato presso il suo studio sito in Spoleto, via (…)

APPELLANTE

E

(…), rappresentato e difeso dall’Avv. Fe.Sa. ed elettivamente domiciliato presso il suo studio sito in Foligno, via n. (…)

Società (…) srl, rappresentata e difesa dall’Avv. Mo.Se. ed elettivamente domiciliata presso il suo studio sito in Foligno, via (…)

APPELLATI

OGGETTO: vendita di cose immobili

Causa trattenuta in decisione all’udienza collegiale del 12.5.2022 tenutasi con modalità telematica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato in data 04.05.2018 (…), cessionario di un credito di Euro 40.000,00 vantato dalla Società (…) srl, adiva il Tribunale di Spoleto chiedendo la condanna di (…), presunto debitore ceduto, al pagamento della predetta somma oltre interessi, previo accertamento dell’obbligo di quest’ultimo alla restituzione della somma in virtù dell’intervenuta risoluzione del contratto preliminare stipulato in data 14.12.2009 tra il (…) e la Società Agricola.

Si costituiva in giudizio (…) contestando quanto dedotto in fatto e in diritto con la domanda attorea e deducendo di avere interesse ad evocare in giudizio la Società (…) srl. In particolare, formulava domanda riconvenzionale al fine di sentir dichiarare risolto il suddetto contratto preliminare per responsabilità della Società chiamata in causa, la quale aveva omesso di allegare la documentazione necessaria ad ottenere l’autorizzazione alla realizzazione dell’impianto fotovoltaico, realizzando in tal modo una sostanziale rinuncia all’operazione, cui conseguiva, ai sensi dell’art. 4 della scrittura del 04.02.2011, il diritto del promittente venditore a trattenere la somma versata dal promittente acquirente a titolo di anticipo.

La Società (…) srl, chiamata in causa da (…), si costituiva in giudizio contestando le ragioni della domanda svolta nei propri confronti e sostenendo la posizione dell’attore. Formulava anch’essa domanda riconvenzionale con cui chiedeva di accertare e dichiarare che il contratto preliminare, successivamente integrato con la scrittura privata del 04.02.2011, si era risolto per effetto del verificarsi della condizione risolutiva pattuita, e chiedeva di dichiarare l’esistenza dell’obbligo, in capo al convenuto, di restituire la somma di Euro 40.000,00 alla Società Agricola e quindi al cessionario del credito, (…), condannando il (…) alla restituzione.

Il Tribunale di Spoleto, con sentenza n. 279 del 08.04.2020, accoglieva la domanda attorea e condannava (…) al pagamento della somma di Euro 40.000,00 in favore di (…), preso atto della cessione del credito. Precisamente, il giudice di prime cure affermava che la risoluzione del contratto preliminare sottoscritto tra le parti in data 14.12.2009 era stata determinata dall’avveramento della condizione risolutiva ivi prevista.

Successivamente, (…), con atto di citazione in appello impugnava la predetta sentenza del Tribunale di Spoleto sollevando diverse censure sia sotto il profilo volitivo che quello argomentativo.

Sotto il profilo volitivo, affermava che il giudice, nella ricostruzione dei fatti, non aveva tenuto conto che (…), quale legale rappresentante della Società (…) srl, non aveva mai ritenuto valido ed operante il termine risolutivo fissato al 30.06.2011, adoperandosi a completare la domanda di autorizzazione alla realizzazione dell’impianto fotovoltaico anche dopo la scadenza del termine citato; che nell’atto notarile del 17.10.2013 le parti, dopo aver riconosciuto l’intervenuta risoluzione dei loro rapporti negoziali, dichiaravano ferme e impregiudicate le reciproche pretese restitutorie e/o risarcitorie nascenti da tali rapporti; e che il termine del 30.06.2011 non era mai stato ritenuto come essenziale dalle parti. Inoltre, lamentava un vizio nella valutazione degli effetti giuridici del comportamento della Società; riteneva i richiami giurisprudenziali contenuti in sentenza, inconferenti; affermava la rilevanza delle istanze istruttorie rigettate in primo grado; si doleva della condanna a suo carico delle spese di lite.

