nel testamento olografo l’omessa o incompleta indicazione della data ne comporta l’annullabilità, mentre l’apposizione di questa a opera di terzi, se effettuata durante il confezionamento del documento, lo rende non annullabile ma nullo per difetto di complessiva autografia, la quale va esclusa ogni qual volta un terzo abbia scritto una sola parola durante la confezione del negozio mortis causa, senza che neppure assuma rilievo, peraltro, l’importanza sostanziale della parte eterografa ai fini della nullità dell’intero testamento in forza del principio “utile per inutile non vitiatur”; la validità del testamento olografo esige, infatti, l’autografia non solo della sottoscrizione, ma anche della data e del testo del documento, e, pertanto, deve essere esclusa quando tale data o testo risultino in tutto od in parte opera pure di altra persona. Soltanto ove sia accertato in fatto che l’alterazione di un testamento olografo da parte di terzi sia avvenuta dopo l’integrale redazione di esso da parte del testatore, il negozio conserva il suo valore, sempre che la stessa alterazione non sia tale da impedire l’individuazione dell’originaria, genuina volontà che il testatore abbia inteso manifestare nella relativa scheda.

Tribunale|Pavia|Sezione 3|Civile|Sentenza|17 marzo 2023| n. 392

Data udienza 23 marzo 2023

TRIBUNALE ORDINARIO DI PAVIA

III Sezione Civile

Il Tribunale in composizione collegiale, nelle persone dei seguenti Magistrati:

dott.ssa Simona Caterbi – Presidente

dott. Luciano Arcudi – Giudice

dott. Giacomo Rocchetti – Giudice relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. R.G. …/2019 promossa da:

F.B. (C.F: (…)), rappresentata e difesa dall’Avv. M.C. del foro di Pavia;

ATTORE

contro

PARROCCHIA DEI SANTI PIETRO E PAOLO APOSTOLI (C.F: (…)), in persona del parroco p.t., rappresentata e difesa, giusta delega in calce e previa autorizzazione alla lite dell’Ordine Diocesano di Vigevano, dall’Avv. …del foro di Pavia;

CONVENUTA

e con la chiamata di

L.F.D. (C.F: (…)), in persona del presidente p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. …del foro di Ancona;

C.V.P. (C.F: (…)), in persona del presidente dell’associazione p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. …del foro di Pavia;

AZIENDA S.M.V. (C.F: (…)), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. …del foro di Milano;

N.G. (C.F: (…)) e R.P. (C.F: (…)), entrambi rappresentati e difesi dall’Avv. …del foro di Pavia;

P.C.G. (C.F: (…)), rappresentato e difeso dall’Avv. …del foro di Pavia;

TERZI CHIAMATI

nonché di

L.A. (C.F: (…));

G.Z.;

S.B.;

E.B. (C.F: (…)), in qualità di erede di I.I.M. (C.F: (…));

G.P. (C.F: (…)) e G.G. (C.F: (…)), la prima anche in proprio e nella qualità di eredi di A.G. (C.F: (…));

A.S.C. (C.F: (…));

FONDAZIONE C. DI V. (C.F: (…));

C.R.I. (C.F: (…));

C.R.I. (C.F: (…));

COMUNE DI CILAVEGNA (C.F/P.I.: (…));

TERZI CONTUMACI

Oggetto: impugnazione di testamento;

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con atto di citazione ritualmente notificato, F.B., nella premessa di essere stata menzionata da L.F. (C.F: (…)), deceduta a Vigevano (PV) il 1.07.2018, vedova e con figlio premorto, nella lista dei beneficiati di legati testamentari con testamento olografo del 16.03.2015 e pubblicato per notaio dott. L.L. in data (…) (rep. n. (…), racc. n. (…)), ha evocato in giudizio, dinanzi all’intestato Tribunale, la Parrocchia di Cilavegna Santi Pietro e Paolo Apostoli in persona del parroco p.t. don G.V., al fine di sentire accertare l’inesistenza e/o la nullità e/o l’annullabilità della successiva scheda testamentaria, datata 13.04.2015, deducendo il difetto di autografia dell’intera scrittura e, in ogni caso, l’apocrifia per manipolazione del documento e delle ultime volontà in esso espresse, in quanto non riconducibili alle reali volontà della de cuius.

A fondamento della domanda, l’attrice ha esposto:

– che in data 16.03.2015 la de cuius aveva scritto e sottoscritto – servendosi dell’assistenza e consulenza del notaio dott. L. di V. – l’atto di ultime volontà (doc. 1), dal seguente tenore letterale:

“Testamento olografo

Io sottoscritta L.F. nata a C. – F. il (…) residente a V. in via V. 28 in pieno possesso nelle mie facoltà fisiche e mentali previa revoca in ogni altra disposizione testamentaria così dispongo nelle mie sostanze per il tempo in cui avrò cessato di vivere.

Nomino erede mia sorella L.A. nata a C. il (…) residente a M. in Via C. n. 7 e dalla stessa che non vedo e non sento da anni lascio la polizza Euzon Vita Valore Garanzia e la polizza Base Sicura, depositate presso la B.I.S. SPA Filiale V. Corso V. E. II n 5 emesse dalla C.I.S.V. ammontanti ad oggi complessivamente a circa Euro 781.000,00 (Settecentoottantunmila,00) /

In caso di premorienza di mia sorella A. nomino erede il di lei il figlio é mio nipote B.M. nato a C. il (…), residente con mia sorella. L.

alla casa di riposo C.S.C. l’importo di Euro 200.000,00 (duecentomila,00) Con l’onere di provvedere ad ogni esigenza di mia sorella L.F. ricoverata presso detta struttura / L. alla C. di V. corso T. n. 36/B, la somma di Euro 200.000,00 (duecentomila,00) con l’onere di destinarli ai propri scopi di C. e di solidarietà – L.

alla C.R.I. la somma di Euro 100.000,00 (centomila,00) con l’onero di acquistare un’ambulanza dedicata al mio adorato figlio premorto G.O.Z. – L.

alla C.A. di V. la somma di Euro 100.000,00 (centomila,00) con l’onere di acquistare l’una Ambulanza da dedicare a mio figlio G.O.Z. / L. alla C.R.C. la somma di Euro 100.000,00 (centomila,00) con l’onere di acquistare un’ambulanza da dedicare a mio figlio G.O.Z./L.

al Signor N.G. residente a V. in Via C. n. 26/D la somma di Euro 400.000,00 (quattrocentomila,00) per ringraziarlo di tutto quello che ha fatto per me1Lego alla mia amica signora Z.G. residente a V. in Via P. n 47 la somma di Euro 25.000 (venticinquemila,00) L. alla mia amica F.M. residente a V. in Viale M. n. 54 la somma di Euro 15.000,00 (quindicimila). L.

alla mia amica F.B. residente a V. in Via A. n. 7 la somma di EURO 150.000,00 (centocinquantamila) e la proprietà di 2 loculi nel cimitero di Cilavegna nella cappella dedicata ad O.Z.G. / L.

al signor B.S. a V. in Via A. n. 6, amico di famiglia, la somma di Euro 6.000,00 (seimila,00). L.

alla mia amica R.P. residente a V. in Via C. n 14 la somma di EURO 50.000,00 (cinquantamila,00). L.

al comune di Cilavegna i miei terreni pari complessivamente a 53 pertiche, situati in agro di Gravellona, Borgo Lavezzaro, di Cilavegna, con l’onero di provvedere alla pulizia ed alla manutenzione del giardinetto e della mia cappella presso il cimitero, dedicato a G.O.Z. – L.

ai miei amici e vicini di casa G.A. e G. residenti a C. in Via D. n. 120, la mia abitazione posta in C. in Via D. n. 118- L.

alla casa di riposo “D.R. tutta la mia proprietà di V. in Via V. n. 28 con l’onere di provvedere ad istituire un ricovero per anziani o, in alternativa, un asilo per bambini o una casa di cura per i poveri, il tutto da dedicare alla memoria del mio caro figlio G.O.Z. il cui nome deve apparire sulla facciata/ L.

la mia proprietà posta in V. in corso T. n. 93, rappresentata da un capannone, uffici, cantinati, un appartamento, giardino e garage all’ospedale Civile del Comune di Vigevano, con l’onere di destinarla ai propri scopi istituzionali dedicandola alla memoria di mio figlio, e/o di venderla e di destinare il ricavato all’acquisto di macchinari ed attrezzature per la cura dei malati / L.

alla chiesa e al convento dei frati C., posti in V. in corso G. n. 38 la somma di Euro 30.000,00 (trentamila,00) da destinare alle loro opere di carità- N. esecutore testamentario delle mie Volontà il Dottore G.P., domiciliato in V. in piazza V.V. n. 5, ed allo stesso lego la somma di Euro 20.000,00 (ventimila,00) per far fronte alle spese del suo ufficio, ed in subordine, nel caso in cui il Dott. G.P. non possa o non voglia accettare l’incarico, nomino esecutore la Dottoressa B.L. domiciliata in V. in Via D. P. n. 34-

Quello che rimarrà sui i miei conti correnti e sui i depositi al momento della mia morte, non distribuito col presente testamento dispongo che venga (distribuito) che venga dato in legato all’associazione della lega del F.D. con sede in Osimo (ancona) per la cura dell’assistenza dei bambini Andicappati Questo sono le mie ultime Volontà che desidero siano accettate e rispettate. V. 16 marzo 2015 L.F.”;

– che sino al momento del decesso, la de cuius aveva più volte parlato o fatto riferimento a tale testamento e al suo contenuto agli amici, parenti, conoscenti, comportandosi nei fatti come se fosse stato l’unico redatto;

– che nell’anno 2018, pochi mesi prima di morire, accompagnata dall’amministratore di sostegno dott. F.L., la de cuius chiese al notaio dott. L. di ricevere nuova lettura del testamento redatto il 16.03.2015 e che, al termine della lettura, la stessa dichiarava di confermare le disposizioni in esso contenute e di non intendere apportare alcuna modifica;

– che dopo la pubblicazione del primo testamento, su richiesta del parroco della Parrocchia di Cilavegna, veniva pubblicato un secondo testamento, apparentemente olografo, datato 13.04.2015, dal seguente tenore letterale:

“13 aprile 2015

I.L.F.R.

Lascio tutto alla parrocchiale chiesa di Cilavegna In Fede L.F.R.”;

– che mai sino ad allora era stata fatta menzione, esplicita o implicita, dell’esistenza di un secondo testamento;

– che tale “testamento successivo” è un falso, in quanto:

I) la grafia impressa nel documento (data, corpo e sottoscrizione) non sarebbe riconducibile alla mano della de cuius, come accertato nella perizia grafologica dalla dott.ssa R.T. (doc. 5);

II) la de cuius non aveva avuto, in vita, alcun rapporto o legame con l’ente parrocchiale;

III) nella scheda impugnata mancherebbe, inoltre, qualsiasi riferimento o disposizione in ricordo del figlio premorto, G.O.Z., elemento al contrario fortemente caratterizzante il primo genuino atto di ultime volontà;

IV) la scheda impugnata ha un oggetto generico e presenta manipolazioni, essendo evidente l’aggiunta a posteriori dell’aggettivo “parrocchiale”, con penna di colore diverso, che non identifica neppure univocamente a quale chiesa si faccia riferimento;

V) il misterioso ritrovamento del secondo testamento (nella cassetta postale della Parrocchia e/o consegnato da uno sconosciuto, poi identificato nel sig. V.Z.) è divenuta notizia di interesse pubblico a livello locale, ma agli organi di stampa il parroco di Cilavegna avrebbe fornito diverse versioni, nessuna convincente.

