Ove dopo la notifica del decreto ingiuntivo, intervenga tra le parti un accordo transattivo contenente l’espressa rinuncia del creditore ingiungente ad azionare il titolo esecutivo, il rimedio con cui il debitore ingiunto può far valere il fatto estintivo del credito, integrato dalla transazione, è costituito dall’opposizione al decreto ingiuntivo (articolo 645 c.p.c.) e non già dall’opposizione all’esecuzione (articolo 615 c.p.c.).

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Corte di Cassazione|Sezione 1|Civile|Ordinanza|10 gennaio 2023| n. 372

Data udienza 21 ottobre 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere

Dott. VALENTINO Daniela – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso RG 17027 anno 2018 proposto da:

(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), rappresentate e difese dall’avvocato (OMISSIS), domiciliate presso l’avvocato (OMISSIS);

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 69/2018 della Corte di appello di Trento depositata il giorno 19 marzo 2018.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 21 ottobre 2022 dal Consigliere Relatore Dott. Massimo Falabella.

FATTO E DIRITTO

1. – Il Tribunale di Rovereto ha respinto l’opposizione proposta da (OMISSIS) avverso il decreto ingiuntivo pronunciato nei suoi confronti su ricorso di (OMISSIS).

Nel proporre l’opposizione (OMISSIS) aveva dedotto di aver raggiunto con l’ingiungente un accordo transattivo e di aver corrisposto allo stesso intimante la somma pattuita.

2. – Il gravame proposto da (OMISSIS) e’ stato poi rigettato dalla Corte di appello di Trento con sentenza pubblicata il 19 marzo 2018. La detta Corte ha osservato, in sintesi, che l’appellante mancava dell’interesse ad agire, dal momento che l’accordo transattivo prevedeva che (OMISSIS) rinunciasse espressamente ad azionare il titolo costituito dal decreto ingiuntivo, sicche’ tra le parti non poteva ravvisarsi alcuna situazione di incertezza e di contrasto tale da giustificare l’opposizione; ha aggiunto il Giudice del gravame che un’eventuale azione dell’intimante avrebbe potuto del resto facilmente paralizzarsi in virtu’ della richiamata transazione, visto che (OMISSIS) avrebbe avuto titolo a invocare l’accordo quale fatto estintivo o modificativo del diritto azionato.

3. – Ricorre per cassazione, con due motivi, (OMISSIS). Resistono con controricorso (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nella qualita’ di eredi di (OMISSIS).

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Col primo motivo sono denunciate violazione di legge ed errata applicazione di norme di diritto, con riguardo alla valutazione circa l’insussistenza dell’interesse giuridicamente rilevante dell’odierno ricorrente nel proporre opposizione. L’istante ricorda come in data 13 febbraio 2015 (OMISSIS) gli avesse notificato un atto di precetto unitamente al decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo pronunciato dal Tribunale di Rovereto; rileva che esso (OMISSIS), al fine di tutelare la propria posizione, non aveva altra possibilita’ se non quella di proporre opposizione al fine di ottenere la declaratoria di inefficacia o di nullita’ del decreto ingiuntivo. Col secondo mezzo sono lamentate violazione di legge ed errata applicazione di norme di diritto con riguardo all’apprezzamento quanto all’insussistenza dei presupposti per l’accertamento della responsabilita’ aggravata di cui all’articolo 96 c.p.c.. Si osserva, in sintesi, che per non contrastare con l’esercizio di facolta’ previste dall’ordinamento di diritti costituzionalmente garantiti, la norma di cui all’articolo 96 c.p.c. andrebbe opportunamente limitata nella sua sfera di applicazione: essa dovrebbe colpire quelle sole condotte imputabili soggettivamente alla parte per dolo o colpa grave e quei comportamenti che abbiano determinato un indebito prolungamento della durata del processo.

2. – Il primo motivo appare fondato.

La notifica del decreto ingiuntivo, unitamente all’atto di precetto, data, come si e’ visto, 13 febbraio 2015. L’accordo transattivo preso in considerazione della sentenza impugnata e’ stato pacificamente concluso quando era ancora pendente il termine per proporre opposizione ex articolo 645 c.p.c.: lo si desume dalla pronuncia della Corte di appello (pag. 3), ove si spiega che il detto accordo faceva menzione del decreto ingiuntivo (che era quindi anteriore ad esso) e ove si da’ implicitamente atto della tempestivita’ dell’impugnazione del provvedimento monitorio (che viene considerata inammissibile non per la sua intempestivita’, ma per la carenza di interesse ad agire dell’opponente: cfr. pagg. 3 s.): una conferma in tal senso si trae, del resto, dal controricorso, ove si espone che l’accordo in questione si perfeziono’ il 24 febbraio 2015.

Cosi’ stando le cose, l’odierno ricorrente non poteva far valere il fatto estintivo del credito, integrato dalla transazione, che con l’opposizione a decreto ingiuntivo: in tal senso, non merita condivisione il rilievo del Giudice distrettuale, secondo cui (OMISSIS) avrebbe potuto paralizzare una futura iniziativa di (OMISSIS), diretta ad ottenere il pagamento di quanto corrisposto in forza della transazione, attraverso l’opposizione all’esecuzione di cui all’articolo 615 c.p.c..

