È valido il testamento redatto dal de cuius se, al momento della sua redazione, questi viene ritenuto capace di autodeterminarsi deve cioè essere in grado di comprendere il significato delle parole che adotta e deve, pertanto, possedere la capacità di intendere e volere. Il testamento sotto dettatura è nullo solo se si dimostra che il testatore, in quello specifico momento, non era in grado di comprendere ciò che stava compiendo nel trascrivere su un foglio quanto un’altra persona gli stava dicendo di scrivere. Si vuol dire che non è causa di nullità o annullabilità del testamento la redazione dello stesso sotto dettatura, ben potendo il testatore farsi coadiuvare nel confezionamento dell’atto da chicchessia, purché ciò che venga espresso sia frutto della volontà del testatore e che quest’ultimo sia capace di intendere e di volere.

Tribunale|Napoli|Sezione 8|Civile|Sentenza|20 giugno 2023| n. 6346

Data udienza 15 giugno 2023

IL TRIBUNALE DI NAPOLI

– SEZIONE OTTAVA CIVILE –

riunito in camera di consiglio nelle persone dei seguenti magistrati:

1) dott. Pietro Lupi – PRESIDENTE –

2) dott. Rosaria Gatti – GIUDICE –

3) dott. Fiammetta Lo Bianco – GIUDICE rel/est-

ha pronunciato, ai sensi degli artt. 132 cod. proc. civ., 118, comma primo, disp. att. cod. proc. civ. (come modificati dall’art. 45, comma 17, della L. 18 giugno 2009, n. 69) e 190, comma primo, cod. proc. civ., la seguente

SENTENZA

non definitiva nella controversia civile iscritta al numero …/2020 del Ruolo Generale Affari Contenziosi (R. G. A. C.) dell’anno 2020, rimessa al Collegio, per la decisione, all’udienza di precisazione delle conclusioni del 02.02.2023 avente ad oggetto “Cause di impugnazione dei testamenti e di riduzione per lesione di legittima – e promossa

DA

E.T., c.f.: (…), nata a N. (…) residente in P. via C. n.12 con stabile dimora in Napoli G. U. I n.27, rappresentata e difesa dall’avv. ….ed elettivamente domiciliata presso il suo studio sito in Napoli al Corso ….procura allegata all’atto di citazione

ATTORE

CONTRO

P.T., c.f.: (…), nato il (…) a N., residente in V. E. (N.) al corso C. n. 51, rappresentato e difeso dall’avv. …del Foro di Campobasso ed elettivamente domiciliato presso il suo studio sito in Campobasso al Viale…, giusto mandato in calce alla comparsa di costituzione con domanda riconvenzionale.

CONVENUTO/ATTORE IN RICONVENZIONALE

Con l’intervento volontario di

A.P., c.f.: (…), nato il (…) a N. ove risiede alla G. U. I n.27, A. P., c.f.: (…) nata (…) a N. ove risiede alla G. U. I n.27, A. P., c.f.: (…), nata a N. il (…), ove risiede alla G. U. I n.27, tutti rappresentati e difesi dall’Avv. …ed elettivamente domiciliati presso il suo studio sito in Napoli al Corso…, procure allegate all’atto introduttivo di costituzione.

INTERVENTORI VOLONTARI

All’udienza del 2.2.2023, i procuratori delle parti hanno concluso come da note di trattazione scritta depositate telematicamente e che qui devono intendersi integralmente richiamate e trascritte;

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

E.T. ha convenuto in giudizio il fratello P.T. deducendo che con testamento olografo del 03.12.2013, pubblicato il 18.06.2020, la “de cuius” A.C. nata a N. il (…) e deceduta a Napoli il 20.05.2020 aveva così disposto del suo patrimonio: “Le mie ultime volontà. Oggi 3 dicembre 2013 Io sottoscritta A.C. nata a N. il 9 dicembre 1927 sono sola nella mia casa di Napoli e sento di trovarmi nella condizione spirituale giusta per scrivere ciò che da molto tempo sono andata maturato, riflettendo sulla mia situazione.