Con comparsa di risposta del 1.08.2019, la Parrocchia dei Santi Pietro e Paolo Apostoli di Cilavegna si è tempestivamente costituita, premettendo:

– di essere stata nominata erede universale di L.F.D. e R.P. (comp. cost. 31.03.2020) e l’Azienda S.M.V. per la R.s.a. Istituto “D.R.” (comp. cost. del 27.07.2020), tutti beneficiati dai lasciti della de cuius nel primo testamento, in qualità di legatari, e tutti interessati a sentire accogliere la domanda attorea, sulla base degli stessi motivi, reiterando le medesime conclusioni.

Sciogliendo la riserva assunta all’udienza del 16.09.2020, respinta l’eccezione processuale ex art. 307 c.p.c. sollevata dalla parte convenuta, è stata disposta l’integrazione delle certificazioni attestanti l’assenza di ulteriori eredi legittimi e ordinato il rinnovo di due notifiche (vs. E.B. e vs. G.G.) perfezionatesi oltre i termini ex art. 163 bis c.p.c.

Nessuna delle altre parti chiamate a partecipare al processo, nelle qualità derivanti dal primo testamento di chiamato all’eredità di L.F.R. (L.A.) e di legatari (Rsa C.S., C.D. di V., C.R.V., C.R.C., G.Z., S.B., Comune di Cilavegna, Ospedale civile di Vigevano, Chiesa e Convento dei Frati Cappuccini di Vigevano), si è costituita in giudizio.

La causa è successivamente pervenuta sul ruolo del G.I. dott. R., quale nuovo componente della sezione a far data dal 18.11.2020.

Quindi, superata l’iniziale incertezza in ordine alla posizione della chiamata E.B., quale erede della legataria identificata in “I.I.M.” anziché in “F.M.”, per mero errore materiale del verbale di pubblicazione del testamento (ord. 17.12.2020), e verificata l’integrità del contraddittorio (ud. 5.05.2021), la causa è stata istruita attraverso le prove orali e quelle documentali ritualmente prodotte, a valere quali scritture di sicura comparazione con il testamento impugnato, esaminate a mezzo di una CTU grafologica e psicoforense (ord. 16.09.2021).

Nelle more, con comparsa di risposta del 15.09.2021, si è costituito P.C.G., nominato dalla de cuius esecutore del primo testamento, al solo fine di conoscere la decisione, senza svolgere domande e senza prendere posizione alcuna sulle questioni oggetto di causa.

Esaurita l’istruttoria con l’esame della CTU e delle relative osservazioni (ud. 7.07.2022), la causa è stata chiamata per la precisazione delle conclusioni all’udienza “figurata” del 3.11.2022 e, all’esito, rimessa al collegio per la decisione con la concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e memorie di replica.

Con note di trattazione scritta e/o fogli di p.c., depositati telematicamente, le parti hanno precisato le seguenti conclusioni:

– per l’attrice: “contrariis reiectis, previe le occorrende declaratorie juris et facti, così giudicare: nel merito

1) accertare e dichiarare l’inesistenza e/o nullità e/o l’invalidità e/o l’inefficacia e/o l’annullamento della scheda testamentaria olografa datata 13/4/2015, apparentemente redatta dalla sig.ra L.F.R., pubblicata in data 12/11/2018 con atto dott. G.P., notaio in M. (n. (…) rep. – (…) racc.), per difetto di autografia e/o data autografa e/o sottoscrizione autografa ed in ogni caso per manipolazione e falsificazione del documento impugnato in ordine alla scheda testamentaria e/o in ordine alle volontà in essa espresse; in via istruttoria

2) ammettersi CTU grafologica finalizzata ad accertare, attraverso gli originali delle schede testamentarie ed il loro raffronto con le scritture di comparazione, ed in ogni caso attraverso ogni ulteriore ed opportuno accertamento, che la seconda scheda testamentaria non è stata confezionata in ogni sua parte, né sottoscritta dalla sig.ra L.F.R. e che comunque la scheda testamentaria impugnata è stata oggetto di manipolazione e falsificazione in ordine alla grafia e/o in ordine alle volontà in essa espresse;

3) con ogni più ampia riserva istruttoria e probatoria; 4) con vittoria di spese e compensi di causa.”;

– per la convenuta: “voglia l’On.le Tribunale di Pavia, contrariis reiectis: IN VIA PREGIUDIZIALE DI RITO: – accertato che l’attrice non ha correttamente integrato il contraddittorio, nel termine perentorio indicato dal Giudice, nei confronti di tutti i litisconsorti necessari, ossia gli eredi ex lege di F.R.L., nonché gli eredi e i legatari, tutti istituiti dalla de cuius con il testamento olografo del 16.3.2015, pubblicato a ministero del notaio L. in data (…), Rep. n. (…), Racc. n. (…), segnatamente: – A.A.S., con sede legale in V.le Repubblica n. 34, Pavia; – Provincia di Alessandria dei F.M.C., con sede legale in Via S. F. d’A. n. 13, A.; – Ente C.R.I., Comitato di Mortara, con sede legale in V.le C. n. 22, M.; – Diocesi di Vigevano, con sede legale in P.zza Sant’Ambrogio n. 12, Vigevano; dichiarare per l’effetto l’estinzione del processo ai sensi dell’art. 307 c.p.c. III e IV comma c.p.c., in relazione all’art. 102 c.p.c.; NEL MERITO IN VIA PRINCIPALE: – respingere le domande dell’attrice in quanto infondate in fatto ed in diritto per le causali di cui in narrativa; – con vittoria di spese e compensi di causa, oltre IVA, CPA e 15% spese forfettarie, e dell’esperita CTU.”;

– per L.F.D.oro Onlus: “Piaccia al Tribunale Ecc.mo adito, ogni contraria richiesta, anche istruttoria, rigettata, accertare e dichiarare la nullità e/o l’annullabilità e/o l’inefficacia e/o l’inesistenza della scheda testamentaria olografa datata 13.4.2015, apparentemente redatta dalla Sig.ra L.F.R., pubblicata in data 12.11.2018, a seguito di manipolazione e/o falsificazione e difetto di autografia, data e firma della predetta, genericità e mancata rispondenza alle effettive volontà della de cuius. Piaccia altresì, confermare, per converso, la validità del precedente testamento olografo 16.3.2015 a firma della Sig.ra L.F., pubblicato il 18.7.2018, e relative statuizioni, con tutte le conseguenze di legge e rito. Con vittoria di spese e compensi.”;

– per N.G. e R.P.: “contrariis reiectis, previa ogni occorrenda statuizione di rito e di legge, così giudicare: 1) accertare e dichiarare la nullità e/o l’annullabilità e/o l’inefficacia e/o l’inesistenza della scheda testamentaria olografa datata 13/4/2015, apparentemente redatta dalla Sig.ra L.F.R., pubblicata in data 12/11/2018, a seguito di manipolazione e/o falsificazione e difetto di autografia, data e firma della predetta, genericità e mancata rispondenza alle effettive volontà della de cuius; 2) ammettersi CTU tesa alla verifica delle eccezioni tutte mosse all’atto impugnato, previa emissione di un ordine di esibizione a tutti gli enti e soggetti depositari di scritti e documenti firmati dalla de cuius F.L.; 3) con ogni riserva istruttoria e probatoria; 4) spese e compensi rifusi.”;

– per P.C.G.: “Nulla per le spese giudiziarie, non avendo e non intendendo prendere posizione sulle questioni oggetto di causa.”;

– per Corpo volontari P.S. Cuore Vigevanese Croce Azzurra: “Voglia l’Ill.mo Giudice adito, ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa, così giudicare: nel merito, accertare e dichiarare l’inesistenza e/o nullità e/o l’invalidità e/o l’inefficacia e/o l’annullamento della scheda testamentari olografa datata 13.04.2015, apparentemente redatta dalla sig.ra L.F.R., pubblicata in data 12.11.2018 con atto dott. G.P., notaio in M. n. (…) rep. – (…) racc. per difetto di autografia e/o data autografa e/o sottoscrizione autografa ed in ogni caso per manipolazione e falsificazione del documento impugnato in ordine alla scheda testamentaria e/o in ordine alle volontà in essa espresse. Con vittoria di spese e compenso professionale ex D.M. n. 55 del 2014, oltre rimborso forfetario e C.P.A. come per legge.”;

– per A.S.M. Vigevano Rsa Istituto de Rodolfi: “Voglia l’Ill.mo Giudice adito, rigettata ogni contraria domanda, eccezione, deduzione e istanza, e previa ogni più opportuna declaratoria del caso: nel merito:

– accertare la non autenticità e/o l’alterazione e/o comunque l’assenza dei requisiti di legge del testamento olografo della signora F.R.L. datato 13 aprile 2015 e pubblicato il 12 novembre 2018 con atto per Notaio G.P. al N. (…) Rep. e al N. (…) Racc. e quindi accertare e dichiarare la inesistenza e/o nullità e/o invalidità e/o inefficacia dello stesso; – rigettare tutte le domande della Parrocchia dei Santi Pietro e Paolo Apostoli in Cilavegna, in quanto infondate in fatto e in diritto per tutte le ragioni illustrate in atti e nel corso del presente giudizio;

In via istruttoria, – ammettersi prova testimoniale sui seguenti capitoli di prova, chiamando quali testi il Notaio L.L. (sui capitoli sotto riportati da n. 1 a n. 6 e da n. 11 a n. 15) e il Notaio F.L. (sui capitoli sotto riportati da n. 7 a n. 10):

1. “vero che tra fine dicembre 2014 e gennaio 2015 la signora F.L. si rivolgeva al mio studio dicendomi che desiderava ricevere la mia assistenza e consulenza professionale ai fini della redazione delle sue ultime volontà?”;

2. “vero che tra il gennaio e il marzo 2015 mi recavo presso l’abitazione della signora F.L. in V. al fine di fornirle la consulenza richiesta?”;

3. “vero che negli incontri organizzati presso l’abitazione della signora F.L., quest’ultima mi riferiva le sue ultime volontà che intendeva porre per iscritto?”;

4. “vero che in detti incontri le indicavo quale fosse la terminologia tecnico giuridica corretta da impiegare ai fini della redazione del testamento, le indicavo quali fossero gli elementi essenziali per redigere un testamento valido ed efficace e le consigliavo di nominare un esecutore testamentario?”;

5. “vero che al termine della redazione del testamento di cui al doc. 14 che mi viene mostrato, la signora F.L. mi chiedeva che tali sue ultime volontà venissero custodite nel mio studio di V. e che io accettavo?”;

6. “vero che al termine della consulenza richiesta, emettevo fattura nei confronti della signora F.L. e che la stessa veniva debitamente saldata?”;

7. “vero che nel febbraio/marzo del 2018 ero amministratore di sostegno della signora F.L.?”;