Come e’ noto, infatti, in sede di opposizione nel processo di esecuzione, la pretesa esecutiva fatta valere dal creditore puo’ essere neutralizzata soltanto con la deduzione di fatti modificativi o estintivi del rapporto sostanziale, consacrato dal giudicato, che si siano verificati successivamente alla formazione del giudicato stesso, e non anche sulla base di quei fatti che, in quanto verificatisi in epoca precedente, avrebbero potuto essere dedotti nel giudizio di cognizione preordinato alla costituzione del titolo giudiziale, e risulterebbero, percio’, in contrasto con l’accertamento contenuto nel giudicato (per tutte: Cass. 18 ottobre 2012, n. 17903; Cass. 25 settembre 2000, n. 12664; Cass. 5 dicembre 1988, n. 6605).

In conseguenza, nel caso in cui tra le parti di un giudizio intervenga una transazione, senza che, tuttavia, alcuna di esse deduca in giudizio la sopravvenuta composizione transattiva della controversia ed il giudizio sia definito con sentenza non impugnata e passata in giudicato, la situazione cosi’ accertata diviene intangibile e preclude ogni possibilita’ di rimetterla in discussione in un successivo giudizio e di far valere il contenuto dell’accordo transattivo (Cass. 14 febbraio 2012, n. 2155; Cass. 15 febbraio 2005, n. 3026).

Poiche’ in sede di opposizione a qualsiasi tipo di esecuzione promossa in base ad una sentenza passata in giudicato non possono farsi valere i fatti modificativi od estintivi del rapporto sostanziale che siano anteriori alla pronuncia del titolo esecutivo e, quindi, neppure la transazione intervenuta prima della formazione del giudicato (Cass. 16 giugno 1987, n. 5294), compete all’interessato dedurre in giudizio la transazione.

Al giudice del merito spetta, correlativamente, di prendere atto che da essa e’ scaturito un nuovo regolamento della res controversa; ove poi la transazione contenga una rinuncia all’azione (rinuncia che (OMISSIS) ebbe a formulare nell’accordo transattivo, come si legge a pag. 3 s. della sentenza impugnata), deve tenersi conto che tale rinuncia estingue l’azione e determina la cessazione della materia del contendere (Cass. 10 settembre 2004, n. 18255; Cass. 19 marzo 1990, n. 2267): in conseguenza, il giudice dell’opposizione e’ tenuto, in siffatta evenienza, a revocare il decreto ingiuntivo (nel senso che la cessazione della materia del contendere verificatasi successivamente alla notifica del decreto ingiuntivo travolge anche il medesimo decreto, che deve essere revocato, senza che rilevi, in contrario, l’eventuale posteriorita’ dell’accertato fatto estintivo rispetto al momento di emissione dell’ingiunzione: Cass. 22 maggio 2008, n. 13085; Cass. 10 aprile 2000, n. 4531).

Ecco, dunque, che, la Corte di appello ha errato nel ritenere che (OMISSIS) non avesse interesse a opporre il decreto ingiuntivo: egli vi aveva di contro interesse, posto che solo con la detta opposizione era possibile ottenere la caducazione del provvedimento monitorio e scongiurare, quindi, la possibilita’ che questo, una volta passato in giudicato, potesse essere azionato in futuro contro lo stesso ricorrente (il quale, per quanto detto, non avrebbe potuto far valere, a quel punto, con l’opposizione ex articolo 615 c.p.c., l’assetto della convenzione transattiva, essendosi questa perfezionata prima del passaggio in giudicato del decreto).

La revoca non doveva del resto nuocere all’ingiungente, posto che, per un verso, quest’ultimo non aveva piu’ titolo a pretendere alcunche’ dalla controparte e che, per altro verso, in linea di principio, in caso di rinuncia all’azione le spese di giudizio vanno poste a carico del rinunciante (Cass. 10 settembre 2004, n. 18255, cit.).

3. – Va conseguentemente accolto anche il secondo motivo, visto che, dovendosi concludere il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo con la revoca del provvedimento monitorio, l’odierno ricorrente non poteva di certo considerarsi parte soccombente, a norma dell’articolo 96 c.p.c., comma 1.

4. – La sentenza impugnata e’ quindi cassata.

Decidendosi nel merito, in assenza della necessita’ di ulteriori accertamenti di fatto, il decreto ingiuntivo e’ revocato e nulla viene disposto in punto di responsabilita’ aggravata ex articolo 96 c.p.c..

5. – Reputa il Collegio che, in considerazione del complessivo esito della lite, e tenuto conto, tuttavia, che il fatto estintivo della pretesa e’ sopravvenuto dopo la notifica del decreto ingiuntivo, le spese dell’intero giudizio possano compensarsi per meta’, riversandosi il residuo sulle controricorrenti.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, revoca il decreto ingiuntivo opposto e statuisce nulla essere dovuto ex articolo 96 c.p.c. da parte del ricorrente; compensa per meta’ le spese dell’intero giudizio, cosi’ liquidate: per il primo grado, Euro 3.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge; per l’appello, Euro 3.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge; per il giudizio di legittimita’, Euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge; condanna conseguentemente le controricorrenti al pagamento della meta’ degli importi sopra indicati.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.