Pur godendo di perfetta salute, sia psichica che fisica, sento dal profondo del cuore, la necessità di scrivere queste mie volontà ultime per evitare che possano sorgere screzi tra i miei due adorati figli nello sventurato caso in cui dovesse accadere qualcosa di brutto e di imprevedibile

Non è facile affrontare certi argomenti per una persona come me, così legata alla vita e alle mie cose, ma, proprio perché tengo tanto ad esse voglio lasciarle ai miei figli, come qui di seguito preciserò, senza che possano sorgere liti fra loro, in modo che continui a regnare la pace.

Premetto che dal 2009 G. si è ammalato creando non pochi problemi della nostra convivenza; ebbene sin da quel momento mio figlio P. comprendendo la situazione, si è preso cura di noi due ospitandoci a casa sua, a V.E.. Poi col peggiorare della malattia di G., P. mi è stato di grande sostegno supportandomi fino a che G. è deceduto, nel gennaio del 2011. (Da quel momento tranne delle brevissime puntatine nella mia casa di Napoli, Io sono rimasta sempre con mio figlio P., a V.E. o a S.M.. Ormai era chiaro che lui si sarebbe occupato di me per rendere la mia vecchiaia più serena e, di fatto, così è stato ed è tutt’ora Insomma, in una parola, lui ed io abbiamo iniziato a convivere insieme perché lui potesse supportarmi in ogni cosa per il mio bene. Del resto era logico che così fosse visto che la mia adorata figlia E., pur volendo, era sin troppo oberata, tra la famiglia e il suo impegno lavorativo, non potendo materialmente occuparsi anche di me. Ebbene, grata a P. per tutto quello che ha fatto e sta facendo ancora per me, intendo assegnargli oltre alla legittima sulla casa mia di N. alla via S. D. 24, anche la disponibile su questo immobile. Inoltre visto che la mia cara figlia aveva rinunciato all’eredità del padre G. consistente in un appartamento sito a S.M. in P., essendo entrata io per metà in proprietà di detto bene, lascio pure a mio figlio P. questa quota di mia proprietà su questo immobile, insieme ad un locale a largo Trinità in questo comune, ricevuto, in vita, in donazione da G.. Questa mia decisione è dettata anche dal fatto che P., all’atto della rinuncia dell’eredità da parte di mia figlia E., non appena entrato in proprietà di metà di detto appartamento, correttamente ha ritenuto di ricompensarla per più del valore dell’intero detto immobile dando ad E. dei gioielli e mobili di pregio di sua esclusiva proprietà.

Ma, al di là di queste mie disposizioni tengo a precisare e lasciare ai miei cari figli qualcosa di molto più importante: l’amore col quale li ho voluti mettere al mondo e li ho cresciuti! Li amo con tutto il mio cuore al di là del fatto che sono sempre stati due figli esemplari! Io e G. li abbiamo amati più di noi stessi e continueremo a farlo rimanendo loro sempre vicini! Il mio pensiero e la mia benedizione va anche ai miei tre bei nipoti: A.A. e A., ai quali lascio Euro diecimila ciascuno, dovendo, il rimanente, essere diviso in parti uguali fra E. e P.. La mia preghiera sarà quella che tutti i miei cari continuino ad amarsi e a stare in pace tra loro, rispettandosi e volendosi sempre bene. Una raccomandazione ed un caro abbraccio faccio a R. e ad A. perché restino in armonia con i miei cari figli, amandoli e rispettandoli sempre. Con la mia benedizione, tanto in coscienza ho voluto disporre di queste mie ultime volontà sicura di aver agito con giustizia e riconoscimento a chi mi ha fatto del bene. Il presente testamento è stato scritto, datato e sottoscritto di mio pugno. Napoli 3 dicembre 2013 A.C..

Parte attrice ha chiesto dichiarare nullo ed inesistente il testamento del 3.12.2013.

A fondamento delle domande ha dedotto che: l’impugnato testamento era stato redatto sotto dettatura e quindi in difetto di volontà del testatore e tale circostanza sarebbe dimostrata dal fatto che la de cuius aveva descritto alcuni episodi con eccessiva precisione (circostanza indicativa di dettatura dell’atto di ultima volontà) e non fosse presente alcuna correzione di errore di scrittura.

