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Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 5 maggio 2016, n. 8944

non puo’ sostenersi che la fideiussione rilasciata dal socio, gia’ illimitatamente responsabile “ex lege” per le obbligazioni sociali, sia priva di causa, sotto il profilo che essa non aggiungerebbe nulla di piu’ alla garanzia patrimoniale gia’ offerta al creditore per effetto della disciplina legislativa. Come, infatti, e’ stato osservato in dottrina, nonostante la garanzia gia’ fornita ex lege dalle disposizioni sulla responsabilita’ illimitata e solidale, possono esservi altri interessi che muovono il creditore sociale a voler pretendere una ulteriore garanzia: l’interesse, ad esempio, a che il socio resti obbligato anche dopo la sua uscita dalla societa’, o quello di potersi avvalere di uno strumento di garanzia autonomo, svincolato tra l’altro dal limite (sia pure destinato ad operare solo in fase di esecuzione) del beneficium excussionis di cui all’articolo 2304 c.c.

 

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Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 5 maggio 2016, n. 8944

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere

Dott. DI MARZIO Fabrizio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4626/2013 proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) SPA, sia nella sua qualita’ di procuratrice della (OMISSIS) SRL che nella sua qualita’ di incorporante la societa’ (OMISSIS) SRL, a sua volta speciale mandataria di (OMISSIS) SPA, aderente al FONDO INTERBANCARIO TUTELA DEI DEPOSITI e al FONDO NAZIONALE DI GARAZIA, capogruppo del GRUPPO BANCARIO (OMISSIS), in persona del Procuratore Avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1286/2011 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 28/12/2011, R.G.N. 1502/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25/01/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA;

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Nel 2003, (OMISSIS) convenne in giudizio (OMISSIS) S.p.a., poi divenuta (OMISSIS) S.p.a., proponendo opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso su ricorso della banca, che l’aveva condannata, in virtu’ della garanzia fideiussoria prestata nel 1993 dalla ingiunta in favore della (OMISSIS) s.s. sino alla concorrenza della somma di Euro 206.582,75, al pagamento di Euro 103.291,00, oltre spese, pari alla sola sorte capitale del debito della banca nei confronti della societa’ garantita.

L’attrice chiese la revoca del decreto, eccependo la nullita’ e/o invalidita’ della garanzia fideiussoria prestata in quanto priva di causa o contra legem e denunciando la violazione da parte della banca degli obblighi di diligenza, correttezza e buona fede nella gestione dei rapporti bancari.

Chiese, inoltre, in via riconvenzionale, la condanna della banca al risarcimento dei danni a lei causati.

La convenuta opposta si difese assumendo la validita’ ed efficacia della garanzia fideiussoria del 1993 e chiedendo la conferma del decreto ingiuntivo.

Il Tribunale di Sanremo, con la sentenza n. 346/2007, respinse l’opposizione, confermando il decreto ingiuntivo e condannando la (OMISSIS) alla rifusione delle spese.

  1. La decisione e’ stata confermata dalla Corte d’Appello di Genova, con sentenza n. 1286/2011 del 28 dicembre 2011.
  2. Avverso tale decisione, propone ricorso in Cassazione la signora (OMISSIS) sulla base di undici motivi illustrati da memoria.

3.1 Resiste con controricorso hal fondiario S.p.a., nella qualita’ di incorporante la (OMISSIS) S.r.l., mandataria speciale di (OMISSIS).

MOTIVI DELLA DECISIONE

4.1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce la “nullita’ della sentenza o del procedimento ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 4), in relazione all’articolo 112 c.p.c. e quindi error in procedendo, per omessa pronuncia sulla domanda formulata dalla ricorrente in relazione alla nullita’ per difetto di causa della fideiussione sottoscritta dalla (OMISSIS) in data 11.1.1991 in veste di garante a favore di (OMISSIS) SS di cui la stessa era socia”.

Lamenta che la Corte di Appello avrebbe omesso di pronunciarsi sulla censura per cui la funzione della fideiussione consiste nel rafforzamento della posizione creditoria, nel senso di un suo allargamento in termini materiali, contro il diverso patrimonio del garante.

Prima di pronunciarsi sull’allegazione difensiva della banca per cui la causa del contratto risulterebbe soddisfatta dal patto beneficium escussionis, il Giudice di merito avrebbe dovuto decidere se in presenza di una societa’ semplice, ai fini del perfezionamento della causa della fideiussione, fosse necessario o meno il requisito della differenza del patrimonio del socio rispetto a quello del garante.