Sotto il profilo argomentativo, l’appellante contestava: l’omessa valutazione del giudice di prime cure circa la condotta della Società contraria all’obbligo di comportarsi secondo buona fede in pendenza di una condizione ex art. 1358 e ss. c.c., ciò sulla base dell’errato presupposto che gli eventi successivi al 30.06.2011 non potevano avere rilevanza sul contratto preliminare; l’omessa valutazione della già menzionata riserva espressa dalle parti nell’atto notarile del 17.10.2013 riguardo le pretese restitutorie e/o risarcitorie, la quale induceva a ritenere che la vicenda negoziale non si fosse conclusa al momento del verificarsi della condizione risolutiva, considerando che la contesa tra il (…) e la Società riguardo alla spettanza della somma di denaro versata da quest’ultima in suo favore, era sorta dopo che il (…) era venuto a conoscenza dalla Provincia di Perugia che la pratica relativa all’impianto fotovoltaico era stata archiviata per omessa integrazione della documentazione e aveva contestato tale circostanza alla Società. La terza e la quarta censura attengono sempre al comportamento scorretto di quest’ultima, contrario agli obblighi di correttezza e diligenza nell’adempimento, elemento non adeguatamente valutato dal primo giudice, posto che la Società non aveva comunicato all’altra parte di aver rinunciato al rilascio dell’autorizzazione, rimanendo nella detenzione dei terreni oggetto del contratto preliminare fino a che il (…), nella primavera del 2012, ha deciso di chiedere notizie circa lo stato della pratica direttamente all’ente amministrativo preposto, non riuscendo ad avere contatti decisivi con la promittente acquirente. Inoltre, l’appellante rileva che quest’ultima, riscontrava le successive missive del (…) affermando di aver positivamente adempiuto a quanto richiesto dalla Provincia con nota del 02.11.2011, trasmettendo gli ulteriori documenti necessari all’accoglimento della domanda, in conformità alla sopravvenuta modifica della normativa regionale in materia; tuttavia, da allora, la provincia di Perugia non aveva più comunicato alcunché alla richiedente, quindi la medesima era ancora in attesa di ricevere riscontro. Tale circostanza era però smentita di fatto dall’archiviazione della domanda, in più l’odierna appellata non aveva dato prova dell’inoltro di tale ulteriore documentazione: ne derivava una responsabilità in capo alla stessa per non aver comunicato alla controparte una causa di invalidità del contratto di cui era a conoscenza ex art. 1338 c.c., consistente nella consapevolezza che la pratica sarebbe stata archiviata per omessa integrazione documentale nei termini prescritti. Con le ultime due censure l’appellante si duole: del rigetto delle istanze istruttorie che avrebbero potuto confermare, attraverso l’audizione dei testimoni, che la volontà delle parti era quella di considerare non essenziale il termine stabilito contrattualmente ai fini del perfezionamento della pratica amministrativa, posto che l’ultimo deposito presso l’Ente provinciale risultava effettuato in data 19.07.2011; dell’errata e superficiale considerazione del Tribunale in merito all’applicabilità dell’art. 1359 c.c., dato che il (…) non era la parte maggiormente interessata all’affare e per questo aveva scelto di non adeguare la documentazione inerente alla domanda, dando luogo al mancato verificarsi del fatto posto alla base della condizione risolutiva; infine, della condanna alle spese processuali, le quali dovevano essere poste a carico dell’attore perché la Società di cui era legale rappresentante si era resa responsabile dell’archiviazione della pratica ed aveva posto in essere un’ampia violazione dei principi di cui agli artt. 1358, 1175, 1176 e 1338 c.c..

Il (…) concludeva per la riforma della sentenza di I grado con rigetto delle domande svolte nei suoi confronti da (…) e chiedendo, in via subordinata, in considerazione del comportamento complessivamente scorretto tenuto dalla Società (…) srl, di riconoscere il suo diritto a ritenere la somma da quest’ultima versata come anticipo del prezzo, a titolo di risarcimento dei danni subiti; con vittoria di spese di entrambi i gradi di giudizio; insisteva, altresì, per l’ammissione delle prove testimoniali già formulate in I grado.