A sostegno delle ragioni sottese alla domanda ha posto la condotta del fratello P.T. che aveva preliminarmente tentato (senza successo) di appropriarsi del bene immobile di maggior valore con atto di disposizione inter vivos e successivamente aveva taciuto l’esistenza del testamento nonostante la testatrice avesse da ultimo dichiarato di voler lasciare i propri beni in parti uguali ai due figli.

Ancora, in fatto, ha prospettato che la de cuius – soggetto sul quale data l’età era facile esercitare coercizione psichica – era stata vittima di violenza morale e psichica che l’aveva indotta al confezionamento del testamento in favore del figlio P..

In particolare, secondo la prospettazione attorea, la de cuius (ultraottantenne, soggetto debole e bisognoso di protezione) aveva beneficiato il figlio P. per ottenerne assistenza e compagnia; mentre, P., con artifizi e raggiri, ne aveva captato e plagiato la volontà inducendola in errore e deviandola verso una direzione che, diversamente, non avrebbe preso.

Sulla scorta di tali allegazioni fattuali, ha anche chiesto dichiarare l’annullabilità e/o la nullità del testamento ex art. 624 c.c. in quanto affetto da errore, captato con dolo se non con violenza morale;

In via gradata, ha avanzato una domanda di riduzione delle disposizioni che ledono la quota riservata ai legittimari ex art. 457 c.c. rappresentando che la disposizione testamentaria in esame aveva leso la sua quota di legittima per circa Euro 50.000,00.

Tanto premesso, E.T. ha convenuto in giudizio il fratello P.T. per sentir accogliere le seguenti conclusioni: – Ritenere e dichiarare l’indegnità a succedere, ex art. 463 n.5 c.c., di P.T. perché in mala fede ha celato l’esistenza del testamento datato 03.12.2013, per l’effetto, escludere lo stesso dalla successione della de cuius A.C.; – Dichiarare nullo ed inesistente il testamento del 3.12.2013 perché redatto sotto dettatura ed in ASSOLUTO difetto di libera volontà da parte della disponente A.C.; applicare in ogni caso l’art. 116 2 comma c.p.c. al fine di consentire al Giudice di trarre argomenti di prova dal contegno manifestamente equivoco di P.T.; – In via gradata ritenere e dichiarare l’annullabilità e/o la nullità della disposizione testamentaria per cui è causa ex art. 624 c.c. in quanto affetta da errore, soggetta a dolo se non a violenza morale; – In via ULTERIORMENTE GRADATA, laddove la disposizione venga ritenuta non affetta da alcuna delle patologie, in accoglimento della spiegata azione di riduzione, ridurre il lascito testamentario eccedente la quota di legge in favore di P.T., facendo salva la quota del legittimario di E.T.; – Parte attrice ha chiesto in ogni caso il rendiconto sull’uso della C.C.P. rilasciata per l’indennità di accompagnamento e per la gestione del rapporto di c/c; – Condannare P.T. a rimborsare le spese sostenute da E.T. per il procedimento di nomina di un Amministratore di Sostegno incardinato presso il Tribunale di Napoli oltre alle spese per garantire alla madre l’assistenza di una badante così come quantificate nella domanda introduttiva.

Si è costituito il convenuto P.T. che, preliminarmente, ha chiesto di integrare il contraddittorio nei confronti di A.P., A.P. ed A.P., legatari beneficiari nel testamento di Euro 10.000,00 ciascuno; in via principale ha impugnato la domanda attorea ribadendo l’autenticità del testamento olografo; ha contestato le ragioni a sostegno della spiegata azione di riduzione; in via riconvenzionale ha chiesto ha chiesto dichiararsi la nullità delle donazioni, pari ad Euro 119.835,00, effettuate in vita dalla de cuius ad E.T., per difetto di forma. In subordine, ha chiesto di computare dette donazioni ai fini della verifica della lesione di legittima denunciata da parte attrice. Riassumendo le difese del convenuto, lo stesso ha precisato che il testamento non era stato scritto sotto dettatura ed è pertanto valido ed efficace; ha precisato che il testamento era stato redatto il 3 dicembre 2013 ed all’epoca la compianta madre non era affetta da patologie che avrebbero potuto minare alla sua capacità, pertanto, il tenore del testamento risulta coerente e genuino e dimostra la consapevolezza della de cuius.

