Per l’applicazione dell’usucapione speciale di cui all’articolo 1159-bis c.c. introdotta dalla L. n. 346 del 1976, con la finalita’ di incoraggiare lo sviluppo e salvaguardare il lavoro agricolo – non e’ sufficiente che il fondo sia iscritto nel catasto rustico, ma e’ necessario che esso, quanto meno all’atto dell’inizio della possessio ad usucapionem, sia destinato in concreto all’attivita’ agraria, atteso che tale usucapione puo’ avere ad oggetto soltanto un fondo rustico inteso come entita’ agricola ben individuata ed organizzata, che sia destinata ed ordinata a una propria vicenda produttiva. Ne consegue che l’articolo 1159-bis c.c., non e’ applicabile, ne’ in via analogica, trattandosi di norma eccezionale rispetto a quella di cui all’articolo 1158 c.c., ne’ in base ad un’interpretazione estensiva, tenuto conto delle finalita’ perseguite dal legislatore, qualora il possesso protratto venga dedotto ai fini dell’acquisizione di limitate superfici, ancorche’ facenti parte di maggiori fondi coltivati o coltivabili siti in zone montane, che non siano di per se’ idonee a costituire un’autonoma unita’ produttiva.

 


Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 13 giugno 2018, n. 15504

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere

Dott. CORTESI Francesco – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 22400/2013 R.G. proposto da:

(OMISSIS), rappresentato e difeso, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dagli avv. (OMISSIS) e (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), rappresentato e difeso, in forza di procura speciale a margine del controricorso, dagli avv. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio degli avv. (OMISSIS), (OMISSIS);

(OMISSIS), rappresentata e difesa, in forza di procura speciale a margine del controricorso, dall’avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio del difensore;

– controricorrenti incidentali –

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Trento sez. dist. Bolzano n. 113, depositata il 6 luglio 2013.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15 gennaio 2018 dal Consigliere Dott. Giuseppe Tedesco;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale; per l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato di (OMISSIS); per l’accoglimento del ricorso incidentale di (OMISSIS).

udito l’avv. (OMISSIS) per (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS) chiamava in giudizio dinanzi al tribunale di Bolzano i coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS), chiedendo la condanna dei convenuti a rilasciare una porzione di terreno che l’attore aveva acquistato agli incanti nell’ambito di un giudizio di divisione, di cui era stato parte, quale condividente, anche il convenuto (OMISSIS).

L’attore precisava che, con riferimento ai beni oggetto della domanda di rilascio, aveva stipulato, con la convenuta (OMISSIS), un contratto d’affitto che prevedeva la facolta’ del concedente di recedere dal contratto in qualsiasi momento.

Posto che la convenuta non aveva pagato i canoni, continuando a occupare i cespiti insieme al coniuge, in aggiunta al rilascio del bene, l’attore chiedeva la condanna dei convenuti al risarcimento del danno.

I convenuti si costituivano, contestando la domanda.

In particolare, (OMISSIS), deducendo di essere nel possesso del terreno da oltre quaranta anni, chiedeva accertarsi il compimento dell’usucapione in proprio favore ai sensi dell’articolo 1158 c.c. e, in subordine, ai sensi dell’articolo 1159-bis c.c..

(OMISSIS), per quanto ancora interessi in questa sede, negava di avere mai posseduto l’appezzamento rivendicato dall’attore, che era nel possesso esclusivo del marito da quaranta anni.

2. Il tribunale rigettava la domanda principale e accoglieva la domanda riconvenzionale di (OMISSIS).

3. Contro la sentenza proponeva appello (OMISSIS), che era accolto dalla Corte d’appello di Trento, che condannava i convenuti al rilascio e al risarcimento del danno.

La corte distrettuale rilevava che l’attore aveva acquistato i fondi agli incanti nell’ambito di un giudizio di divisione di cui era stato parte, quale condividente, anche (OMISSIS), che non si era opposto alla vendita agli incanti e aveva “plausibilmente incassato il prezzo corrispondente alla sua quota di comproprieta’”.

Secondo la corte di merito, la mancata opposizione voleva dire che, fino a quel momento, il possesso dell’attuale ricorrente sulla cosa era quello del comproprietario e, conseguentemente, egli non aveva potuto usucapire le quote degli altri condomini.

Da cio’ i giudici d’appello ne deducevano che il possesso utile per l’usucapione era iniziato nel 1990: essendo la citazione in rivendica del 2007, l’usucapione ordinaria non era maturata.

La corte di merito rigettava inoltre la domanda subordinata di (OMISSIS), di usucapione quindicennale prevista dall’articolo 1159-bis c.c., negando la destinazione dell’area a una ordinata vicenda produttiva.