Si costituivano in giudizio la Società (…) S.r.l. e (…) contestando in modo sostanzialmente coincidente quanto in fatto e in diritto ex adverso affermato e chiedendo entrambe, in punto di rito, il rigetto dell’appello per violazione degli artt. 342 e 345 c.p.c., nel merito, l’integrale rigetto dell’appello perché infondato e la conseguente conferma della sentenza n. 279/2020 del Tribunale di Spoleto; la Società (…) S.r.l. reiterava poi la domanda riconvenzionale spiegata con la costituzione nel primo grado di giudizio ove si chiedeva, rispetto alla domanda attorea, di dichiarare specificatamente che la risoluzione del contratto preliminare stipulato tra le parti era effetto del verificarsi della condizione risolutiva; il tutto con vittoria di spese.

Questa Corte all’udienza del 12.05.2022, tenutasi con modalità telematica, tratteneva la causa in decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Prima di procedere all’esame dei motivi di appello occorre ripercorrere brevemente i fatti che hanno portato all’emanazione della sentenza n. 279/2020 del Tribunale di Spoleto.

Con il contratto preliminare datato 14.12.2009 (…) prometteva di alienare alcuni terreni di sua proprietà siti in Spoleto alla Soc. (…) srl, interessata alla realizzazione di un impianto fotovoltaico. Pertanto, la stipula dell’atto di compravendita veniva subordinata alla condizione che, entro il 30.06.2010, la promettente acquirente ottenesse tutti i permessi, concessioni, autorizzazioni e nulla osta necessari alla realizzazione dell’impianto medesimo. La Società avviava la relativa attività amministrativa nel marzo del 2010 ma il termine previsto per la definizione della pratica decorreva senza esito positivo. Per tale ragione, in data 04.02.2011, interveniva tra le parti una scrittura privata, integrativa del contratto preliminare, in cui il termine suddetto veniva prorogato al 30.06.2011; contestualmente, la parte promittente acquirente effettuava quattro versamenti di Euro 10.000,00 caduno secondo una scansione temporale prestabilita, da considerarsi quali acconti sul prezzo, ed inoltre venivano siglate le seguenti clausole:

– art. 4: “nell’ipotesi che la Provincia di Perugia rilasci tutti i permessi nonché le relative autorizzazioni e licenze in data antecedente al 30 giugno 2011, le parti convengono che si dovrà procedere al perfezionamento dell’atto notarile di compravendita del terreno in questione e quindi provvedere al relativo pagamento del saldo. Qualora la Soc. (…) S.r.l. rinunci al programmato investimento e quindi alle autorizzazioni rilasciate dalla Provincia di Perugia, il Sig. (…) sarà autorizzato sin da ora a trattenere le somme ricevute”;

– art. 5: “nell’ipotesi che la Provincia di Perugia respinga la pratica già presentata da parte della Soc. (…) S.r.l. per l’investimento “fotovoltaico” ovvero non rilasci le relative autorizzazioni, permessi e licenze, entro il prossimo 30 giugno 2011 il Sig. (…) si impegna a restituire tutte le somme da lui percepite, senza corresponsione di interessi”;

– art. 6: “nell’ipotesi di mancato rilascio di tulle le autorizzazioni da parte della provincia di Perugia (nei tempi previsti per la presente scrittura) tutti gli accordi sottoscritti si intendono privi di ogni effetto e quindi le parti si dispensano reciprocamente dal richiedere alcuna somma a titolo di qualsiasi onere o danno salvo quanto previsto all’art. 5”.

Anche il termine del 30.06.2011 decorreva inutilmente a causa di lungaggini burocratiche e carenze di documentazione, come da note della Provincia di Perugia del 25.02.2011 e del 22.04.2011, le quali

intimavano alla Società di provvedere alla regolarizzazione della domanda entro 90 giorni, pena l’archiviazione della richiesta.