8. “vero che nel febbraio/marzo del 2018 la signora F.L. mi chiedeva di organizzare un incontro con il Notaio L.L. di V. perché voleva ricevere lettura del suo testamento olografo del 16 marzo 2015 depositato presso lo studio del Notaio L.L.?”;

9. “vero che nel febbraio/marzo del 2018, su richiesta della signora F.L., telefonavo al Notaio L.L. e fissavo con quest’ultimo un incontro presso l’abitazione della signora F.R.L.?”;

10. “vero che nel febbraio/marzo del 2018 il Notaio L.L. si presentava nell’abitazione della signora F.L., nella quale ero anch’io presente?”;

11. “vero che nel febbraio/marzo 2018 il Dott. F.L., per conto della signora F.L., della quale era amministratore di sostegno, mi telefonava e mi chiedeva di fissare un appuntamento presso l’abitazione della signora F.L. perché la stessa voleva che le fosse data una lettura del suo testamento olografo del 16 marzo 2015 che custodivo nel mio studio?”;

12. “vero che l’incontro di cui al capitolo che precede si teneva nel febbraio/marzo 2018 presso l’abitazione della signora F.L. in V.?”;

13. “vero che all’incontro di cui al capitolo 11, leggevo alla signora F.R.L. il testamento dalla stessa redatto e datato 16 marzo 2015 di cui al doc. 14 che mi viene mostrato?”; 1

4. “vero che a seguito di detta lettura la signora F.L. confermava integralmente le sue ultime volontà come scritte nel testamento olografo e dichiarava di voler mantenere inalterato il testo?”;

15. “vero che in seguito all’incontro di cui al capitolo 11, emettevo nei confronti della signora F.L. la fattura n. (…) del 05/03/2018 che mi viene mostrata (doc. 15) e che mi veniva debitamente pagata?”. – disporsi consulenza tecnica d’ufficio volta ad accertare la non autenticità e/o l’alterazione del testamento olografo della signora F.L. del 13 aprile 2015, pubblicato il 12 novembre 2018 con atto per Notaio G.P. al N. (…) Rep. e al N. (…) Racc., mediante il suo raffronto con il testamento del 16 marzo 2015 redatto dalla stessa de cuius e con le ulteriori scritture di comparazione prodotte nel presente giudizio o di cui sia richiesta e disposta l’esibizione ex art. 210 c.p.c., nonché attraverso tutti gli ulteriori accertamenti che si rendessero necessari, all’occorrenza anche rivolgendosi ad un laboratorio specializzato;

– disporsi, per le ragioni esposte nel corso del processo, l’integrazione o la rinnovazione della CTU svolta nel presente giudizio limitatamente alla seconda parte del quesito, sempre che non si ritengano decisive ai fini del giudizio le difformità riscontrate dalla CTU in risposta alla prima parte del quesito relativamente alla riconducibilità della grafia alla mano della de cuius; – si chiede il rigetto di tutte le richieste istruttorie proposte dalla Parrocchia di Cilavegna in quanto inammissibili e/o irrilevanti per i motivi già illustrati nel corso del processo. In ogni caso, con vittoria di spese e competenze di giudizio.”.

Ragioni giuridiche della decisione

1. Occorre preliminarmente affrontare le eccezioni di carattere processuale sollevate dalla difesa di parte convenuta che, nel corso del processo, ha lamentato la sussistenza di plurimi vizi così riassumibili:

1. mancata declaratoria di contumacia dei convenuti non costituiti, ai sensi dell’art. 291 c.p.c.;

2. mancata integrazione del contraddittorio, entro il termine perentorio indicato dal Tribunale, nei confronti di tutte le parti chiamate a partecipare al giudizio in qualità di litisconsorti necessari, non identificati dall’attrice (mancando il codice fiscale) e/o non correttamente evocati in giudizio presso la sede dell’ente/persona giuridica che ha la capacità processuale e ne assume la legale rappresentanza in giudizio (i.e. A.P. in luogo di “Ospedale Civile del Comune di Vigevano”, della Diocesi di Vigevano in luogo di “C.D. di V.”, dell’Ente C.R.I. Comitato di Mortara e di C. in luogo di “C.R.I. di M. e di C.” e della Provincia di A. Comitato di Mortara e di Cilavegna in luogo di “Croce Rossa Italiana di Mortara e di Cilavegna” e della Provincia di Alessandria dei F.M.C. in luogo di “Chiesa e Convento dei Frati Cappuccini di Vigevano”), con conseguente:

– nullità delle notifiche, eseguite in violazione dell’art. 145 c.p.c.;

– estinzione del giudizio, ai sensi dell’art. 307, co. 3 e 4 c.p.c.;

3. mancato esperimento della mediazione obbligatoria nei confronti dei litisconsorti necessari e conseguente improcedibilità della domanda, ai sensi dell’art. 5, co. 1 bis D.Lgs. n. 28 del 2010.

Tale enumerazione rispecchia l’ordine delle questioni affrontate dalla convenuta negli scritti difensivi conclusionali e memoria di replica. Tuttavia, in vista del fine che la parte eccipiente intende sostenere (pronuncia in rito di estinzione per difetto del contraddittorio e/o inottemperanza all’ordine di integrazione del contraddittorio e/o improcedibilità della domanda) appare logicamente preliminare affrontare la questione relativa alla necessità, o meno, dell’integrazione del contraddittorio nei confronti delle parti suindicate, quanto meno per quelle non costituite in giudizio.

Infatti, per le parti tempestivamente chiamate a partecipare e costituitesi in posizione adesiva alla domanda attorea, ogni eventuale (o residua) eccezione di nullità sarebbe sanata per acquiescenza, ai sensi dell’art. 157, comma 3 c.p.c.

1.1 Come noto, la soluzione quanto alla necessità, o meno, di integrare il contraddittorio al fine di evitare il configurarsi di una violazione del litisconsorzio necessario ex art. 102 c.p.c., va desunta dal contenuto della domanda proposta dall’attore e non può farsi dipendere dalle mere difese o eccezioni opposte dalla parte convenuta e finanche dalla soluzione di merito che il giudice ritenga di dover dare alla controversia (cfr. Cass. n. 21925/2015 in motiv; conf. Cass. n. 13435/2010; Cass. n. 3647/2004; Cass. n. 16939/2003).

È difatti principio di diritto consolidato quello per cui l’esercizio, da parte del giudice, del potere-dovere di ordinare, anche d’ufficio, l’integrazione del contraddittorio, postulando il positivo esito della preliminare indagine circa la ricorrenza dei presupposti che rendono necessaria l’integrazione stessa, comporta che siffatta indagine debba essere svolta con esclusivo riguardo al rapporto quale affermato dall’attore e, pertanto, a prescindere dalla sua reale configurazione giuridica, posto che, iscrivendosi la figura del litisconsorzio nel quadro della legittimatio ad causam, soltanto alla domanda è legittimo fare riferimento per la individuazione dei soggetti coinvolti e per accertare, di conseguenza, la regolarità del contraddittorio (cfr. Cass. n. 4051/2002).

Si deduce che avuto riguardo alla proposizione di una domanda di accertamento negativo di un testamento olografo, recante data successiva, con il quale la de cuius avrebbe nominato erede universale l’ente parrocchiale del Comune di Cilavegna, sarebbe imposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i soggetti indicati nel testamento olografo di data anteriore, siano essi eredi o legatari, ancorché tale negozio mortis causa non sia stato – pacificamente – fatto oggetto di contestazione alcuna, né di autonoma impugnazione, in via riconvenzionale, da parte del convenuto.

Rispetto a tale situazione sono evidentemente inconferenti i tradizionali principi della giurisprudenza di legittimità – richiamati dalla convenuta nel primo atto difensivo – secondo cui “nelle cause aventi ad oggetto l’impugnazione di un testamento sono parti necessarie, oltre agli eredi istituiti dal “de cuius”, anche tutte le persone che gli succederebbero per legge, in seguito alla caducazione dell’atto di ultima volontà, stante l’unitarietà del rapporto dedotto in giudizio, il quale non potrebbe rimanere regolato, in caso di accoglimento della domanda, dal testamento per alcuni e dalla legge per altri” (cfr. tra le tante, Cass. n. 8575/2019; Cass. n. 4452/2016; Cass. n. 474/2010; Cass. n. 8728/2005; Cass. n. 2671/2001). Ciò in quanto tale principio è dettato per un’ipotesi diversa da quella di cui si discorre.

Nel caso di specie, infatti, ove il testamento impugnato che si assume “posteriore” fosse dichiarato radicalmente nullo (rectius: inesistente) o comunque riconosciuto invalido (nullo o annullabile) per difetto di autografia, la successione mortis causa di F.R.L. rimarrebbe regolata dalle disposizioni contenute nel testamento olografo del 16.03.2015 – della cui validità non si discute – evitando del tutto l’apertura della sua successione legittima.

Non può essere trascurato, ad ogni modo, che in sede di prima udienza (ud. 27.11.2019), il giudice istruttore originariamente designato alla trattazione del fascicolo, richiamandosi al noto principio di legittimità, ritenendone sussistenti i presupposti, abbia effettivamente adottato un ordine di integrazione del contraddittorio verso gli “eredi e legatari” contemplati nella prima scheda testamentaria, identificandoli quali “parti necessarie” dell’odierno giudizio. Purtuttavia, altrettanto evidente è la svista in cui si è incorsi allorquando, sciogliendo la riserva assunta alla prima udienza successiva all’ordine di integrazione del contraddittorio del 16.09.2020, si è fatto richiamo al primo testamento come quello “oggetto di impugnazione”.

Per il vero, non è mai stata messa in discussione la validità del primo testamento olografo del 16.03.2015, certamente riconducibile alla de cuius, sicché, in difetto di altre ragioni per le quali si assume “inutiliter data” la sentenza eventualmente pronunciata in assenza di tutti i soggetti indicati nel testamento olografo non oggetto di impugnazione, il Collegio non potrebbe mai pervenire ad una dichiarazione di estinzione del processo per la mancata integrazione del contraddittorio nel termine perentorio fissato dal g.i., in quanto, a tali effetti, non è sufficiente che vi sia stato un ordine di integrazione ma occorre che di tale ordine ricorrano i presupposti di legge e che esso non sia revocato per loro difetto (cfr. Cass. n. 23403/2008).

Sul punto è appena il caso di ricordare che laddove la non integrità del contraddittorio non possa essere rilevata direttamente dagli atti o in base alle prospettazioni delle parti e venga eccepita da una di esse, spetta alla parte che la deduce l’onere non solo di indicare le persone dei litisconsorti asseritamene pretermessi, ma anche di provare i presupposti di fatto e di diritto che giustificano l’invocata integrazione e, cioè, i titoli in base ai quali i soggetti pretermessi assumono la veste di litisconsorti necessari (cfr. Cass., Sez. Un., n. 15289/2001; conf. Cass. n. 5880/2006; Cass. n. 6822/2013; Cass. n. 11318/2018).

Ebbene, ritiene il Collegio che la convenuta non abbia portato argomenti convincenti per disporre in tal senso.