Si sono costituiti volontariamente – così rendendo superfluo l’eventuale ordine di integrazione del contraddittorio (pure richiesto da parte convenuta) – i legatari A.P., A.P. ed A.P., i quali, dichiarando di non avere rilevanti interessi economici nel presente giudizio (legati del quantum di Euro 10.000 ciascuno), si sono rimessi alla decisione del giudicante in ordine alle domande attoree.

La causa, istruita mediante produzioni documentali e prove orali è stata trattenuta in decisione sulle conclusioni in epigrafe trascritte con l’assegnazione degli ordinari termini di cui all’art. 190 c.p.c.

Ciò premesso, rileva il Collegio come la controversia vada esaminata in questa sede nella sua fase preliminare in ordine alla domanda ex art. 463, comma 5, c.c. e al titolo regolativo della successione, in particolare sulla validità o meno del testamento olografo a firma della de cuius A.C..

Orbene, ai sensi dell’art. 463 c.c. l’indegnità a succedere non integra un’ipotesi di incapacità all’acquisto dell’eredità, ma è causa di esclusione dalla successione; infatti, l’indegnità, come configurata nell’unica disposizione del codice che ne prevede le varie ipotesi, non è uno status connaturato al soggetto che si assume essere indegno a succedere, ma una qualificazione di un comportamento del soggetto medesimo, che deve essere data dal giudice a seguito dell’accertamento del fatto che integra quella determinata ipotesi di indegnità dedotta in giudizio, e che si sostanzia in una vera e propria sanzione civile di carattere patrimoniale avente un fondamento pubblicistico (Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 7266 del 29 marzo 2006).

Le cause di indegnità possono essere suddivise in due gruppi. Al primo appartengono le condotte elencate ai nn. da 1 a 3 bis dall’ art. 463 c.c. e costituiscono attentato alla personalità fisica e morale del de cuius (omicidio, calunnia, falsa testimonianza, decadenza dalla potestà genitoriale): trattasi di condotte particolarmente gravi e socialmente riprovevoli commesse verso la persona del de cuius o verso il coniuge, il discendente o l’ascendente di questo; appartengono al secondo gruppo di condotte da cui può conseguire l’indegnità quelle elencate n. da 4 a 6, relative ad offese alla libertà di testare del de cuius o al testamento dello stesso; in particolare il n.5, richiamato dall’attrice, contempla la dichiarazione di indegnità per chi abbia alterato, celato o soppresso un testamento dal quale la successione sarebbe stata regolata.

L’ipotesi di indegnità a succedere prevista dall’art. 463, n. 5. c.c. rientra tra quelle dirette a ledere la libertà di testare e, conseguentemente, richiede un comportamento che abbia impedito il realizzarsi delle ultime volontà del testatore, contenute nella scheda celata. Deve, pertanto, escludersi l’applicazione della norma, quando l’esistenza del testamento non può essere occultata, perché redatto in forma pubblica, e quando colui contro il quale si rivolge l’accusa d’indegnità sia il successore legittimo e l’erede ivi designato. (Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 9274 del 9 aprile 2008).

Dai fatti narrati dalle parti e portati all’attenzione del Collegio appare evidente che il convenuto non ha occultato il testamento olografo per cui è causa che è stato prontamente pubblicato.

Del resto, parte attrice, a sostegno della domanda di indegnità ex art. 463, n. 5 c.c., ha posto la condotta del fratello, il quale – sempre secondo la prospettazione attorea – appreso verbalmente dalla madre che costei, all’età di 93 anni, aveva intenzione di lasciare i propri beni in parti uguali ai figli, aveva omesso di ricordarle che aveva già confezionato il testamento per cui è causa.

Appare del tutto evidente come i fatti prospettati dall’attrice – anche a voler ammettere che il T. fosse a conoscenza del contenuto del testamento – non integrano affatto l’ipotesi di cui all’art. 463, n.5, c.c., non sussistendo alcun obbligo giuridico, sancito con l’indegnità a succedere, di ricordare al testatore quali fossero le precedenti volontà confezionate in testamento.