La promittente acquirente presentava la documentazione integrativa richiesta all’ente preposto ma quest’ultimo forniva riscontro soltanto in data 02.11.2011, circa cinque mesi dopo la scadenza del termine previsto dal contratto in esame per il rilascio dell’autorizzazione amministrativa, affermando che con i depositi datati 22.03.2011, 01.04.11 e 19.07.2011, la pratica risultava completa rispetto a quanto richiesto ma, con l’emanazione del Regolamento Regionale n. 7 del 29.07.2011 i procedimenti ancora in corso dovevano essere adeguati alla nuova normativa ivi contenuta; pertanto si invitava nuovamente la richiedente ad adeguare la documentazione entro il termine di 20 giorni, pena l’archiviazione della domanda.

Tale richiesta da parte della Provincia non veniva riscontrata dalla Società che rimaneva silente anche nei confronti del promittente acquirente il quale, nel marzo del 2012, decideva di rivolgersi direttamente alla competente autorità amministrativa per chiedere l’accesso agli atti relativi al progetto di costruzione dell’impianto fotovoltaico, ma con riscontro datato 30.03.2012 la Provincia comunicava che la pratica indicata era stata archiviata per non essere stata integrata nei termini indicati.

A questo punto il (…), con lettere raccomandate 13 .7.2012 e 18.7.2013,contestava gli inadempimenti alla Società (…) S.r.l. e al (…) in qualità di legale rappresentante della società ed eccepiva l’operatività dell’art. 1359 c.c. a mente del quale “la condizione si considera avverata qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario all’avveramento di essa”, nonché dell’art. 4 del contratto del 04.02.2011, in quanto la promittente acquirente aveva deliberatamente omesso di integrare la documentazione richiesta per la definizione della pratica e quindi rinunciato all’investimento programmato, eccepiva, pertanto, la risoluzione del contratto per inadempimento della Società Agricola.

La Società Agricola, con pec del 7.8.2012, contestava le deduzioni del (…) e e chiedeva l’applicazione di quanto previsto dall’art. 6 della scrittura privata del 4.2.2011 (scrittura integrativa del contratto preliminare) con conseguente restituzione della somma di Euro 40.000,00 pagata a titolo di acconto sul prezzo.

Successivamente le parti, in data 17.10.2013, davanti al Notaio, sottoscrivevano una scrittura privata autenticata in cui dichiaravano che il contratto preliminare di compravendita e il contratto di affitto, stipulato per permettere alla Società Agricola di entrare in possesso dei terreni, erano stati subordinati alla condizione che la società ottenesse entro i termini convenuti i permessi e le autorizzazioni necessarie alla realizzazione dell’impianto fotovoltaico e che tale condizione non si era verificata, pertanto riconoscevano essersi risolti e cessati entrambi i contratti con effetto dalla data del 30.06.2011, ferme ed impregiudicate le reciproche pretese restitutorie e/o risarcitorie da tali atti nascenti.

Circa due anni dopo la Società (…) S.r.l. cedeva il credito nei confronti di (…) al proprio rappresentante legale, Massimo (…), che nel 2018 provvedeva ad azionarlo in giudizio.

Orbene, così ricostruito il resoconto fattuale, i motivi di appello sollevati da (…), attenendo alla ricostruzione della vicenda contrattuale operata dal giudice di prime cure nel suo complesso, possono essere unitamente trattati esaminando i seguenti aspetti: la qualificazione giuridica della clausola negoziale contenente la condizione; il momento cui può dirsi spirato il termine per l’avveramento della condizione; gli effetti conseguenti al mancato avveramento della stessa e l’ascrivibilità o meno di tale circostanza alla parte promittente acquirente.