Oltre al fatto che non è stata avanzata alcuna domanda riconvenzionale volta ad impugnare il negozio mortis causa da cui dipendono i diritti dei soggetti nominati erede o beneficiati a titolo di legato dalla testatrice, nessuna specifica domanda sulla validità (o meno) della revoca delle precedenti disposizioni è stata svolta, né la stessa è rinvenibile tra gli elementi costitutivi della domanda attorea.

La questione è semmai trattata incidentalmente negli atti difensivi, ma non verrebbe logicamente nemmeno a porsi dinanzi al petitum e alla causa petendi della domanda attorea, diretta a sentire accertare e dichiarare l’inesistenza e/o l’invalidità della scheda pubblicata come testamento olografo posteriore per difetto di autografia di tutto o parte del documento (i.e. nella data e/o nella sottoscrizione) o altrimenti (in via alternativa) per manipolazione e/o alterazione dello scritto di ultime volontà da parte di terzi.

Ne consegue che, a parere del Tribunale, quantomeno tra i soggetti beneficati a titolo di legato, non ricorra affatto un’ipotesi di litisconsorzio necessario, bensì facoltativo, in quanto l’accertamento giudiziale domandato dall’attrice, nei limiti di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, non tende alla costituzione o modifica di un rapporto plurisoggettivo unico tale per cui sarebbe necessaria la loro partecipazione al giudizio, essendo il legato (e la qualità di legatario) limitato al singolo bene oggetto di disposizione.

Ulteriori considerazioni che lasciano desumere l’inesistenza di un litisconsorzio necessario tra legittimari ed erede(i) universale(i) possono trarsi proprio dal tema della revocazione delle disposizioni testamentarie.

Senza voler entrare nel merito, al solo fine di trarre spunti in ordine all’eccepito difetto di integrazione del contraddittorio, è opinione del Collegio che l’ulteriore affermazione di parte convenuta circa l’effetto revocatorio integrale (o “sostitutivo”) delle precedenti disposizioni ad opera della scheda testamentaria impugnata, per il sol fatto di recare una data posteriore, oltre a non essere condivisibile, non è un argomento capace di porre i legatari nella posizione di litisconsorti necessari, ai sensi e per gli effetti dell’art. 102 c.p.c.

Da una mera comparazione delle due schede si evince “ictu oculi” che, ove fossero entrambe valide, le stesse risulterebbero parzialmente compatibili (o solo parzialmente incompatibili), in quanto la revocazione (implicita) delle “precedenti disposizioni” riguarderebbe soltanto la nomina ad erede universale di L.A. e non anche i legati, i quali non sarebbero in astratto toccati dall’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario da parte della convenuta.

Come è noto, a norma dell’art. 588 c.c., sono attributive della qualità di erede le disposizioni testamentarie, qualunque sia l’espressione o la denominazione usata dal testatore, che comprendono l’universalità dei beni o una parte di essi considerati come quota astratta dell’asse ereditario (come la volontà di “lasciare tutto a…” e altre espressioni simili), mentre ogni altra disposizione inerente il bene singolarmente individuato è a titolo particolare ed attribuisce la qualità di legatario.

Se si guarda al disposto normativo dell’art. 682 c.c., ai sensi del quale “il testamento posteriore, che non revoca in modo espresso i precedenti, annulla in questi soltanto le disposizioni che sono con esso incompatibili”, se ne deduce, come da migliore dottrina, che nel caso in cui il testatore abbia già istituito l’erede universale e disposto una serie di legati e poi rediga un secondo testamento in cui, non revocando espressamente il precedente, si limita a nominare erede universale un altro soggetto, deve considerarsi revocata solo l’istituzione fatta a favore dell’erede, ma i legati disposti con il primo testamento conservano la loro efficacia, non essendo queste disposizioni “incompatibili” con il contenuto del nuovo testamento. Ciò ovviamente sempre che il testamento posteriore (olografo, pubblico o segreto) sia esistente, valido ed efficace.

In situazioni non dissimili, risalente ma condivisibile giurisprudenza di legittimità ha affermato che i soggetti beneficiati dai legati nel primo testamento non figurano quali litisconsorti necessari nel giudizio concernente la validità giuridica della istituzione ereditaria (vuoi nello stesso testamento, vuoi in un testamento successivo), poiché l’eventuale accoglimento dell’impugnativa “mentre porrebbe nel nulla la detta istituzione d’erede non pregiudicherebbe in alcun modo i legati, che sono negozi giuridici distinti da quella” (cfr. Cass. n. 6196/1996; conf. Cass. n. 277/1981; Cass. n. 968/1968).

D’altronde, come è dato evincere dalle allegazioni fondate sui documenti prodotti in atti, il soggetto contemplato nel testamento della cui autenticità si discute è soltanto uno (la parrocchia convenuta) e unica è la disposizione in esso contenuta, ossia quella di istituzione ad erede universale. Ci si trova, quindi, in una situazione non dissimile dalla “eccezione” alla “regola” del litisconsorzio necessario in materia che la Suprema Corte di legittimità ha giustamente previsto come possibile (v. Cass. n. 210/2021), ovverosia il caso dell’impugnazione “di una singola disposizione” (ndr. non incompatibile con le altre).

L’insussistenza di un litisconsorzio necessario nei riguardi di coloro che sono stati beneficiati dalla testatrice a titolo di legato non pregiudica, però, l’interesse di costoro di agire anche in via disgiuntiva o di intervenire (nel giudizio promosso da uno di essi, così come dall’erede) per sentire accertare e dichiarare l’inesistenza o l’invalidità giuridica di altro testamento ricondotto alla de cuius, ma che si assume falso, nullo o annullabile, quando il legatario possa ottenerne dalla rimozione dell’atto una concreta utilità a tutela del suo diritto (art. 100 c.p.c.): nel caso di specie, determinata proprio dall’incertezza ingenerata dall’inserimento nell’inventario anche dei beni oggetto dei legati e della pubblicità-notizia data dalla trascrizione dell’accettazione dell’eredità, da parte della convenuta, presso i pubblici registri (v. doc. 7, 8 e 9 fasc.conv.).

Quando sopra detto conduce a ritenere infondato il difetto di integrità del contraddittorio per violazione dell’art. 102 c.p.c., essendo stata ritualmente chiamata a partecipare al giudizio – entro il termine perentorio assegnato dal giudice in prima udienza – L.A., istituita dalla de cuius quale erede universale con il primo testamento olografo del 16.03.2015.

Per tutti gli altri soggetti, beneficiati a titolo di legato, la partecipazione al presente giudizio non potrebbe essere assimilata a quella dell’erede, venendo piuttosto in rilievo altra e diversa questione qual è quella di estendere loro il contraddittorio per ragioni di opportunità processuale, dettate dalla “comunanza di causa” (arg. ex art. 107 c.p.c) che, a differenza del litisconsorzio necessario, non richiede che il rapporto sostanziale sia comune ed indivisibile rispetto ai soggetti chiamati.

Nei confronti di costoro, pertanto, l’ordine di integrazione del contraddittorio adottato in difetto dei presupposti di cui all’art. 102 c.p.c. è privo di effetti e la sua eventuale violazione rimane del tutto irrilevante, non potendo condurre ad una pronuncia di estinzione del processo (cfr. Cass. 1614/1975; Cass. 658/1984; Cass. 9471/1995; Cass. 13097/2003; Cass. 2672/2008; Cass. 1739/2013; Cass. n. 7050/2021).

1.2 Agli effetti desiderati dalla convenuta (art. 307 c.p.c.), rimane del tutto irrilevante l’eccepita nullità della vocatio in ius dei soggetti non identificati con il codice fiscale o non correttamente indicati dall’attore nella loro esatta denominazione con l’atto di chiamata in causa e nelle relate di notifica.

In ripetute occasioni, dinanzi ad eccezioni di tale portata, la giurisprudenza di legittimità è giunta ad affermare che “l’omessa od inesatta indicazione, nella relata di notificazione dell’atto di citazione, del nome di alcuna delle parti, in tanto ne produce nullità in quante abbia determinato un’irregolare costituzione del contraddittorio od abbia generato incertezza circa i soggetti ai quali l’atto era stato notificato, mentre l’irregolarità formale o l’incompletezza nella notificazione del nome di una delle parti non è motivo di nullità se dal contesto dell’atto notificato risulti con sufficiente chiarezza, come nella specie, l’identificazione di tutte le parti e la consegna dell’atto alle giuste parti; in tal caso, infatti, la notificazione è idonea a raggiungere, nei confronti di tutte le parti, i fini ai quali tende e l’apparente vizio va considerato come un mero errore materiale, che può essere agevolmente percepito dall’effettivo destinatario, la cui mancata costituzione in giudizio non è l’effetto di tale errore ma di una scelta cosciente volontaria” (cfr. Cass. n. 9075/2020; conf. Cass. n. 6352/2014; Cass. n. 7514/2007).

Costituisce opinione condivisa in giurisprudenza anche quella per cui la nullità della citazione per omessa indicazione del codice fiscale del “convenuto”, richiesta dall’art. 163, co. 3 n. 2 c.p.c., può essere pronunciata soltanto se e quando l’omissione, neppure colmabile in base a quanto risulta dagli atti, determini una incertezza assoluta in ordine alla individuazione della parte. Ove ciò non si verifichi, la mancata indicazione del codice fiscale di una delle parti costituisce una violazione meramente formale che si traduce in una irregolarità mera che può, al più, portare il giudice a sollecitare l’integrazione dell’atto, in ogni stato e grado del giudizio, ma non ad invalidarlo (v. Trib. Treviso n. 349/2016; Trib. Varese, sez. I, 16.04.2010; v. in proposito, similmente per l’appello, Cass. n. 23455/2004).

Ora, dalle relate di notifica delle chiamate in causa e dalle certificazioni di stato rinvenibili agli atti del fascicolo telematico (v. note di deposito di parte attrice del 5.03.2020, 24.11.2020 e 25.11.2020), si evince, senza margini di dubbio, che il contraddittorio sia stato tempestivamente e regolarmente esteso dall’attore nei confronti di: L.A. (notifica perfezionata presso la Rsa ospitante il 7.01.2020); Azienda S.C.S. (notifica presso la sede con consegna a persona addetta il 7.01.2020); C.D. di V. (rectius Fondazione C.D. di V.) (notifica presso la sede della Curia Vescovile di Vigevano con consegna a persona addetta il 13.01.2020); C.R.I. (rectius CRI Comitato di Vigevano) (notifica perfezionata presso la sede locale con consegna a persona qualificatasi capace e addetta alla ricezione l’8.01.2020); Croce Rossa Italiana di Cilavegna (rectius CRI Comitato di Cilavegna) (notifica perfezionata presso la sede locale con consegna a persona addetta il 14.01.2020); Comune di Cilavegna, in persona del Sindaco p.t. (notifica perfezionata presso la sede con consegna a persona addetta il 7.01.2020); G.Z. (notifica presso l’indirizzo di residenza perfezionata ex art. 138 c.p.c. in data 8.01.2020; S.B. (notifica presso l’indirizzo di residenza perfezionata ex art. 138 c.p.c. in data 8.01.2020); G.G. in qualità di erede di A.G. (notifica presso l’ultima residenza entro l’anno dalla certificata morte, perfezionata con consegna a marito convivente in data 10.01.2020); E.B. in qualità di erede (doc. 10 fasc.att.) di M.F.”, da leggersi “I.I.M.”, nata a M.P.S. (R.) il (…) e deceduta a Vigevano il 9/5/2017 (doc. 9 fasc.att.), così indicata per mero errore materiale di trascrizione del verbale di pubblicazione del testamento olografo del 16.03.2015 (notifica perfezionata ex art. 138 c.p.c. il 27.01.2020 e successivamente rinnovata per violazione del termine minimo ex art. 163 bis c.p.c. con nuova consegna il 30.12.2020); P.G., in proprio e quale erede di A.G. (notifica perfezionata, dopo effettive ricerche presso la residenza, ex art. 143 c.p.c. presso il Comune di ultima residenza di Cilavegna il 6.11.2020).