Ugualmente non può essere accolta la richiesta di declaratoria di nullità ed inesistenza del testamento perché redatto sotto dettatura ed in difetto di libera volontà da parte della de cuius A.C.. Invero, il testamento è stato redatto il 3 dicembre 2013, epoca in cui la testatrice era in buone condizioni di salute e tale circostanza è pacifica tra le parti. Osservato poi che, a supporto della fraudolenta dettatura, non può porsi esclusivamente la chiarezza e la fluidità della grafia, le argomentazioni svolte da parte attrice non disvelano nessun comportamento anomalo e viziato di P.T., né, tantomeno, l’uso da parte di quest’ultimo di mezzi fraudolenti tali da trarre in inganno il testatore, suscitando in lei false rappresentazioni ed orientando la sua volontà in un senso in cui non si sarebbe spontaneamente indirizzata (Cassazione Civ., Sez. II, 30 ottobre 2008, n. 26258).

È valido il testamento redatto dal de cuius se, al momento della sua redazione, questi viene ritenuto capace di autodeterminarsi deve cioè essere in grado di comprendere il significato delle parole che adotta e deve, pertanto, possedere la capacità di intendere e volere. Il testamento sotto dettatura è nullo solo se si dimostra che il testatore, in quello specifico momento, non era in grado di comprendere ciò che stava compiendo nel trascrivere su un foglio quanto un’altra persona gli stava dicendo di scrivere.

Si vuol dire che non è causa di nullità o annullabilità del testamento la redazione dello stesso sotto dettatura, ben potendo il testatore farsi coadiuvare nel confezionamento dell’atto da chicchessia, purché ciò che venga espresso sia frutto della volontà del testatore e che quest’ultimo sia capace di intendere e di volere.

Nel caso di specie, parte attrice non ha neppure prospettato l’incapacità di intendere e di volere della testatrice, né ha fornito prova del fatto che “a cagione di una infermità transitoria o permanente, ovvero di altra causa perturbatrice, il soggetto sia stato privo in modo assoluto, al momento della redazione dell’atto di ultima volontà, della coscienza dei propri atti ovvero della capacità di autodeterminarsi, con il conseguente onere, a carico di chi quello stato di incapacità assume, di provare che il testamento fu redatto in un momento di incapacità di intendere e di volere” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9081 del 15/04/2010), sicché le deduzioni sottese alla stesura del testamento sotto dettatura sono, da questo punto di vista, del tutto irrilevanti.

Egualmente infondata è poi la domanda ex art. 624 c.c. relativa alla richiesta di annullabilità e/o la nullità della disposizione testamentaria in quanto affetta da errore, soggetta a dolo se non a violenza morale.

“In tema di impugnazione di una disposizione testamentaria che si assuma effetto di dolo, per potere configurarne la sussistenza non è sufficiente qualsiasi influenza di ordine psicologico esercitata sul testatore mediante blandizie, richieste, suggerimenti o sollecitazioni, ma occorre la presenza di altri mezzi fraudolenti che – avuto riguardo all’età, allo stato di salute, alle condizioni di spirito dello stesso – siano idonei a trarlo in inganno, suscitando in lui false rappresentazioni ed orientando la sua volontà in un senso in cui non si sarebbe spontaneamente indirizzata. La relativa prova, pur potendo essere presuntiva, deve fondarsi su fatti certi che consentano di identificare e ricostruire l’attività captatoria e la conseguente influenza determinante sul processo formativo della volontà del testatore (Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 4653 del 28 febbraio 2018); inoltre, per affermare l’esistenza della captazione, la quale deve essere configurata come il dolus malus causam dans trasferito dal campo contrattuale a quello testamentario, non basta una qualsiasi influenza esercitata sul testatore per mezzo di sollecitazioni, consigli, blandizie e promesse, ma è necessario il concorso di mezzi fraudolenti, che siano da ritenersi idonei ad ingannare il testatore e ad indurlo a disporre in modo difforme da come avrebbe deciso se il suo libero orientamento non fosse stato artificialmente e subdolamente deviato” (Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 2122 del 27 febbraio 1991).