Innanzitutto, occorre evidenziare che la clausola contenuta nel contratto preliminare con cui le parti affermano che “l’atto di compravendita verrà stipulato a condizione che la parte promittente acquirente ottenga tutti i permessi, concessioni, autorizzazioni e nulla osta necessari alla realizzazione di un impianto di serre con tetti fotovoltaici” e “qualora ciò non avvenisse entro il 30.06.10 (termine poi prorogato di un anno), le parti espressamente concordano che non si procederà alla stipula dell’atto notarile di compravendita”, ha natura di condizione risolutiva del vincolo contrattuale ex art. 1353 c.c., in quanto le parti hanno subordinato la cessazione degli effetti del preliminare, e quindi dell’obbligo per le parti di prestare il proprio consenso alla stipula del definitivo, ad un evento futuro e incerto, l’autorizzazione amministrativa, a cui è stato apposto, nell’esercizio dell’autonomia privata dell’autonomia privata delle parti, un termine sotto il profilo dell’avveramento, delimitando l’intervallo temporale entro il quale il verificarsi della condizione conservava l’utilità economica a cui le parti aspiravano.

Tale termine non può qualificarsi come termine essenziale ex art. 1457 c.c. poiché quest’ultimo attiene alla mancata esecuzione della prestazione di una parte nell’arco temporale fissato nell’interesse esclusivo dell’altra parte, e non al mancato avveramento di un evento futuro e incerto entro il termine convenuto dalle parti, come nel caso di specie.

Sul punto la Suprema Corte si è espressa nei seguenti termini: “nei contratti a prestazioni corrispettive, requisito comune al termine essenziale e alla clausola risolutiva espressa deve ritenersi l’inadempimento imputabile ad una delle parti. Tale presupposto non si riscontra nella diversa ipotesi in cui l’effetto solutorio sia connesso al mancato ottenimento entro una determinata scadenza temporale di un provvedimento amministrativo per ragioni non ascrivibili al comportamento dei contraenti, dovendo tale evenienza essere riconducibile alla mancata verificazione di un evento futuro ed incerto e, conseguentemente, qualificarsi come condizione risolutiva negativa. (Nella specie è stata qualificata come condizione risolutiva negativa la previsione negoziale secondo la quale il compenso dovuto ad un professionista non sarebbe stato riconosciuto “ove le competenti autorità comunali per qualsivoglia motivo, purché non imputabile al committente, non dovessero rilasciare la concessione ovvero la stessa venisse rilasciata oltre il 30/9/1995″)” (cfr. Cass. civ. Sez. II Sent., 24-06-2008, n. 17181). Ancora, “la pattuizione, inserita in un preliminare di vendita immobiliare, che preveda la risoluzione ipso iure qualora il bene, che ne costituisce l’oggetto, non venga condonato sotto il profilo urbanistico entro una determinata data, per fatto non dipendente dalla volontà delle parti, deve qualificarsi come condizione risolutiva propria, piuttosto che come clausola risolutiva espressa, determinando l’effetto risolutivo di quel contratto, evidentemente consistente nella sua sopravvenuta inefficacia, in conseguenza dell’avverarsi di un evento estraneo alla volontà dei contraenti (sebbene specificamente dedotto pattiziamente) nonché dello spirare del termine, pure ritenuto nel loro interesse comune, e non quale sanzione del suo inadempimento” (cfr. Cass. civ. Sez. II Sent., 30-09-2013, n. 22310).

D’altronde è evidente che la condizione in esame ed il relativo termine, che è parte integrante della stessa, sono stati convenuti dalle parti al precipuo fine di non lasciare il vincolo dedotto nel preliminare in balia di eventuali lungaggini burocratiche, difatti poi verificatesi nel caso concreto. Tanto è vero che, anche con la successiva scrittura privata del 4.2.2011, integrativa del precedente contratto, le parti hanno differito il termine inizialmente previsto, entro cui avrebbe dovuto avverarsi la condizione, ma pur sempre in un arco di tempo circoscritto, cioè un anno, dimostrando così che, oltre tale termine, non poteva più considerarsi sussistente l’interesse al perfezionamento della compravendita. Inoltre, con il disposto degli artt. 5 e 6 della predetta scrittura, le parti ribadiscono che, nell’ipotesi in cui la Provincia di Perugia respinga la pratica ovvero non rilasci le relative autorizzazioni, entro il 30 giugno 2011 “tutti gli accordi sottoscritti si intendono privi di ogni effetto”.