Va aggiunto che l’effettiva conoscenza dell’atto non resta assorbita dalla dedotta nullità del procedimento di notifica, essendo vero piuttosto il contrario: le notifiche rivolte agli enti non dotati di personalità giuridica risultano eseguite presso le loro sedi locali, le quali è dato presumere che coincidano con la sede dove svolgono l’attività in modo continuativo (art. 19, co. 2 c.p.c.); le relate di notifica riportano, inoltre, l’avvenuta consegna da parte dell’ufficiale giudiziario a persone indicate come presenti all’interno dei locali e addette alla ricezione degli atti, senza che il notificatore debba accertarsi della sua effettiva condizione.

Pertanto, in difetto di eccezioni da parte dei destinatari interessati, il procedimento notificatorio nei riguardi di costoro deve ritenersi validamente compiuto.

Con riguardo, invece, a quei soggetti che godono di personalità giuridica (Ospedale Civile di Vigevano, rectius Azienda S.S.T.; Chiesa e Convento dei Frati Cappucci, rectius Provincia di Alessandria dell’Ordine dei Frati Minori C.), il vizio rilevato dalla convenuta circa le notifiche eseguite presso il presidio ospedaliero (perfezionata con consegna a persona addetta il 7.01.2020) e presso il convento (notifica perfezionata con consegna a persona addetta, stante l’assenza del Priore della comunità, in data 3.01.2020), anziché nelle rispettive “sedi legali” come previsto dall’art. 145, comma 1 c.p.c., non ha alcun rilievo processuale di sorta. Infatti, se è stata verificata l’integrità del contraddittorio (verb. ud. 5.05.2021) e il giudice istruttore non ha pronunciato ordinanza di cancellazione della causa dal ruolo a norma dell’art. 270 c.p.c., deve ritenersi che l’ordine di integrazione sia stato implicitamente revocato. A questo Collegio appare dunque superfluo, pur potendone sussistere i presupposti, disporre la fissazione di un termine per rinnovare le notificazioni verso tali enti, la cui partecipazione, come detto, non è necessaria ma soltanto facoltativa, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti.

1.3 Ciò posto, ben può essere dichiarata la contumacia dei terzi indicati in epigrafe.

Dinanzi alla reiterata eccezione di parte convenuta non è inutile ricordare che, per costante e incontrastato orientamento della giurisprudenza di legittimità, l’omessa formale adozione di un’ordinanza volta a pronunciare la contumacia, nella specie, dei terzi chiamati, ai sensi degli artt. 171 e 291 c.p.c., non dà luogo ad alcun vizio di invalidità processuale, laddove il processo sia stato svolto nel rispetto delle forme contumaciali: deve infatti riaffermarsi il principio secondo cui, accertata la regolare costituzione del contraddittorio, la mancata dichiarazione di contumacia di una parte non invalida la successiva pronuncia, in quanto tale declaratoria non vale a determinare la contumacia, che deriva invece dalla mancata costituzione della parte ritualmente evocata in giudizio, ma ha il solo scopo di fornire la prova dell’avvenuto accertamento, ad opera del giudice, circa la notificazione dell’atto introduttivo alla parte non comparsa (cfr. Cass. n. 17928/2019; conf. Cass. n. 31374/2019; Cass. n. 22918/2013; Cass. n. 19347/2007; Cass. n. 16229/2005; Cass. n. 2657/2005; Cass. n. 8545/2003; Cass. n. 4916/1985).

Da quanto precede è pertanto pacifico che la dichiarazione di contumacia può essere pronunciata in qualsiasi fase del giudizio, anche nella sentenza che lo definisce, non essendo imposto dal codice di rito un termine perentorio per la relativa declaratoria (cfr. Cass. n. 20406/2013).

1.4 Infine, riguardo alla terza e ultima questione di rito, l’eccezione di improcedibilità della domanda per mancata instaurazione della mediazione obbligatoria in materia di “successioni ereditarie” ai sensi dell’art. 5 co. 1 bis D.Lgs. n. 28 del 2010 e s.m.i. nei riguardi dei “litisconsorti chiamati” è tardiva e inammissibile, poiché sollevata dalla convenuta, per la prima volta, solo nella comparsa conclusionale. Senza che sia necessario approfondire ulteriormente, l’eccezione non potrebbe nemmeno provenire dalla parte che, invece, nonostante il regolare invito alla mediazione, è risultata “assente” al primo incontro dinanzi al mediatore professionale senza addurre un giustificato motivo (v. doc. 7 fasc.att.).

2. Venendo al merito, giova chiarire che tra i fatti costitutivi della domanda attorea (non estesa dalla costituzione “adesiva autonoma” delle parti chiamate) non è dato rinvenire l’incapacità della de cuius di disporre per testamento, ai fini di una pronuncia di annullamento ai sensi dell’art. 591, comma 2 c.c., sicché la questione delle condizioni psico-fisiche della testatrice sulla base dello stato di salute desumibile ex actis nel periodo prossimo e coevo a quello della scrittura in verifica è stata affrontata in sede CTU al solo fine di acquisire ogni elemento utile alla completezza dell’analisi grafologica sul documento in verifica (come specificato a verbale di udienza del 18.11.2021 con affidamento dell’incarico alla dott.ssa M.I.), senza che da ciò possa essere pretesa (o lamentata) alcuna inammissibile estensione del “petitum” e della “causa petendi”.

Non è dunque oggetto di giudizio la capacità di fare testamento ex art. 591, n. 3 c.c. in capo alla de cuius, con la conseguenza che ogni allegazione e valutazione data dalle parti e dai rispettivi CTP nel corso dell’istruttoria in ordine al presumibile “status mentale” della testatrice o è irrilevante o è inconferente ai fini della decisione.

2.1 Dalla natura delle vicende rappresentate e delle precisazioni fornite dalle parti negli atti introduttivi e prime memorie difensive, nonché dal petitum sostanziale da queste richiesto, si desume chiaramente che l’azione è volta a contestare l’autenticità dell’atto pubblicato come il testamento olografo di L.F.R. del 13 aprile 2015: si allega e deduce la falsità dell’intero scritto ovvero l’alterazione dello stesso per intervento di un terzo sulla data o sulla sottoscrizione o sul contenuto dell’atto di ultime volontà, ritenuto difforme e non corrispondente alle volontà espresse dalla medesima con un testamento olografo del 16.03.2015, a lei certamente riconducibile.

È stata, quindi, correttamente promossa una domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura, in conformità ai principi di diritto resi dall’intervento delle Sezioni Unite del 2015 (Cass., Sez. Un., n. 12307/2015 cit.) e riaffermati e condivisi dalla maggioritaria giurisprudenza di merito (tra le tante conf., Corte App. Milano, sez. II, n. 693/2023; Corte App. Firenze, sez. III, n. 1956/2022; Corte App. Reggio Calabria, n. 707/2021; Trib. Avellino, sez. I, n. 619/2021; Trib. Rovigo, n. 30/2021; Trib. Arezzo n. 232/2020; Trib. Pescara, n. 1564/2019; Trib. Salerno, sez. II, n. 562/2018; n. e di legittimità successiva, secondo cui “la parte che contesti l’autenticità del negozio testamentario è tenuta a proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura ed a fornire la relativa prova, mentre quella contro cui l’azione di impugnativa è esercitata non ha l’onere di dichiarare di volersi avvalere del detto testamento, non essendo applicabile il procedimento di verificazione delle scritture private di cui all’art. 216, comma 2, c.p.c.” (cfr. ex multis Cass. n. 24749/2019; Cass. n. 6918/2019; Cass. n. 18363/2018; Cass. n. 31457/2018; Cass. n. 24814/2018; Cass. n. 21556/2018; Cass. n. 711/2018; Cass. n. 109/2017; Cass. n. 22197/2017; Cass. n. 1995/2016).

Il Collegio non ritiene che siano portati argomenti convincenti (né si traggono dalla massima di Cass. n. 5091 del 16.02.2022, richiamata dalla difesa di convenuta, in quanto la motivazione è formata proprio su un caso di richiesta di querela di falso in un giudizio iniziato nel 2005) per potersi discostare dai chiari insegnamenti della Suprema Corte che, con la menzionata pronuncia del 2015, ha mostrato l’inadeguatezza delle due diverse soluzioni in precedenza prospettate al fine di superare l’efficacia probatoria di un testamento olografo, ossia il ricorso al disconoscimento della scrittura privata e la proposizione della querela di falso, preferendo, all’uopo, la terza via predicativa della necessità di proporre, appunto, un’azione di accertamento negativo della autenticità della scheda testamentaria, con onere della prova gravante in capo all’interessato; ciò anche quando si intenda sconfessare la veridicità della data, come ribadito anche dalla giurisprudenza di legittimità più recente (v. Cass. civ., sez. II, 17.08.2022, n. 24835 e Cass. civ., sez. II, 28/09/2022, n. 28177 e Cass. civ., sez. II, 29/11/2022, n. 35067 in motiv., p. 2; v. anche Cass. n. 4833/2021).

2.2 In punto di diritto, conviene premettere che per aversi un valido testamento olografo è necessario che il testatore abbia redatto per intero di proprio pugno le sue ultime volontà, apponendovi la data (giorno, mese e anno) e la sottoscrizione, senza il sussidio di mezzi meccanici o l’intervento della mano di altra persona (art. 602 c.c.). La necessità che l’autografia inerisca ogni elemento del negozio testamentario e non solamente la sottoscrizione tende, da un lato, ad assicurare la “personalità” delle disposizioni manifestate dal de cuius e, dall’altro, a garantire la “corrispondenza” delle stesse dichiarazioni alle ultime volontà del testatore.

La prescrizione formale costituisce, al contempo, un requisito di esistenza e di validità del negozio testamentario: per essere “esistente” è sufficiente che esso sia redatto dal testatore su un qualsiasi supporto materiale, purché idoneo a “trattenere lo scritto in maniera che essa risulti intelligibile” (così già Cass. n. 920/1963; Cass. n. 394/1965); per dirsi anche “valido” è necessaria l’autografia, il che implica che alla scrittura approcci un soggetto capace di intendere e di volere (anche se in una “parentesi di lucidità”, v. Cass. n. 28758/2017) e che sappia leggere e scrivere.