Inoltre, la giurisprudenza citata dalla sentenza (secondo cui e’ ammissibile la fideiussione senza beneficio di escussione da parte del socio illimitatamente responsabile di una societa’ di persone, a favore della societa’ garantita) non sarebbe decisiva in quanto muoverebbe da presupposti estranei alla fattispecie: quello della alterita’ del debito e del collegamento funzionale della garanzia allo scopo di lucro perseguito dalla societa’ garantita (tanto che nessuno degli enti cui si riferiscono le sentenze richiamate dalla Corte riveste la forma di societa’ semplice).

Il motivo e’ infondato.

Questa Corte, infatti ha osservato che non puo’ sostenersi che la fideiussione rilasciata dal socio, gia’ illimitatamente responsabile “ex lege” per le obbligazioni sociali, sia priva di causa, sotto il profilo che essa non aggiungerebbe nulla di piu’ alla garanzia patrimoniale gia’ offerta al creditore per effetto della disciplina legislativa. Come, infatti, e’ stato osservato in dottrina, nonostante la garanzia gia’ fornita ex lege dalle disposizioni sulla responsabilita’ illimitata e solidale, possono esservi altri interessi che muovono il creditore sociale a voler pretendere una ulteriore garanzia: l’interesse, ad esempio, a che il socio resti obbligato anche dopo la sua uscita dalla societa’, o quello di potersi avvalere di uno strumento di garanzia autonomo, svincolato tra l’altro dal limite (sia pure destinato ad operare solo in fase di esecuzione) del beneficium excussionis di cui all’articolo 2304 c.c. (Cass. n. 26012/2007).

Pertanto, e’ sufficiente accertare – come nella specie e’ avvenuto – l’esistenza in concreto di uno qualsiasi di tali interessi per affermare la validita’ della fideiussione rilasciata dal socio illimitatamente responsabile di una societa’ di persone.

Ne’ si puo’ accogliere l’ulteriore censura del ricorrente secondo cui il principio giurisprudenziale sopra esposto non sarebbe applicabile al caso di specie, in quanto, trattandosi di societa’ semplice, mancherebbero i presupposti della alterita’ del debito e del perseguimento dello scopo di lucro.

Infatti, costituisce jus receptum nella giurisprudenza di legittimita’ il principio secondo il quale le societa’ di persone (ivi compresa la societa’ semplice), ancorche’ sfornite di autonomia patrimoniale perfetta, sono comunque titolari di una soggettivita’ giuridica propria e distinta dalla posizione dei soci, assumendo obbligazioni per mezzo delle persone fisiche che ne hanno la rappresentanza (Cass. n. 26012/2007).

4.2. Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia “vizio di motivazione in relazione all’articolo 360 c.p.c. comma 1, n. 5, in relazione agli articoli 1362 e 1324 c.c., per illogicita’ e contraddittorieta’ della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, quale la verifica della effettiva volonta’ negoziale espressa da (OMISSIS) nell’atto intitolato Limitazione Fideiussuione, datato 30.08.1993.

4.3. Con il terzo motivo, lamenta la “violazione o falsa applicazione delle norme di diritto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’articolo 1938 c.c., per come novellato dalla L. n. 154 del 1992, articolo 10, con decorrenza 9 luglio 1992 circa la mancata ritenuta nullita’ sopravvenuta della fideiussione sottoscritta dalla (OMISSIS) in data 15.1.1991 (error in iudicando per contrasto con la interpretazione giurisprudenziale delle norme rubricate) per essere stata determinata nell’importo massimo garantito mediante un atto di Limitazione Fideiussione sottoscritto dopo il 9 luglio 1992”.

4.4. Con il quarto motivo, lamenta la “falsa applicazione delle norme di diritto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’articolo 1938 c.c., per come novellato dalla L. n. 154 del 1992, articolo 10, con decorrenza 9 luglio 1992 (error in iudicando per contrasto con la interpretazione giurisprudenziale delle norme rubricate), circa il mancato rilievo quale condizione della azione e/o quale elemento costitutivo della domanda attrice della anteriorita’ o posteriorita’ del credito ingiunto rispetto al predetto termine”.