È bene evidenziare, inoltre, che tale condizione può qualificarsi come “mista”, in quanto l’avveramento della medesima non dipende solo dal comportamento del terzo ma anche dal comportamento del promissario acquirente che si attivi nell’approntare la pratica amministrativa. Così la Suprema Corte in una fattispecie analoga: “ove le parti subordinino gli effetti di un contratto preliminare di compravendita immobiliare alla condizione che il promissario acquirente ottenga da un istituto bancario un mutuo per potere pagare in tutto o in parte il prezzo stabilito, tale condizione è qualificabile come “mista”, dipendendo la concessione del mutuo anche dal comportamento del promissario acquirente nell’approntare la pratica” (cfr. Cass. civ. Sez. II Sent., 11-09-2018, n. 22046).

Chiarita la qualificazione giuridica della clausola negoziale, alla luce di quanto esposto, è possibile affermare che la condizione avrebbe dovuto avverarsi entro il 30.06.2011, seppure l’ultimo deposito presso l’ente provinciale da parte della Società sia datato 19.07.2011, considerando che le parti hanno stabilito pattiziamente tale termine con l’ultimo accordo intervenuto in data 4.02.2011; termine che non risulta essere stato ulteriormente prorogato attraverso una nuova convenzione negoziale.

Tale interpretazione risulta confermata dalla scrittura del 17.10.2013, autenticata dal Notaio, nella quale le parti si danno reciprocamente atto del mancato avveramento della condizione (rilascio delle autorizzazioni) entro il 30.6.2011 e conseguentemente dell’intervenuta risoluzione del contratto preliminare alla data del 30.6.2011.

Considerando, quindi, il complessivo regolamento di interessi, come risultante da una lettura complessiva degli atti, è evidente che la Società non aveva interesse al mancato verificarsi della condizione, o che addirittura avesse un interesse esclusivo contrario, in quanto, in realtà, entrambe le parti avevano interesse all’avveramento della condizione avente natura di condizione “mista”, come già sopra specificato, per cui l’art. 1359 c.c. diviene inapplicabile (cfr. Cass. civ. Sez. VI – 2 Ord., 04-11-2021, n. 31728).

Ciò premesso, il mancato rilascio dell’autorizzazione alla realizzazione dell’impianto fotovoltaico comporta le conseguenze previste in contratto, ed in particolare previste dall’art. 5 della scrittura del 4.2.2011, e dunque la restituzione della somma di Euro 40.000,00 da parte del (…) in favore della Società (…) srl, senza corresponsione di interessi, non essendosi verificate, come invece prospettato da parte appellante, le condizioni di cui all’art. 4 della scrittura medesima, le quali legittimavano il (…) a trattenere la somma, né sussistendo i presupposti applicativi di cui all’art. 1359 c.c..

Per quanto riguarda, invece, la richiesta risarcitoria in relazione ai comportamenti asseritamente contrari al canone della buona fede e correttezza, tenuti dalla Società a danno del (…), trattasi di domanda nuova e pertanto inammissibile.

In merito alla richiesta in via istruttoria, questa è da reputarsi irrilevante in quanto la documentazione in atti risulta sufficiente ai fini del decidere.

Ne consegue che i motivi di appello proposti da (…) sono infondati e devono essere rigettati, con integrale conferma della sentenza n. 279/2020 emessa dal Tribunale di Spoleto.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Respinta ogni diversa domanda, istanza ed eccezione, così decide:

rigetta l’appello proposto da (…) e, per l’effetto, conferma la sentenza del Tribunale di Spoleto n. 279 emessa in data 08.04.2020

condanna (…) al pagamento delle spese di lite, che vengono liquidate in Euro 6.000,00, oltre spese generali in ragione del 15%, IVA e CPA come per legge.

Sussistono i presupposti per il pagamento a carico dell’appellante del doppio del contributo unificato.

Così deciso in Perugia il 6 settembre 2022.

Depositata in Cancelleria il 22 settembre 2022.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.