Cosicché, ai sensi dell’art. 606, comma 1 c.c., il testamento olografo è nullo quando manca l’autografia “o” la sottoscrizione: tale alternativa è prevista dalla legge, non a caso, al fine di evitare che pur dopo aver reso le ultime volontà, il testatore possa avere avuto un ripensamento e si sia determinato a non sottoscrivere quanto redatto (Cass. n. 13487/2005; Cass. n. 18616/2017), mentre la nullità per difetto di autografia del testamento è configurabile allorché l’intervento del terzo ne elimini il carattere di stretta personalità, interferendo sulla volontà di disporre delle proprie sostanze, come avviene quando nel corpo della disposizione di ultima volontà anche una sola parola sia di mano altrui e risulti scritta dal terzo durante la confezione del testamento, ancorché su incarico o col consenso del testatore (cfr. Cass. n. 11733/2002; Cass. n. 26406/2008, Cass. n. 26258/2008, Cass. n. 1239/2012; Cass. n. 20703/2013).

Vale inoltre rimarcare una certa tesi dottrinale, che pare avere avuto seguito in giurisprudenza (cfr. Cass. n. 10065/2020; Cass. n. 11195/2012; Cass. n. 13487/2005) secondo cui, nell’ipotesi che il documento risulti interamente contraffatto, più che di “quaestio nullitatis” sarebbe opportuno discorrere di “quaestio inexistentiae”, in quanto mai lo stesso potrebbe essere ricondotto alle “ultime volontà” del defunto, ciò al fine di evitare che l’apparente testamento possa comunque avere un qualche effetto (ad esempio, in caso di conferma del testamento nullo ex art. 590 c.c.).

Ricadono, invece, nella residuale categoria della annullabilità tutti gli altri difetti di forma (art. 606, comma 2 c.c.).

Per quel che interessa evidenziare, secondo il preferibile e maggioritario orientamento della giurisprudenza di legittimità, “nel testamento olografo l’omessa o incompleta indicazione della data ne comporta l’annullabilità, mentre l’apposizione di questa a opera di terzi, se effettuata durante il confezionamento del documento, lo rende non annullabile ma nullo per difetto di complessiva autografia, la quale va esclusa ogni qual volta un terzo abbia scritto una sola parola durante la confezione del negozio mortis causa, senza che neppure assuma rilievo, peraltro, l’importanza sostanziale della parte eterografa ai fini della nullità dell’intero testamento in forza del principio “utile per inutile non vitiatur”; la validità del testamento olografo esige, infatti, l’autografia non solo della sottoscrizione, ma anche della data e del testo del documento, e, pertanto, deve essere esclusa quando tale data o testo risultino in tutto od in parte opera pure di altra persona” (cfr. Cass. n. n. 20703/2013; Cass. n. 9905/2009; Cass. n. 12458/2004; Cass. n. 7783/2001; Cass. n. 7636/1991). Soltanto ove sia accertato in fatto che l’alterazione di un testamento olografo da parte di terzi sia avvenuta dopo l’integrale redazione di esso da parte del testatore, il negozio conserva il suo valore, “sempre che la stessa alterazione non sia tale da impedire l’individuazione dell’originaria, genuina volontà che il testatore abbia inteso manifestare nella relativa scheda” (così Cass. n. 26406/2008; principi tutti richiamati da Cass. n. 27414/2018; conf. Cass. n. 7863/2021 e Cass. n. 4833/2021).

Nel rispetto delle allegazioni prospettate dalla parte, una volta che questa abbia dedotto il fatto asseritamente invalidante, spetta al giudice ricondurlo alla categoria della nullità ovvero dell’annullabilità (cfr. Cass. n. 7783/2001). Non incorre nel vizio di ultrapetizione il giudice che accolga una delle domande alternative o subordinate di nullità o di annullabilità proposte dall’attore, in quanto il rapporto di alternatività e di subordinazione non esclude che ciascuna rientri nel petitum (cfr. Cass. n. 5153/2019; Cass. n. 27414/2018; Cass. n. 8366/2012; Cass. n. 12473/2013).

2.3 Fermo tutto quanto premesso in diritto, questo Tribunale è chiamato a verificare in fatto se il documento a nome apparente di “L.F.R.”, datato “13 Aprile 2015”, presentato dal parroco p.t. D.G.V. della Parrocchia dei Ss. Pietro e Paolo Apostoli di Cilavegna (PV) in data 12.11.2018 al Notaio dott. G.P. in M. per la pubblicazione (rep. n. 63323, racc. nr. (…) del Notaio in M. dott. G.P.) e registrazione del 14.11.2018 (n. 16756 serie 1T) (doc. 2 fasc. att.), sia il valido testamento olografo con cui la de cuius avrebbe disposto, nel modo che segue, delle proprie sostanze (art. 587 c.c.):

“13 aprile 2015 I.L.F.R. Lascio tutto alla parrocchiale chiesa di Cilavegna In Fede L.F.R.”.

Sulla base degli elementi raccolti e delle prove offerte dall’attore e dalle altre parti che condividono la medesima posizione sostanziale, il Collegio è della convinzione che la scheda testamentaria impugnata sia nulla, in quanto non interamente riconducibile alla mano della testatrice e, quindi, alla sua volontà.

Ciò anche (ma non solo) sulla base delle risultanze della consulenza grafologica sull’autografia del documento in verifica.

2.3.1 Partendo da quest’ultima, premessa la completezza del quesito affidato (ord. 16.09.2021), la consulente grafologa del Tribunale (dott.ssa M.I.) ha raccolto ed esaminato, nel rispetto del contraddittorio, tutti gli originali delle scritture di comparazione prodotte in copia ed indicate dal giudice istruttore, le quali si apprezzano non solo per la consistenza (sottoscrizioni e quattro manoscritti, tra cui il testamento olografo del 16.03.2015), qualità e numero (settantanove autografe), ma anche e soprattutto perché coprono un arco temporale sufficientemente lungo (dal 7.03.2005 al 1.03.2016) ad evidenziare il mantenimento della capacità scrittoria abituale della testatrice, specie nel periodo antecedente, prossimo, coevo ed immediatamente successivo alla collocazione della scrittura in verifica (v. pag. 1-19 della rel. CTU). La documentazione medica acquisita, su consenso delle parti, dall’ausiliario del CTU (dott. C.R.) consente altresì di escludere, con ragionevole probabilità, che l’anziana testatrice (92 anni nel 2015) soffrisse di patologie o disturbi psico-fisici tali da inficiare in modo significativo la capacità e l’abitualità scrittoria, prediletta per il corsivo.

Ebbene, l’analisi comparativa condotta sull’originale del documento in verifica ha restituito un parere tecnico di “somiglianza qualitativamente rilevante” rispetto alle scritture di comparazione sotto molteplici aspetti, tra cui (rinviando per completezza e restituzione grafica alla relazione di CTU):

– l’impostazione e l’occupazione degli spazi sul foglio (pag. 48-50);

– la direzione sul rigo (pag. 50-52);

– i rapporti dimensionali, sia nei numeri componenti della data che nelle lettere in corsivo e maiuscolo corsivo (pag. 53-54 e pag. 63-65);

– la continuità, leggibilità e la forma stilistica (pag. 55-58);

– la velocità relativa (pag. 57);

– i punti di rallentamento e di accelerazione (pag. 60);

– la pressione piena e sfumata dei grafemi finali, leggera e a volte omogenea (pag. 60);

– l’inclinazione (pag. 61);

– la mescolanza di gesti sciolti e di gestualità stentate ed esitanti (pag. 62);

– la morfografia e in alcuni elementi di dettaglio (barra e aste delle “t”, puntini, variabilità dei grammi finali, punteggiatura assente, inizio degli ovali letterali e numerici, asta della “R” sopraelevata al plateau, inizio e fine della “v”; pag. 66-71);

– l’aggettivo “parrocchiale” (di grafismo più ristretto e “stentato” rispetto al resto) rappresenta un’aggiunta successiva alla manoscrittura, dimostrata dal ricorso a una diversa penna, dall’inserimento nello spazio disponibile occupato e dalla riduzione dello spazio tra le lettere (v. pag. 36-37), realizzata dalla mano della sig.ra L.

– persino l’uso di penne alimentate da inchiostri di colore diverso (blu e nero) è stato riscontrato tanto sul documento in verifica (Q) quanto sull’importante comparativa rappresentata dal testamento olografo del 16 marzo 2015 (v. K54-8 e K54-9, pag. 48 rel. CTU).

Divergenze, di contro, sono evidenziate:

– nelle dimensioni più grandi del grafismo nella verificanda rispetto al piccolo calibro delle comparative del 21.03.2014, 16.03.2015 e 6.11.2015 (pag. 72);

– nella lunghezza e semplicità del testo e del registro linguistico utilizzato nel documento in esame (pag. 73);

– nella forma “semplificata” del numero 5 che compone la data dell’anno “2015”, il quale appare “non coerente” rispetto al resto ed estraneo alle capacità, abitudini e alla “normalità espressiva” propria dell’autografia della de cuius (pag. 74), inserendosi in un “livello grafo-motorio più evoluto rispetto a quello della sig.ra F.L., che mal si coniuga con un contesto grafico definito “informale” (v. pag. 83 in risposta alle osservazioni del CT di parte convenuta);

– nella continuità del nome “R.”, limitatamente al gruppo “os” (pag. 75).

Così compendiati i dati emersi e analizzati dalla CTU grafologica, la conclusione cui giunge è nel senso di un’alta probabilità che la verificanda sia riconducibile alla mano della de cuius, eccetto per il numero “5” che compone l’anno della data, verso cui si arriva ad un parere tecnico di “possibile apocrifia” (pag. 105-106 rel. CTU). Per la coerenza e l’omogeneità delle autografe dal 2005 al 2016, non è quindi possibile – a parere del CTU – la datazione certa del testamento sulla base di argomenti grafo-tecnici: “il testamento è stato vergato probabilmente dalla de cuius ed è possibile che il “5” nella data sia opera di un altro soggetto” (pag. 79).

2.3.2 Tali conclusioni rappresentano un punto di partenza, non certo di arrivo.

Esse non possono essere prese e valutate in modo isolato o avulso dal contesto storico-fattuale di riferimento e dagli altri elementi di prova, di pari dignità (in mancanza di prove legali), anzitutto perché la grafologia, come tutte le indagini basate su scienze fisiche e naturalistiche, è inevitabilmente soggetta ad errore (statistico o di rilevazione), il che consente di esprimersi solo in termini di verosimiglianza e di probabilità, non di verità assoluta (cfr. Cass. n. 14462/2008; conf. Cass. n. 15686/2015; Cass. n. 9784/2022; da ult. Cass. n. 24835/2022).

Questo spiega come sia quanto mai opportuno, in presenza di una contestazione sull’autenticità di un testamento olografo, porre l’accento sul consolidato principio della giurisprudenza di legittimità, secondo cui: “Il giudice del merito, ancorché abbia disposto una consulenza grafica sull’autografia di una scrittura disconosciuta (nella specie, testamento olografo), ha il potere – dovere di formare il proprio convincimento sulla base di ogni altro elemento di prova obiettivamente conferente, comprese le risultanze della prova testimoniale, senza essere vincolato ad alcuna graduatoria fra le varie fonti di accertamento della verità” (cfr. Cass. n. 9631/2004; n. 9523/2007; Cass. n. 15686/2015; Cass. n. 2702/2019; Cass. n. 4538/2021; Cass. n. 25508/2021; da ult. Cass. n. 24835/2022).