In tema di errore ex art. 624 c.c. è necessaria la dimostrazione che la volontà del testatore sia stata influenzata in maniera decisiva dalla percezione, come reali, di fatti diversi dal vero. Analogamente, in tema di dolo o violenza, sempre ex art. 624 c.c., occorre la prova che i fatti di induzione in errore o di violenza abbiano indirizzato la volontà del testatore in modo diverso da come essa avrebbe potuto normalmente determinarsi. Più in particolare, quanto al dolo, ad integrare la captazione non basta una qualsiasi influenza esercitata sul testatore attraverso blandizie, richieste, suggerimenti, sollecitazioni e simili, sia pure interessati, ma è necessario l’impiego di altri mezzi fraudolenti che, avuto riguardo all’età, allo stato di salute e alle condizioni psichiche del de cuius, siano idonei a trarlo in inganno, suscitando in lui false rappresentazioni ed orientando la sua volontà in un senso verso il quale non si sarebbe spontaneamente indirizzata (Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 254 del 22 gennaio 1985).

Nel caso in esame, parte attrice, a sostegno della domanda, ha posto la circostanza che la de cuius al momento della redazione “fidava in una rappresentazione della realtà di fatto che conosceva nella continua assistenza e cura del figlio P.”, mentre P. la aveva abbandonata proprio nel periodo in cui aveva maggiore necessità di assistenza ovvero negli ultimi 3 mesi di vita (cfr. atto di citazione pag. 7, parr a e b).

Orbene, va sul punto preliminarmente osservato che le attribuzioni testamentarie in favore di P.T. non sono affatto sottoposte alla condizione della prestazione, da parte dell’istituito, di assistenza al testatore fino alla morte (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 28272 del 06/11/2018), sicché in questa sede è irrilevante indagare se ed in che misura il T. abbia o meno adempiuto alla condizione (appunto insussistente), anche in considerazione del fatto che comunque non risulta svolta alcuna domanda volta a far acclarare l’inefficacia della disposizione testamentaria per mancata verificazione della condizione.

Il tema di indagine si sposta sull’errore, quale vizio della volontà della de cuius.

Ebbene, secondo la stessa prospettazione attorea, il T. aveva abbandonato la madre negli ultimi tre mesi di vita (cfr. atto di citazione, pag. 7), ciò che induce a ritenere pacifico che fino ad allora il T. si ne fosse preso cura.

Ciò consente senz’altro di ritenere che all’epoca del confezionamento del testamento (2013) le circostanze descritte nel testamento trovavano pieno riscontro nella realtà fattuale: il T. viveva con la madre a V.E., a S.M., con brevi soggiorni a Napoli.

E’ poi provato che anche nel periodo in cui P.L.N. (e la madre), ovvero dal 23.2.2020, costui voleva restare a casa a Napoli ma ciò gli fu impossibile perché la badante – assunta da E. – “mi aveva detto che non poteva dormire con uomini” (cfr. risposta all’interrogatorio formale resa dall’attrice, all’udienza del 28.4.2021); così come è provato che il T., cessate le prescrizioni anti covid si era recato a Napoli per prendere la madre, che voleva andare con lui, ma E. frappose un netto rifiuto (cfr. risposta all’interrogatorio formale). L’attrice ha giustificato il rifiuto a far partire la madre perché “gli spostamenti potevano essere dannosi, come anche da relazione del neurologo”. Tuttavia, di tale relazione del neurologo non vi è traccia negli atti di causa.

In sostanza, dall’istruttoria svolta, si ricava soltanto che in data 23.2.2020, P.T. lasciò Napoli, indicando alla sorella di dover occuparsi lei della madre (cfr. sms del 19.2.2020 produzione di parte attrice).

Di lì a pochi giorni, la nota pandemia con le restrizioni a partire dall’8.3.2020, hanno evidentemente impedito qualsiasi spostamento, sicché ogni indagine in tale periodo appare del tutto irrilevante, dovendosi ritenere che comunque il T., per causa a sé non imputabile, non avrebbe potuto raggiungere la madre; cessate le prescrizioni, fu la T. a impedire il trasferimento della madre presso il fratello.