4.5. Con il quinto motivo, lamenta la “falsa applicazione delle norme di diritto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’articolo 1423 c.c. e all’articolo 1938 c.c. novellato dalla L. n. 154 del 1992, articolo 10, con decorrenza 9 luglio 1992, per essere l’atto Limitazione Fideiussione sottoscritto dalla (OMISSIS) in data 30.8.1993 contra legem, in quanto destinato a convalidare un atto nullo”.

Con tali motivi, logicamente collegati tra loro, la ricorrente sostiene:

a) che erroneamente la Corte di appello avrebbe ritenuto che l’atto sottoscritto dalla (OMISSIS) in data 30.8.1993 costituisse una nuova convenzione di garanzia anziche’ una manifestazione di volonta’ di intervenire sulla garanzia originaria al solo fine di limitare l’importo massimo garantito ai sensi della n. 154 del 1992, posta in essere oltre il termine perentorio del 9 luglio 1992, all’uopo fissato dalla stessa legge;

b) che, una volta esclusa la figura della nuova convenzione, il Giudice, correttamente applicando l’articolo 1938 c.c., per come novellato dalla L. n. 154 del 1992, articolo 10, avrebbe dovuto rilevare che la fideiussione prestata dalla (OMISSIS) nel 1991 non era mai stata tempestivamente regolarizzata, posto che la limitazione dell’importo massimo garantito era avvenuta dopo il 9 luglio 1992 e, quindi era inefficace;

c) che, una volta esclusa l’efficacia della limitazione della fideiussione del 1993, il giudice del merito, facendo corretta applicazione della innovazione portata dalla n. 154 del 1992, articolo 10, avrebbe dovuto indagare (anche d’ufficio, trattandosi di elemento costitutivo della domanda di (OMISSIS)) avrebbe dovuto accertare (anche d’ufficio, trattandosi di elemento costitutivo della domanda attrice) l’estraneita’ del credito ingiunto alla garanzia prestata, posto che la fideiussione poteva garantire i soli crediti maturati prima del 9 luglio 1992, mentre, nel caso, si sarebbe trattato di credito sorto successivamente;

d) che, una volta accertato che l’atto del 1993 non era conforme alla n. 154 del 1992, ne’ come nuova convenzione ne’ quale limitazione della originaria fideiussione, la Corte di Appello avrebbe dovuto dichiararne l’invalidita’ ai sensi dell’articolo 1423 c.c., in quanto l’atto non poteva essere considerato alla stregua di un intervento negoziale autonomo e distinto volto a rimediare ad una situazione di preesistente nullita’, mancando la manifestazione della volonta’ di rimuovere la causa di nullita’, ed essendo il contenuto dell’atto determinato per relationem facendo riferimento al contenuto della fideiussione del 1991.

Tali motivi sono infondati.

Questa Corte, infatti, ha piu’ volte affermato che, nel caso di fideiussione omnibus senza limitazione di importo, stipulata anteriormente, ma ancora in corso alla data di entrata in vigore della disposizione della L. 17 febbraio 1992, n. 154, articolo 10, comma 1 – il quale, sostituendo il testo originario dell’articolo 1938 c.c., ha subordinato la validita’ della fideiussione per obbligazioni future all’indicazione dell’importo massimo garantito -, la banca conserva il diritto alla garanzia unicamente per i debiti verso di essa sorti a carico del debitore principale prima di tale data e non anche per quelli successivi, per i quali, invece, e’ necessaria una nuova convenzione di garanzia con la quale le parti fissino con manifestazione di volonta’ espressa l’importo massimo garantito ex articolo 1938 c.c. (Cass. n. 21101/2005; Cass. n. 6171/2003).

Ebbene, nel caso di specie, la Corte ha rilevato proprio che “la (OMISSIS) ha prestato in data 30.8.1993, una nuova convenzione di garanzia, con l’indicazione dell’importo massimo garantito” e che dal tenore letterale del documento “si evince la volonta’ della garante di prestare garanzia fideiussoria a favore della (OMISSIS) s.s. sino alla concorrenza dell’importo di Lire 400 milioni”.

La Corte, inoltre, ha aggiunto che la nuova convenzione costituisce “un rinnovo” e non “una convalida” del precedente vincolo fideiussorio, con “effetti ex mine e non ex tunc”.

A tale ultimo riguardo, si evidenzia che se, ai sensi dell’articolo 1423 c.c., e’ preclusa la possibilita’ della convalida di un atto nullo, resta invece nella disponibilita’ dei privati il diverso congegno della rinnovazione, che consiste in una programmazione di interessi depurata dal vizio invalidante e si solve, quindi, nel compimento di un negozio diverso dal precedente.