La corte di merito, infine, riconosceva che l’area oggetto della domanda era nella disponibilita’ anche di (OMISSIS), per cui la condanna al rilascio e al risarcimento del danno era giustificata nei confronti di entrambi i convenuti.

In particolare la corte d’appello, pur riconoscendo che (OMISSIS) non aveva accampato pretese fondate sul possesso, poneva l’accento sulla presenza sul fondo di uno stenditoio e di un orto, desumendone da cio’ un’utilizzazione per esigenze familiari e il possesso comune dei coniugi convenuti.

4. Per la cassazione della sentenza (OMISSIS) ha proposto ricorso sulla base di undici motivi.

(OMISSIS) ha resistito con controricorso, contenente ricorso incidentale condizionato sulla base di tre motivi.

(OMISSIS) ha depositato controricorso con ricorso incidentale affidato a due motivi.

(OMISSIS) ha sua volta depositato controricorso al ricorso incidentale di (OMISSIS).

Il ricorrente principale ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 2727 e 1158 c.c., articolo 2697 c.c. e articolo 116 c.p.c., per avere la corte d’appello presunto la mancanza del possesso dai seguenti fatti ignoti: le ragioni della mancata opposizione del ricorrente alla vendita all’asta nel giudizio divisionale e l’incasso della quota parte del prezzo (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 1142, 2727, 1158, 2697 c.c., articolo 116 c.p.c., per avere la corte d’appello superato la presunzione legale di possesso intermedio, posta dall’articolo 1142 c.c., sulla base della supposizione che la mancata opposizione all’asta svoltasi nel giudizio di divisione (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) fosse dipesa da una scelta volontaria dell’attuale ricorrente.

Il terzo motivo denuncia omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti: la contumacia di (OMISSIS) nel giudizio divisionale (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 115, 191 c.p.c. e articolo 2967 c.c., per avere la corte d’appello fondato la propria decisione su un documento (la vendita all’asta) non rientrante nel novero delle prove e, pertanto, non utilizzabile per la formazione del convincimento (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

Il quinto motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 2909 e 2727 c.c., per avere la corte d’appello presunto il passaggio in giudicato di una sentenza intervenuta in un differente procedimento fra parti diverse, in assenza della relativa attestazione di cancelleria (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

Il sesto motivo denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per avere la corte d’appello omesso di considerare, nella prospettiva dell’usucapione, gli atti di amministrazione e disposizione compiuti negli anni da (OMISSIS) (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

Il settimo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 1158, 1102, 1141, 1164 c.c., per avere la corte d’appello escluso che gli atti di straordinaria amministrazione e di disposizione della cosa comune, posti in essere dal convenuto, comportassero la mutazione del possesso, idonea a giustificare l’usucapione delle quote altrui (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

L’ottavo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 1158 e segg., articoli 1149, 2934, 2943 c.c., per avere la corte d’appello ritenuto che la conoscenza dell’altrui diritto di proprieta’ fosse prevalente rispetto alla mancanza di volonta’ di attribuire i beni ad altri soggetti (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

Il nono motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 183 c.p.c., articoli 2943 e segg., articolo 1167 c.c., per avere la corte di merito attribuito d’ufficio effetto interruttivo dell’usucapione alla sentenza intervenuta nel giudizio divisorio e alla vendita all’asta (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

Il decimo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 1158 e segg., articolo 1140 c.c., per aver la corte d’appello desunto dalla mancata opposizione agli incanti la mala fede del possessore, essendo in ogni caso la mala fede irrilevante in materia di usucapione (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

L’undicesimo motivo denuncia omesso esame di un fatto decisivo: la corte d’appello non aveva considerato, nella valutazione dei presupposti dell’usucapione ex articolo 1159-bis c.c., i “fatti”, risultanti dalle deposizioni testimoniali, del taglio dell’erba e della rivendita del fieno ad opera del possessore (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

2. I motivi del ricorso principale dal primo al quinto, l’ottavo, il nono e il decimo motivo possono essere esaminati congiuntamente.

Essi, sotto molteplici profili, censurano la sentenza perche’ i giudici d’appello hanno negato il possesso ad uscuapionem in precedenza al 1990 essenzialmente in base al rilievo che, se realmente il ricorrente fosse stato possessore del bene, non avrebbe omesso di far valere il proprio diritto nel processo divisionale.

2.1. I motivi sono infondati. La domanda di scioglimento di una comunione contiene in se’, quale presupposto indeclinabile, la richiesta di accertamento, in caso di contestazione, della comunione stessa (Cass. n. 12003/1992).

La speciale struttura del procedimento divisorio comporta che, qualora non sorgano contestazioni sul diritto alla divisione, si proceda alle operazioni divisionali in virtu’ di semplici ordinanze (articolo 785 c.p.c.). In caso contrario, in qualsiasi stadio della procedura, le contestazioni vanno risolte nelle forme del procedimento ordinario e definite con sentenza (Cass. n. 11293/1998).