Tale essendo la realtà fattuale del periodo in esame, occorre verificare se l’aver lasciato la madre dal 23.2.2020 all’8.3.2020 possa costituire errore di fatto compiuto dalla testatrice aver ritenuto che il figlio si sarebbe occupato di lei vita natura durante.

Dalla lettura del testamento non può desumersi che la testatrice avesse presupposto che il figlio si occupasse di lei h24 vita natural durante, atteso che così si è espressa: “oramai era chiaro che lui si sarebbe occupato di me per rendere la mia vecchiaia più serena, di fatti, così è stato ed è tutt’ora”. Tale primo inciso limita la considerazione della de cuius alla attualità (ovvero al 2013); ancora riferita all’attualità è l’ulteriore esternazione di gratitudine… “per tutto quello che ha fatto e sta facendo ancora per me”, senza alcuna previsione per il futuro.

In sostanza, l’attribuzione testamentaria anche della disponibile sull’immobile a N., alla via S. D., appare a carattere remuneratorio per l’assistenza fino a quel momento prestata.

Infine, generiche appaiono le asserzioni circa la violenza morale e la captazione, formulate, del resto, in termini meramente ipotetici da parte attrice (cfr. atto di citazione 7).

Per tutte le suesposte considerazioni la domanda attoria relativa alla questione preliminare in ordine al titolo regolativo della successione della de cuius A.C. va rigettata.

Discende dal rigetto delle domande attoree circa la validità del testamento e dal rigetto della domanda volta della declaratoria di indegnità a succedere di P.T., che la successione di A.C. deve ritenersi regolata dal testamento olografo del 03.12.2013, pubblicato il 18.06.2020.

In via subordinata, l’attrice ha avanzato domanda di riduzione, per una asserita lesione pari ad Euro 50.000,00.

Il convenuto, dal canto suo, ha dedotto che E. aveva ricevuto in donazione dalla madre Amalia: l’importo di Euro 45.000,00 per l’acquisto della casa di Procida (cfr. l’allegata copia del bonifico di Euro 90.000,00 del 21 maggio 2008 effettuato sul c/c comune dei genitori – G.T. ed A.C. -, per cui l’importo totale va ridotto alla metà); nonché, con altro bonifico del 20/03/2003 l’importo di Euro 149.670,00 Euro (pari a 300 milioni delle vecchie L.), anch’esso fuoriuscito dal conto comune dei genitori (cfr. la copia allegata). Trattandosi di donazioni non di modica entità, ne ha chiesto dichiararsene la nullità per difetto di forma e disporne la restituzione al patrimonio della de cuius e quindi alla massa ereditaria ai fini del computo della legittima.

Orbene, posto che “Ai fini del calcolo della quota disponibile ai sensi dell’art. 556 c.c., sono sempre assoggettate a riunione fittizia tutte le donazioni, a chiunque fatte, indipendentemente dalla qualità di congiunto, erede o di estraneo del donatario” (Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 14193 del 05/05/2022), occorre preliminarmente vagliare la domanda riconvenzionale spiegata dal convenuto.

Sul punto, parte attrice si è difesa assumendo che le somme di cui alle donazioni provenivano da un conto alimentato dai soli proventi di vendite di beni personali del padre, con la conseguenza che tali somme non provenivano dal patrimonio materno.

A sostegno dell’eccezione, E.T. ha prodotto, in primo luogo, il testamento paterno ove vi è specifica menzione del bonifico del 20.3.2003 a favore della figlia e vi è precisa indicazione della provenienza delle somme: ovvero la vendita dei fondi rustici e di 3 lotti edificatori, pacificamente di sola proprietà paterna.

A fronte di siffatta indicazione, parte convenuta si è limitata ad una generica contestazione, assumendo che il conto da cui era stato effettuato il bonifico fosse alimentato anche dai risparmi materni. Tuttavia, tale circostanza non esclude affatto che la specifica somma di cui alla donazione fosse stata effettuata con denaro esclusivamente paterno e la concordanza e precisione del dato testamentario induce a ritenere provata la circostanza. Ne discende che la domanda riconvenzionale svolta da P.T. circa la donazione di cui al bonifico del 20.3.2003 va rigettata.