In forza di tale principio, non è possibile giustificare a priori un giudizio di prevalenza di un mezzo di prova rispetto a un altro, quando entrambi i mezzi siano in astratto idonei rispetto al fatto da provare (cfr. Cass. n. 24888/2014). E nella valutazione delle prove, la scelta di opportunità di fare ricorso a presunzioni e la selezione, tra le varie risultanze istruttorie, di quelle più idonee a sorreggere la motivazione, involgono, a norma dell’art. 116 c.p.c., apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di formare il suo convincimento utilizzando i dati che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti.

2.3.3 Ciò posto, calando le risultanze peritali nel contesto storico, ambientale e personale della testatrice così come allegato dalle parti ed emerso dai riscontri documentali e della prova testimoniale, viene restituito un quadro probatorio in cui la probabilità della alterazione del testamento in verifica ad opera di terzi è ben più solida di quello che graficamente appare.

Le certificazioni di stato prodotte in atti attestano che la sig.ra L.F.R., nata in F. nel 1923, è deceduta in Cilavegna (PV) il 1.07.2018 (doc. 1), vedova dal 1987 di O.Z.V. e con figlio unico, G.O.Z., premorto alla stessa in data 27.01.2008 (v. certificato di morte, nota di dep. del 11.12.2020 fasc.att.).

Tra i parenti citati nel testamento olografo del 16.03.2015 figura la nomina a titolo di erede della sorella L.A. e in via condizionata, in caso di premorienza della stessa, il nipote M.B..

Dalle informazioni assunte dal CTU in sede di operazioni peritali risulta, inoltre, che la stessa era in possesso della licenza media inferiore e avesse svolto in vita lavori di tipo operaio-impiegatizio (pag. 22 rel. CTU). Ciò nonostante, il suo patrimonio al momento della morte era ingente, come dimostra il numero ed il valore dei beni inventariati (oltre due milioni di Euro il valore della parte mobiliare; doc. 7 fasc.conv.).

Non risulta, né si ha effettivo riscontro che la de cuius frequentasse la parrocchia del Paese di residenza o avesse rapporti di fede/conoscenza/amicizia con il parroco p.t. (don V.) o che fosse effettivamente una cattolica praticante.

Di contro, il chiaro contenuto del testamento olografo del 16.03.2015 testimonia, a quel tempo, l’esistenza di rapporti di amicizia con la parte attrice e le altre parti menzionate nella scheda (“lego alla mia amica…amico di famiglia…ai miei amici e vicini di casa…”) e soprattutto evidenzia una personalità sensibile all’interesse sociale, al prossimo e alle persone più deboli: in tal senso, spicca l’apposizione di oneri ai legati disposti in favore degli enti pubblici o assistenziali operanti sul territorio con finalità di cura degli ammalati, degli anziani, dei bambini, nonché le attribuzioni patrimoniali destinate al suffragio dell’anima del “caro” e “adorato” figlio premorto e del compimento di atti di culto in suo favore. Eppure, tra i beneficiati con il testamento olografo di appena ventotto giorni prima rispetto a quello in verifica non figura la parrocchia di Cilavegna.

Che le volontà espresse nel testamento olografo del 16 marzo 2015 siano state meditate e predisposte con pazienza dall’anziana testatrice, servendosi del consiglio tecnico del notaio dott. L. – professionista al quale si era rivolta per predisporre un atto che, evidentemente, considerava di importanza solenne – è circostanza che, oltre ad evincersi dalla sola semplice lettura, ha trovato conferma, in sede testimoniale, nelle dichiarazioni del notaio dott. L.L. (v. ud. 27.10.2021: “sul cap. 3): si è vero, gli scritti li ho visti personalmente perché la signora tra un appuntamento e l’altro scarabocchiava quello che aveva intenzione di scrivere nel testamento e io trascrivevo quello che lei aveva scritto su questi pizzini; ADR: il testamento è stato redatto tutto in un’unica soluzione o in diversi appuntamenti? Risposta: si è stato forse in tre volte la signora lo ha completato, in due – tre pomeriggi diversi; ero presente soltanto io, poi c’era la signora delle pulizie che entrava/usciva, io mi sono recato presso l’abitazione della signora per circa tre mesi negli appuntamenti quasi settimanali per redigere questo testamento importante, quindi la signora ci ha dedicato tanto tempo. Preciso che in tre pomeriggi c’è stata la materiale stesura del testamento, mentre nei tre mesi abbiamo chiacchierato su esigenze, aspettative e in che modo i suoi lasciti andassero a beneficio della collettività Vigevanese e si aspettava un riconoscimento delle istituzioni beneficiate in favore del figlio premorto, ogni volta che ne parlava si commuoveva, si aspettava che il Comune dedicasse al figlio una strada proprio in ragione di questi lasciti.”).

Dubbio è invece il rapporto intrattenuto nell’ultimo triennio dalla de cuius con la persona di V.Z., ossia colui al quale – stando alla ricostruzione del fatto storico circa il “ritrovamento” del testamento posteriore, come riportato dalle parti, citando anche le notizie che hanno avuto risalto sulla stampa locale (doc. 10 e 11 fasc.att.) – la testatrice avrebbe scelto di affidare le ultime volontà redatte nella scrittura datata “13 aprile 2015”.

Sentito come teste (v. ud. 3.11.2021), questi ha dichiarato di avere intrattenuto rapporti di amicizia con la sig.ra F.L., che andava a trovare a casa di tanto in tanto (“una volte al mese…altre volte passavano anche due o tre mesi che non andavo”), tranne nell’ultimo periodo (“L’ultimissimo periodo sono andato una volta e non stava bene, poco tempo prima di morire, però fino ad almeno 2 anni fa era ancora lucida…”). Di professione artigiano (fabbro), a lui la sig.ra L. aveva anche consegnato le chiavi della propria abitazione, autorizzandolo per iscritto in data 7.11.2015 ad accedervi in caso di necessità (doc. 3 fasc.conv.); tale gesto, però, coincide con il periodo in cui la stessa aveva già programmato il ricovero (di soli due giorni più tardi) presso la struttura RSA C.S.C.. V.Z. è tuttavia la stessa persona: 1. non menzionata tra gli “amici” beneficiati nel testamento olografo del 16.03.2015; 2. non messo al corrente della morte della sig.ra L. nel luglio 2018 e assente ai suoi funerali (come da lui dichiarato in sede di escussione); 3. indicata dalla OSS sig.ra C.P. (assistente familiare della de cuius dal dicembre 2015 fino al luglio 2018) come persona “insistente” al punto che nel 2017 la sig.ra L. non volle più riceverlo in casa sul cap. 12) della II mem. di parte att: “è vero che, nei primi mesi del mio incarico, il Sig. V.Z. ha frequentato la casa della Sig.ra F.L. in V., Via Verdi n. 28, recandosi in loco sempre all’ora di pranzo?”, risposta: “Z.V. era un signore che conosceva bene la sig.ra F., so che era una persona che conosceva da anni quando era in vita suo marito, la veniva a trovare spesso, una volta alla settimana, parlavano, lui veniva spesso all’ora di pranzo, ma non si fermava a mangiare.”; Sul cap. 14): “è vero che, su incarico della Sig.ra F.L. dissi al Sig. V.Z. di non cercare più la Sig.ra F.L. e di non recarsi più presso la di lei abitazione”? (dica il teste quando)”, risposta: “si è vero perché era una persona insistente poi la sig.ra F. quando mangiava non desiderava nessuno, lei voleva stare da sola e lui era una persona che veniva sempre 11.30-12.00 finché lei si è stufata e mi ha detto di non farlo più entrare, ciò è successo un annetto prima della sua morte quindi 2017. ADR: ma le dava fastidio la persona o agli orari in cui veniva? Risposta: tutte e due, lui aveva sempre delle richieste quando veniva in casa, faceva sempre la battuta “e dai F. lasciami questo, lasciami quell’altro, lasciami il capannone, lasciami la casa” e lei si infastidiva. ADR: ha assistito a dei diverbi tra i due? Risposta: no dei diverbi no, ma c’ero e ho assistito quando lui faceva queste richieste, in tono scherzoso non saprei, insomma.”. Il che porta a ritenere che Z. avesse manifestato un certo interesse all’eredità L..

Sulle circostanze della redazione e consegna del documento in verifica da parte della de cuius, il teste ha reso dichiarazioni confuse e non coerenti sul piano spazio-temporale: dapprima (rispondendo al cap. 4 della II mem. di parte convenuta: “vero che il testamento era stato consegnato al Sig. Z.V. in busta chiusa direttamente dalla signora L.F. nell’autunno del 2015”) ha collocato probabilmente la consegna del documento (non in busta chiusa) in occasione del ricovero della stessa presso la RSA C.S.C. (“sul cap. 4): penso proprio di sì, per cui io sono andato a trovarla più volte anche al ricovero, era ricoverata a Cilavegna a C.S. mi pare”) salvo poi, subito dopo, invitato dal Giudice a rendere chiarimenti sul punto (“ADR: in quale luogo ha ricevuto il testamento della sig.ra L. e quando?”), rispondere di non ricordare bene “se al ricovero o a casa sua, probabilmente al ricovero a C.S., probabilmente ma non sono sicuro è avvenuto 5-6 anni fa, adesso non ricordo. Sarà stato aprile-maggio, in primavera, adesso non ricordo, c’è la data sul testamento”.

La documentazione reperita dall’ausiliario del CTU e allegata alla relazione (doc. 46-56) attesta che il ricovero di F.L. presso la RSA C.S.D.C. copre il periodo dal 9 novembre 2015 al 14 dicembre 2015. Ciò significa che la consegna dello scritto al sig. Z. non può essere avvenuta presso la RSA “in primavera”, ossia alla “data sul testamento” (13 aprile 2015).

L’ipotesi alternativa arriverebbe all’incredibile tesi per cui la sig.ra L. avesse redatto un secondo testamento in data 13 aprile 2015, manifestando in esso una volontà totalmente difforme e inespressa rispetto a quella sugellata neanche un mese prima con l’ausilio del notaio, conservando il documento per mesi per poi portarlo con sé in vista del ricovero nel novembre dello stesso anno presso la RSA C.S. e consegnarlo al sig. Z..

Per nulla credibile è poi la narrazione del fatto storico della consegna del documento alla Parrocchia di Cilavegna dopo l’apertura della successione: il teste Z. ha dichiarato di avere conservato quel “foglietto” (non ricevuto in busta chiusa), piegato in quattro parti, all’interno del portafogli e di averlo “sempre avuto con me” (come a sottolineare l’importanza e la fiducia del presunto incarico ricevuto dalla testatrice di consegnarlo, alla sua morte, al parroco di Cilavegna), salvo poi peccare di superficialità, non sapendo nemmeno riferire con certezza a chi avesse effettivamente lasciato il documento (“ADR: ha consegnato il testamento al parroco direttamente o qualcun altro? Risposta: al parroco direttamente, non so penso, come si è presentato. Io ho detto “guardi mi è stato consegnato un foglietto da una signora anziana nativa di Cilavegna, non so che valore abbia, io glielo lascio e sono andato via”. Presumo che fosse il parroco, io ho detto che dovevo consegnare quel foglio al parroco e lui se l’è preso, presumo che chi abitasse lì fosse il parroco, non mi sono accertato che fosse il parroco, non posso dire al 100% che fosse il parroco, io ho suonato alla casa parrocchiale. Io sono andato appositamente a Cilavegna partendo da V., ho aspettato che finisse la messa, sono rimasto fuori quindi non ho visto chi celebrasse la messa. Sono andato di mattina, penso fosse una domenica mattina.