Infatti, l’articolo 1423 c.c., e’ diretto ad impedire la sanatoria di un negozio nullo con effetti ex tunc, ma non a comprimere la liberta’ delle parti di reiterare la manifestazione della loro autonomia negoziale al fine di regolare i loro interessi (Cass. n. 23641/2006).

Nel caso in esame, dalla convenzione sottoscritta nel 1993, emerge chiaramente la volonta’ delle parti di rimuovere la causa di nullita’ consistente nella mancata determinazione dell’oggetto della fideiussione.

Dunque, correttamente la Corte ha concluso che “deve escludersi nella specie l’applicabilita’ dell’articolo 1423 c.c. e l’ipotesi di inammissibile convalida di un atto nullo”.

4.6. Con il sesto motivo, la ricorrente denuncia la “nullita’ della sentenza ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 4), in relazione all’articolo 112 c.p.c., all’articolo 634 c.p.c. ed all’articolo 2697 c.c. e quindi error in procedendo per omessa pronuncia sulla questione relativa alla inefficacia probatoria del certificato Libro Giornale Sezione Crediti Sofferenza ai fini della prova dell’esistenza del credito nella fase del giudizio a cognizione piena”.

4.7. Con il settimo motivo, la ricorrente denuncia la “falsa applicazione di norma di legge ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’articolo 2697 c.c. (error in iudicando in contrasto con la interpretazione giurisprudenziale della norma) per aver attribuito, nella fase del giudizio a cognizione piena, valore di prova del credito contestato ad un documento privo dei requisiti di analiticita’ e specificita’”.

I motivi possono essere esaminati congiuntamente, essendo fra loro collegati.

Secondo la ricorrente, il Giudice del merito avrebbe valutato la fondatezza dell’eccezione di irrilevanza della prova del credito fornita da (OMISSIS), costituita dal certificato notarile del Libro Giornale Crediti a Sofferenza, solo con riferimento alla fase monitoria e non anche alla fase del giudizio a cognizione piena.

Con riferimento a tale ultima fase, avrebbe dovuto dichiararne l’inefficacia probatoria, perche’ documento privo dei requisiti di analiticita’ e specificita’ contabile necessari per controllare le poste considerate ed i conteggi compiuti.

Ne’ rileverebbe il fatto che il certificato faccia riferimento ad un estratto conto prodotto dalla stessa ricorrente, posto che tale produzione non potrebbe equivalere al riconoscimento del debito ingiunto.

I motivi sono infondati.

La Corte, infatti, dopo aver osservato che il certificato notatile prodotto da (OMISSIS) e’ documento idoneo, nella fase monitoria, ad integrare la prova scritta di cui all’articolo 634 c.p.c., per quanto riguarda il giudizio di cognizione, ha correttamente valutato lo stesso documento alla luce dell’ulteriore documentazione prodotta e, in particolare, dell’estratto conto “girato a sofferenza” prodotto dalla stessa ricorrente, che evidenzia un debito della garantita addirittura maggiore rispetto a quello ingiunto alla (OMISSIS).

E, com’e’ noto, tale estratto conto ha efficacia probatoria fino a prova contraria nei confronti del fideiussore del correntista non soltanto nella fase monitoria, ma anche nel giudizio di opposizione e in ogni altro procedimento di cognizione, perche’ ove il debitore principale sia decaduto a norma dell’articolo 1832 c.c., dal diritto di impugnare gli estratti di saldo conto, il fideiussore chiamato in giudizio dalla banca medesima per il pagamento della somma dovuta non puo’ sollevare contestazioni in ordine alla definitivita’ di quegli estratti (Cass. n. 18650/2003).

4.8. Con l’ottavo motivo, la ricorrente denuncia la “violazione o falsa applicazione di legge ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’articolo 183 c.p.c., per aver ritenuto come tardivamente introdotte, nel giudizio di primo grado le eccezioni di parte relative alla invalidita’ e/o illegittimita’ delle poste passive costituenti il saldo debitorio torrentizio, attesa la loro estraneita’ all’oggetto sociale della garantita”.

Diversamente da quanto ritenuto dal Giudice di merito, la (OMISSIS) avrebbe proposto tempestivamente tali eccezioni, deducendo i fatti a sostegno della eccepita invalidita’ di alcuni rapporti bancari entro lo spirare del termine per la emendatio della causa petendi di cui all’articolo 183 c.p.c., comma 5, applicabile ratione temporis.