Mentre, avuto riguardo all’ulteriore bonifico, il solo deposito della visura che attesta una vendita del 15.4.2008 non è idonea a far ritenere la esclusiva provenienza dal patrimonio paterno.

Discende da quanto esposto che deve ritenersi che l’importo di Euro 45.000,00 sia stato donato dalla de cuius ad E.T..

Avuto riguardo all’ulteriore difesa di E.T., secondo cui la donazione non sarebbe soggetta all’obbligo della forma solenne, in quanto di modico valore ex art. 783 c.c., deve preliminarmente osservarsi che, come chiarito dalla Suprema Corte, il riconoscimento del modico valore presuppone la ricorrenza di due elementi di valutazione: “quello obiettivo, correlato al valore del bene che ne è oggetto, e quello soggettivo, per il quale si tiene conto delle condizioni economiche del donante. Ne consegue che l’atto di liberalità, per essere considerato di modico valore, non deve mai incidere in modo apprezzabile sul patrimonio del donante” (cfr. Cass. Sez. 2 -, Ordinanza n. 3858 del 17/02/2020).

Ebbene, parte attrice, pur essendo gravata dallo specifico onere di allegazione e prova degli elementi caratterizzanti la modica entità, si è limitata ad asserire che “l’entità degli importi è tale da ricondurre le donazioni tra quelle di valore modico (quindi non soggette a vincolo di forma); e, a dirla tutta, sorregge tale conclusione il sistema normativo vigente, che consente -ai fini fiscali di tassazione delle donazioni- di qualificare di modico valore tutte quelle donazioni che avvengano per importi non superiori al milione di Euro. (cfr. I memoria ex art. 183 sesto comma c.p.c., 9, di parte attrice).

Trattasi, com’è evidente, di richiamo ad una normativa (quella fiscale) inconferente ai fini della valutazione ex art. 783 c.c. che, come anticipato, richiede un giudizio fattuale di valutazione oggettiva e soggettiva.

In difetto di specifica allegazione degli elementi su cui fondare il giudizio di modica entità, la difesa non può essere condivisa, dovendosi piuttosto rilevare che l’importo di Euro 45.000,00, sul piano oggettivo, non può di per sé ritenersi di modica entità e, sul piano soggettivo, corrisponde a circa 1/3 del valore della liquidità relitta (euro 130.000,00)

Discende dalle considerazioni svolte che va dichiarata la nullità della donazione di Euro 45.000,00 effettuata da A.C. in favore di E.T. a mezzo bonifico bancario del 21 maggio 2008, per difetto di forma ex art. 782 c.c.

La causa, a questo punto, va rimessa sul ruolo per il prosieguo dell’istruttoria.

Trattandosi di sentenza non definitiva, la regolamentazione delle spese va rimessa alla decisione definitiva.

P.Q.M.

IL TRIBUNALE DI NAPOLI – SEZIONE OTTAVA CIVILE -, in composizione collegiale, non definitivamente pronunziando nella controversia civile promossa come in epigrafe e narrativa, disattesa ogni altra istanza ed eccezione, così provvede:

rigetta le domande attoree volte ad ottenere la declaratoria di nullità e inesistenza del testamento olografo di A.C. datato 03.12.2013;

rigetta la domanda attorea ex art. 463, V comma, c.c.;

dichiara aperta la successione testamentaria di A.C.;

dichiara la successione di A.C. regolata dal testamento olografo datato 03.12.2013, pubblicato il 18.06.2020;

rigetta la domanda riconvenzionale avente ad oggetto il bonifico bancario del 20.3.2003;

dichiara la nullità per difetto di forma della donazione di Euro 45.000,00 effettuata da A.C. in favore di E.T. a mezzo bonifico bancario del 21 maggio 2008;

dispone con separata ordinanza in ordine al prosieguo del giudizio;

Spese al definitivo.

Così deciso in Napoli, nella Camera di Consiglio del 15 giugno 2023.

Depositata in Cancelleria il 20 giugno 2023.

Per ulteriori approfondimenti in materia di successioni e donazioni, si consigliano i seguenti articoli:

Il testamento olografo, pubblico e segreto.

La donazione art 769 c.c.

La revoca della donazione.

Eredità e successione ereditaria

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.