Le sentenze pronunciate in questa fase del giudizio divisorio hanno natura di sentenze non definitive (Cass. n. 7165/1983; n. 1521/1980).

Costituisce tipicamente contestazione del diritto alla divisione, da risolvere con sentenza non definitiva, la deduzione con la quale uno dei condividenti neghi l’appartenenza alla massa di un singolo bene oggetto della domanda (cfr. Cass. n. 6960/1996).

Si spiega quindi l’affermazione secondo cui il principio che l’atto di divisione, per il suo carattere meramente dichiarativo, non e’ idoneo a fornire la prova della proprieta’ nei confronti dei terzi, non puo’ essere applicato nella controversia sulla proprieta’ tra i condividenti o i loro aventi causa, perche’ la divisione, accertando i diritti delle parti nel presupposto di una comunione dei beni divisi, presuppone l’appartenenza dei beni alla comunione (Cass. n. 4828/1994; n. 27034/2006).

Coerentemente con tale impostazione e’ stato precisato che “il soggetto che vanti l’acquisto della proprieta’ di un bene immobile per usucapione non puo’, nel contempo, introdurre un giudizio per la divisione del bene stesso, poiche’ la relativa domanda si pone in termini di assoluta incompatibilita’ con l’originaria pretesa di usucapione” (Cass. n. 8815/1998).

La portata di tale incompatibilita’ va precisata con riferimento al principio che il giudizio di divisione “si deve svolgere nei confronti di tutti i partecipanti alla comunione, i quali sono tutti sul medesimo piano ed hanno tutti eguale diritto alla divisione, essendo tale divisione a carattere universale e unitario sulla base di un rapporto plurisoggettivo indivisibile” (Cass. n. 4353/1980).

E’ stato quindi chiarito che “nel giudizio di scioglimento della comunione, la domanda di divisione di un determinato cespite, che sia stata proposta in primo grado da uno dei comproprietari, non puo’ essere considerata come nuova in grado d’appello, ai sensi ed agli effetti dell’articolo 345 c.p.c., per il fatto che venga sollevata da altro condividente, atteso che configura un’articolazione dell’unitaria pretesa di divisione, comune a tutte le parti” (Cass. n. 6387/1980).

Da tali principi ne discende che il compartecipe, il quale si ritenga proprietario per usucapione di un bene in comunione, non solo non puo’, come e’ del tutto ovvio, iniziare lui il giudizio di divisione, ma, se sia stato convenuto per la divisione giudiziale da uno o piu’ degli altri compartecipi, non puo’ tralasciare di far valere l’usucapione nel giudizio iniziato da altri. In caso contrario, se egli non abbia contestato il diritto alla divisione di quel determinato cespite, lasciando che il giudizio seguisse il suo corso ordinario fino al provvedimento conclusivo, non puo’ poi opporre l’usucapione al condividente al quale quella porzione sia stata assegnata, ne’ tanto meno all’aggiudicatario qualora quella stessa porzione sia stata venduta agli incanti, “salvo che non possa impugnare la divisione contestandone il presupposto e deducendo un titolo di possesso diverso da ogni altro che possa derivargli dalla sciolta comunione” (Cass. n. 1901/1974).

Il ricorrente eccepisce che la sentenza di divisione e’ stata prodotta dalla controparte senza l’attestazione del passaggio in giudicato, tuttavia non deduce che la pronuncia fu da lui impugnata perche’ aveva statuito su beni non comuni, perche’ usucapiti. Si duole che i giudici d’appello abbiano opinato che egli avesse incassato la propria quota del prezzo della vendita agli incanti, ma non nega che la riscossione sia avvenuta.

Si ritiene di precisare infine che i principi di cui sopra, sulla natura e l’effetto della divisione nei rapporti fra compartecipi e loro aventi causa, non soffrono deroga nel caso che uno dei compartecipi sia rimasto contumace: il pregiudizio che ne deriva dipende esclusivamente dalla inattivita’ della parte che, per libera determinazione, e’ rimasta contumace (cfr. Cass. n. 11523/1995).

Per tutte le considerazioni sopra esposte, la valutazione della corte d’appello, sulla incompatibilita’ del possesso ad usucapionem del compartecipe con la mancata opposizione nel giudizio divisionale, merita di essere pienamente condivisa.

2. Sono assorbiti il sesto e il settimo motivo del ricorso principale.

3. L’undicesimo motivo del ricorso principale e’ infondato.

La corte di merito, nell’escludere i presupposti oggettivi dell’usucapione ex articolo 1159-bis c.c., ha posto l’accento sulle modeste dimensioni del terreno, sulla presenza su di esso di uno stenditoio e sulla utilizzazione di una sua parte come orto.