Il motivo e’ infondato.

Nel caso, a prescindere dall’aspetto della tardivita’ dell’eccezione, il giudice del merito ha comunque ritenuto fondato il credito anche in forza dell’articolo 2697, pertanto tale aspetto diventa irrilevante ai fini della cassazione della sentenza.

In ogni caso non possono essere validamente contestate dal fideiussore le risultanze degli estratti conto non contestati dal correntista. Infatti, qualora sia stata prestata una fideiussione a garanzia di una apertura di credito bancaria in conto corrente ed il debitore principale, non avendo contestato tempestivamente gli estratti conto inviatigli dalla banca, sia decaduto, ai sensi dell’articolo 1832 c.c., dal diritto di impugnarli, le risultanze degli estratti conto sono vincolanti anche per il fideiussore, il quale non puo’ pertanto contestare l’ammontare del credito della banca (Cass. 13889/2010).

4.9. Con il nono motivo, la ricorrente denuncia la “violazione di norma di legge ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’articolo 183 c.p.c. ed all’articolo 1956 c.c., per aver ritenuto come tardivamente introdotta nel giudizio di primo grado l’eccezione di parte ricorrente relativa alla inesistenza del credito ingiunto per violazione, da parte dell’Istituto Bancario, dei canoni comportamentali imposti dall’articolo 1956.

Il motivo e’ inammissibile per violazione del principio di autosufficienza.

Infatti la ricorrente non trascrive, ne’ indica i riferimenti della parte in cui, nell’ambito della memoria ex articolo 183, avrebbe dedotto i fatti storici da cui assume che la Banca potesse desumere il peggioramento delle condizioni patrimoniali della societa’ garantita, presupposto per la liberazione del fideiussore dalle obbligazioni future della stessa societa’ ex articolo 1956 c.c..

Allo stesso modo, non indica quali sarebbero le produzioni documentali versate in causa da cui emergerebbero i fatti poi illustrati dalla (OMISSIS) con la memoria conclusionale (cfr. pag. 28, 3 cpv.).

4.10. Con il decimo motivo, la ricorrente denuncia la “violazione di norma di legge ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’articolo 183 c.p.c. ed all’articolo 1421 c.c., per non aver ritenuto ex officio la violazione di legge in tema di capitalizzazione trimestrale degli interessi, tempestivamente introdotta dalla ricorrente nel giudizio di primo grado”.

Poiche’ la ricorrente avrebbe dato la prova, sin dall’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo dell’esistenza della clausola contra legem di capitalizzazione trimestrale degli interessi, Giudice del merito avrebbe dovuto procedere d’ufficio alla verifica dell’applicazione di tale clausola (verifica che sarebbe stata di fatto impossibile per via del mancato assolvimento, da parte della Banca, dell’onere della prova che la gravava).

Erroneamente, invece, la Corte di Appello ha escluso di dover procedere a tale indagine per il fatto che il creditore, nel ricorso per ingiunzione, avesse affermato di limitare la richiesta alla sola sorte capitale, senza verificare la veridicita’ di tale affermazione.

Infatti, il Giudice e’ chiamato ad esercitare il potere di indagine, di cui e’ investito per accertare la sussistenza delle condizioni dell’azione, in relazione all’intero credito e non sono ad una parte di esso.

Il motivo e’ infondato.

I giudici del merito hanno espressamente evidenziato in sentenza non solo la genericita’ della contestazione ma anche che nel ricorso ingiuntivo e’ stato precisato dalla Banca che la somma richiesta era solo relativa al capitale proprio al fine di evitare eccezioni in ordine alla debenza e all’entita’ degli interessi applicati.

4.11. Con l’undicesimo motivo, la ricorrente denuncia la “omessa motivazione ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, su un punto decisivo della controversia, per non aver congruamente e logicamente motivato la mancata ammissione della CPU richiesta per la rideterminazione del saldo passivo debitorio del c/c n. (OMISSIS), alla luce della nullita’ della capitalizzazione trimestrale degli interessi applicati”.

L’infondatezza del decimo motivo comporta l’assorbimento del presente motivo.

  1. Le spese del giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimita’ in favore della controricorrente che liquida in complessivi Euro 8.200,00 di cui Euro 200 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, comma 1, n. 5, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato articolo 13, comma 1-bis.

 

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.