Anzi penso che ci fosse la messa, sono partito da V., sono andato lì, io ho suonato ed è venuta fuori questa persona qui, non mi ha fatto accomodare, non mi ha dato niente, ci sono rimasto male perché non mi ha neanche detto “chi è lei” e quando ho letto sui giornali che un “ignoto” aveva consegnato il testamento sono tornato lì, sono andato presumo dal parroco che era la stessa persona a cui avevo consegnato il testamento e gli dissi “sono io l’ignoto” e lui “si accomodi, venga qui, perché cercavamo una persona, cercavamo proprio lei”. È passato forse un anno, sei mesi minimo da quando sono ritornato lì.”). Incalzato dal Giudice, il teste ha dichiarato, anzi, di non avere mai visto il parroco di Cilavegna, di non sapere come si chiama e nemmeno di riuscire a riconoscerlo.

2.3.4 A definire il quadro probatorio v’è il comportamento mantenuto dalla de cuius pochi mesi prima di morire.

Il teste dott. L. ha infatti riferito di essere stato contattato nel 2018 dal dott. L.F. (nominato ADS della de cuius dal 1.03.2016) perché “la signora voleva rivedermi per rileggere tutto quanto era stato scritto” e che, a tal fine, fu fissato un incontro presso l’abitazione della de cuius, come confermato anche dai testi dott. L.F. e sig.ra C.P., presenti in casa il giorno dell’incontro, collocabile nella primavera del 2018. Dopo avere sentito la rilettura di tutto quanto trascritto nel testamento olografo confezionato in data 16.03.2015, la de cuius ha riconfermato oralmente al notaio le sue ultime volontà v. teste dott. L.L., sul cap. 4) della II mem. ex art. 183 co. 6 c.p.c. di parte att.: “è vero che, 3 anni dopo la redazione del testamento olografo, nel mese di aprile 2018, la Sig.ra L. contattò il Notaio L.L. perché lui le rileggesse il testamento?”, risposta: “L’incontro avvenne presso la casa della signora e riconfermava testualmente tutte le sue volontà. Quando io chiesi alla signora se intendesse apportare qualche modifica eravamo da soli, ma in casa c’era anche la badante della sig.ra e l’ADS dott. L.. Ho riletto attentamente e in modo molto chiaro il testamento, le ho chiesto se voleva modificare ancora qualcosa, lei mi ha confermato pari pari le sue volontà così come erano state scritte tre anni prima, quindi non sono state apportate né aggiunte né postille.”. Convergente la deposizione del teste dott. L. (“sul cap. 4): si è vero, io ero presente nell’incontro del 2018, non ricordo adesso la data specifica. Ricordo di avere aperto la porta di casa al Notaio L. perché ero lì, l’incontro poi si è tenuto in salone solo alla presenza del notaio e della sig.ra L.. Sul cap. 5): non ho assistito, quando è uscito il dott. L. mi ha detto “abbiamo letto, la signora non vuole cambiare nessuna disposizione” e se n’è andato.”) e dell’assistente familiare C.P. (“sul cap. 4): è vero, la signora L. ha espresso a me la volontà di rivedere il testamento, mi ha detto che voleva rivedere se era tutto come prima e allora io ho contattato il suo amministratore di sostegno che ha provveduto a chiamare il Notaio. Era primavera 2018, di preciso il mese non lo ricordo. sul cap. 5): io ero in un’altra stanza, è vero che il notaio si è recato presso l’abitazione della sig.ra F.L. era primavera 2018 il mese non lo ricordo ed io ero in casa. Poi si sono messi in un’altra stanza, nel salone, erano solo loro due, l’amministratore di sostegno all’inizio era dentro poi è venuto fuori. Quando sono usciti ho sentito che la sig.ra L. aveva confermato tutto.”.

Agli effetti che qui rilevano è sufficiente considerare che non è quella del testamento nuncupativo la fattispecie ravvisabile, in quanto non si tratta della convalida da parte dell’erede di un atto testamentario espresso oralmente (ex art. 590 c.c.), ma di una conferma da parte della testatrice stessa della dichiarazione da lei scritta e sottoscritta in data 16.03.2015, sul presupposto che il suo contenuto rispecchiasse ancora e interamente le sue ultime volontà.

2.3.5 In definitiva, alla luce di una valutazione logica e complessiva dell’intero compendio probatorio, il Tribunale ritiene con apprezzabile grado di probabilità logica e credibilità razionale che il testamento impugnato sia nullo perché alterato dalla mano di un terzo, quantomeno nella data, e che non corrisponda alle ultime volontà della de cuius.

3. Nella regolamentazione delle spese di lite, la parte soccombente va identificata in quella che, lasciando insoddisfatta una pretesa riconosciuta fondata, abbia dato causa alla lite, ovvero nel caso di lite necessaria – quando, cioè, il bene richiesto non possa essere ottenuto se non con lo strumento necessario ed insostituibile del processo – con quella che nel processo ha sostenuto tesi rivelatesi infondate.

Pertanto, avuto riguardo all’esito complessivo del giudizio, in nome del principio di causazione e della soccombenza ex art. 91 c.p.c., la convenuta va condannata al rimborso delle spese processuali in favore dell’attrice e delle altre parti vittoriose che sono state chiamate a partecipare al processo quali terzi evocati per ordine del giudice (cfr. Cass. n. 10208/2020; Cass. n. 9049/2006).

La liquidazione delle spese è rimessa al dispositivo e segue i parametri dettati dal D.M. n. 55 del 2014 e s.m. da ultimo con D.M. n. 147 del 2022, il quale trova applicazione con riferimento alle “prestazioni professionali esaurite successivamente alla sua entrata in vigore”, ossia da far data dal 23.10.2022 (art. 6 D.M. cit.) (valore indeterminabile, inquadrabile nello scaglione da Euro 52.001,00 a Euro 260.000,00 ex art. 5 D.Lgs. n. 28 del 2010, co. 6 D.M. cit.; tutte le fasi; valori medi), nei limiti delle note di spesa ex art. 75 disp.att. c.p.c. depositate in atti (cfr. Cass. n. 14198/2022). Non si fa luogo al rimborso di spese vive non richieste e/o documentate (notifiche, accesso agli atti, ctp).

In deroga alla soccombenza, considerato l’interesse comune di tutte le parti e dei risultati dell’accertamento tecnico, compensa le spese e onorari di CTU, già liquidati con decreto di pagamento del 7.07.2022, tra tutte le parti costituite.

Compensa integralmente le spese per l’esecutore testamentario P.C.G., non essendovi soccombenza in ordine alla sua partecipazione al giudizio.

La parte soccombente – regolarmente invitata e assente senza giustificato motivo al procedimento di mediazione obbligatoria (doc. 7 fasc.att.) – va anche condannata al versamento di un importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio in favore dell’entrata di bilancio dello Stato, ai sensi dell’art. 8, co. 4 bis del D.Lgs. n. 28 del 2010.

P.Q.M.

Il Tribunale in composizione collegiale, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda o eccezione disattesa o assorbita, così provvede:

– dichiara la nullità per apocrifia del testamento olografo datato 13/04/2015 a nome e firma di F.R.L. (C.F: (…)), pubblicato da notaio dott. G.P. in M. in data (…) (rep. n. (…), racc. n. (…)) e registrato a Pavia il 14.11.2018 (n. 16756 Serie 1T), ordinando all’Ufficio territorialmente competente l’annotazione della presente sentenza a margine dell’atto, ai sensi dell’art. 2655 c.c.;

– condanna la PARROCCHIA DEI SANTI PIETRO E PAOLO APOSTOLI a rifondere le spese di giudizio in favore di F.B., che si liquidano in Euro 545,00 per spese esenti, Euro 14.103,00 per compensi (di cui Euro 2.552,00 fase studio, Euro 1.628,00 fase intr., Euro 5.670,00 fase istr./trat., Euro 4.253 fase dec.) oltre 15% rimb.forf. spese generali, IVA e CPA come per legge;

– condanna la PARROCCHIA DEI SANTI PIETRO E PAOLO APOSTOLI a rifondere le spese di giudizio in favore di L.F.D., che si liquidano Euro 14.103,00 per compensi (di cui Euro 2.552,00 fase studio, Euro 1.628,00 fase intr., Euro 5.670,00 fase istr./trat., Euro 4.253 fase dec.) oltre 15% rimb.forf. spese generali, IVA e CPA come per legge;

– condanna la PARROCCHIA DEI SANTI PIETRO E PAOLO APOSTOLI a rifondere le spese di giudizio in favore di CORPO VOLONTARI PRONTO SOCCORSO CUORE VIGEVANESE “CROCE AZZURRA”, che si liquidano Euro 14.103,00 per compensi (di cui Euro 2.552,00 fase studio, Euro 1.628,00 fase intr., Euro 5.670,00 fase istr./trat., Euro 4.253 fase dec.) oltre 15% rimb.forf. spese generali, IVA e CPA come per legge;

– condanna la PARROCCHIA DEI SANTI PIETRO E PAOLO APOSTOLI a rifondere le spese di giudizio in favore di AZIENDA S.M.V., che si liquidano Euro 14.103,00 per compensi (di cui Euro 2.552,00 fase studio, Euro 1.628,00 fase intr., Euro 5.670,00 fase istr./trat., Euro 4.253 fase dec.) oltre 15% rimb.forf. spese generali, IVA e CPA come per legge;

– condanna la PARROCCHIA DEI SANTI PIETRO E PAOLO APOSTOLI a rifondere le spese di giudizio in favore di N.G. e R.P., che si liquidano Euro 14.103,00 per compensi (di cui Euro 2.552,00 fase studio, Euro 1.628,00 fase intr., Euro 5.670,00 fase istr./trat., Euro 4.253 fase dec.) oltre 15% rimb.forf. spese generali, IVA e CPA come per legge;

– compensa integralmente le spese del giudizio nei confronti di P.C.G.;

– compensa le spese di CTU, già liquidate con decreto del 7.07.2022, tra tutte le parti costituite;

– condanna la parte soccombente al versamento all’entrata di bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio, ai sensi dell’art. 8, co. 4 bis del D.Lgs. n. 28 del 2010;

– ordina ai conservatori dei RR.II. competenti la trascrizione della presente sentenza, ai sensi degli artt. 2648 ss c.c. e l’annotazione a margine della trascrizione delle domande ex art. 2652 n. 6 c.c., con onere a carico delle parti e ferma la verifica da parte della Cancelleria dell’avvenuta esecuzione della formalità.

Conclusione

Così deciso in Pavia, il 17 marzo 2023.

Depositata in Cancelleria il 23 marzo 2023.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.