Il ricorrente si duole della mancata considerazione del “fatto”, risultante dalle deposizioni testimoniali, consistente nel taglio dell’erba e nella rivendita del fieno.

Si deve replicare che il giudice non e’ tenuto ad occuparsi espressamente e singolarmente di ogni allegazione, prospettazione ed argomentazione delle parti, risultando necessario e sufficiente, in base all’articolo 132 c.p.c., n. 4, che esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, e dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo seguito (Cass. n. 407/2006).

Occorre poi considerare che “in tema di ricorso per cassazione costituisce fatto (o punto) decisivo ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, quello la cui differente considerazione e’ idonea a comportare, con certezza, una decisione diversa” (Cass. n. 18368/2013).

Il fatto cui e’ riferito l’omesso esame e’ privo di tale attitudine. Secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte: “Per l’applicazione dell’usucapione speciale di cui all’articolo 1159-bis c.c. introdotta dalla L. n. 346 del 1976, con la finalita’ di incoraggiare lo sviluppo e salvaguardare il lavoro agricolo – non e’ sufficiente che il fondo sia iscritto nel catasto rustico, ma e’ necessario che esso, quanto meno all’atto dell’inizio della possessio ad usucapionem, sia destinato in concreto all’attivita’ agraria, atteso che tale usucapione puo’ avere ad oggetto soltanto un fondo rustico inteso come entita’ agricola ben individuata ed organizzata, che sia destinata ed ordinata a una propria vicenda produttiva. Ne consegue che l’articolo 1159-bis c.c., non e’ applicabile, ne’ in via analogica, trattandosi di norma eccezionale rispetto a quella di cui all’articolo 1158 c.c., ne’ in base ad un’interpretazione estensiva, tenuto conto delle finalita’ perseguite dal legislatore, qualora il possesso protratto venga dedotto ai fini dell’acquisizione di limitate superfici, ancorche’ facenti parte di maggiori fondi coltivati o coltivabili siti in zone montane, che non siano di per se’ idonee a costituire un’autonoma unita’ produttiva” (Cass. n. 20451/2017).

4. Il rigetto del ricorso principale comporta l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato di (OMISSIS) (Cass. n. 3223/2017).

5. Il primo motivo del ricorso incidentale di (OMISSIS) denuncia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’articolo 100 c.p.c., articoli 948, 1140 c.c., per avere la corte d’appello ordinato il rilascio del terreno, con la conseguente condanna al risarcimento del danno per l’occupazione, anche nei confronti della stessa (OMISSIS), pur dando atto che la medesima non aveva accampato pretese sul bene, essendosi limitata ad assecondare la domanda di rivendicazione del coniuge.

Si sostiene che la mancanza del possesso in capo alla convenuta non era stata contestata, ne’ l’attore aveva fornito la prova del contrario.

Il secondo motivo denuncia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatto decisivo, in particolare per avere la corte di merito fatto discendere la disponibilita’ comune dal fondo dalla presenza di uno stenditoio e di un orto, essendo invece tali fatti inidonei a far presumere il possesso comune del terreno.

5.1. I motivi del ricorso incidentale di (OMISSIS), da esaminare congiuntamente, sono fondati.

La corte di merito ha riconosciuto (OMISSIS) compossessore del terreno rivendicato da (OMISSIS) sulla base della considerazione che su di esso c’era uno stenditoio e che una porzione era adibita a orto, avendo ritenuto tali elementi sintomatici del carattere familiare dell’uso e, di riflesso, della comunanza del possesso fra i coniugi.

Fatto e’, pero’, che tale implicazione non e’ minimamente sorretta e giustificata sul piano logico, il che la rende censurabile in sede di legittimita’, avendosi in tal caso una mera apparenza del discorso giustificativo (Cass. n. 14953/2000).

6. In conclusione il ricorso principale e’ rigettato; il ricorso incidentale condizionato di (OMISSIS) e’ assorbito; e’ accolto il ricorso incidentale di (OMISSIS).

E’ cassata la sentenza in relazione al ricorso incidentale di (OMISSIS), con rinvio per nuovo esame alla Corte d’appello di Trento in diversa composizione, che provvedera’ anche sulle spese del presente giudizio di legittimita’.

Poiche’ il ricorso principale e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e’ rigettato, sussistono le condizioni per dare atto ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilita’ 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater del Testo Unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13 – della sussistenza dell’obbligo del versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

rigetta il ricorso principale di (OMISSIS); dichiara assorbito il ricorso incidentale di (OMISSIS); accoglie il ricorso incidentale di (OMISSIS); cassa la sentenza in relazione al ricorso incidentale di (OMISSIS); rinvia alla Corte d’appello di Trento in diversa composizione anche per le spese;

dichiara ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.