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Verbale di assemblea condominiale valore di prova legale solo riguardo alla provenienza dichiarazioni.
il verbale di un’assemblea condominiale ha natura di scrittura privata, sicché il valore di prova legale del verbale di assemblea condominiale, munito di sottoscrizione del presidente e del segretario, è limitato alla provenienza delle dichiarazioni dai sottoscrittori e non si estende al contenuto della scrittura, e, per impugnare la veridicità di quanto risulta dal verbale, non occorre che sia proposta querela di falso, potendosi, invece, far ricorso ad ogni mezzo di prova.
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Tribunale Catania, Sezione 3 civile Sentenza 22 febbraio 2018, n. 864
Data udienza 20 febbraio 2018
Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di CATANIA
TERZA SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Simona Lo Iacono
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 12504/2012 promossa da:
(…), cf: (…), (…) CF: (…) e (…) cf: (…) rappresentati e difesi dall’avv. El.Be.
ricorrenti
contro
Condominio di via (…), cf: (…) in persona dell’amministratore p.t., rappr. e difeso dall’Avv. An.Su.
resistente
CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Con ricorso del 10/12/2012 (…), (…) e (…) convenivano al giudizio del Tribunale il Condominio di via (…) impugnando la delibera assembleare assunta dal Condominio resistente in data 13/11/2012 e chiedendone la declaratoria di nullità e/o annullamento.
Rilevavano infatti il vizio della delibera a cagione della loro assenza, “in rappresentanza dell’intera proprietà”, alla seduta assembleare del 13/11/2012, ed il mancato raggiungimento del quorum costitutivo e deliberativo (quanto al punto 3 dell’ordine del giorno) dell’assemblea relativo alla conferma della nomina dell’amministratore.
Rilevavano infatti che all’assemblea non erano presenti né (…), né tantomeno (…).
In ordine poi al punto 4 dell’ordine del giorno, discusso nella assemblea del 13/11/2012, rilevavano la nullità della delibera impugnata sul presupposto che con essa si erano stabiliti dei lavori su parti dell’edificio (frontalini e sottoballatoi dei balconi) di esclusiva pertinenza privata.
Si costituiva il condominio convenuto che rilevava come i germani (…) erano comproprietari pro indiviso dell’immobile ubicato nello stabile condominiale e tutti e tre ivi residenti.
Rappresentava che per costante indirizzo giurisprudenziale quando i comproprietari di un immobile in condominio erano conviventi tra loro la convocazione alla seduta dell’assemblea inviata a uno di loro si presumeva portata a conoscenza di tutti.
Rilevava inoltre che l’art. 67 disp. Att. c.c. disponeva che nel caso di comproprietà di più persone di una porzione di piano di un edificio, queste avevano diritto a un solo rappresentante, di talché – non prevedendo detto articolo alcuna formalità al riguardo – il singolo comproprietario era abilitato a intervenire e decidere per l’intero.
In ogni caso anche non dovendosi considerare la partecipazione di (…) alla formazione della volontà comune, nessuna violazione del quorum vi era stata, dato che in merito alla conferma dell’amministratore non era applicabile l’art. 1136 comma 4 c.c. ma, trattandosi appunto di conferma dell’incarico e non di nomina, la maggioranza ordinaria prevista dal comma 3 dell’art. 1136 c.c.
Lo stesso valeva per i lavori straordinari atteso che in base al disposto dell’art. 1136 comma 4 c.c. dovevano essere approvate con la maggioranza stabilita dal secondo comma dello stesso articolo (metà del valore dell’edificio) non tutte le opere di straordinaria manutenzione ma solo quelle di notevole entità, circostanza non ricorrente nella specie dato che le opere in questione non erano di notevole entità in quanto non alteravano la destinazione originaria della cosa comune.
In merito poi ai frontalini dei balconi che l’attrice definiva parti private, deduceva che l'(…) aveva manifestato voto favorevole e che inoltre i lavori erano stati deliberati in ottemperanza all’ordinanza emanata dal Sindaco del Comune di Catania.
Esauritasi la trattazione e sospesa la delibera impugnata, la causa sulle conclusioni precisate in data 14.11.18 veniva posta in decisione con termini di legge.
Ciò posto in linea di fatto, bisogna innanzi tutto dire che dal verbale di assemblea prodotto in atti è dato evincere la presenza in seno all’ assemblea del 13.11.12 sia di (…) che di (…) per delega.
Ora, per costante insegnamento della Corte di Cassazione, “il verbale di un’assemblea condominiale ha natura di scrittura privata, sicché il valore di prova legale del verbale di assemblea condominiale, munito di sottoscrizione del presidente e del segretario, è limitato alla provenienza delle dichiarazioni dai sottoscrittori e non si estende al contenuto della scrittura, e, per impugnare la veridicità di quanto risulta dal verbale, non occorre che sia proposta querela di falso, potendosi, invece, far ricorso ad ogni mezzo di prova (arg. da Cass. Sez. 2, Sentenza n. 747 del 15/03/1973)” (Cass. 9 maggio 2017 n. 11375).
Tuttavia, nonostante la veridicità del verbale possa essere messa in discussione con ogni mezzo di prova, la parte attrice non ha dimostrato, come era suo onere fare, che (…) non fosse munito di delega della sorella (…).
Ne consegue che il verbale autorizza certamente a ritenere che (…) fosse presente e munito di delega, in quanto non vinto da prova contraria.
Ne consegue che né lui né la sorella (…) possono contestare il procedimento di convocazione ex art. 1137 c. 2 atteso inoltre che in seno al verbale nulla hanno dedotto né contestato in riferimento alle modalità di convocazione dell’assemblea.
Ad essi è quindi precluso sollevare qualsivoglia profilo di annullabilità della delibera, non essendo dissenzienti, potendo invece impugnarla solo sotto il profilo della nullità.
In relazione ad (…), invece, vero è che non vi è prova della sua regolare convocazione.
Ma vero è anche che, sebbene l’articolo 67 delle disposizioni di attuazione al Codice civile non autorizzi a ritenere sufficiente la convocazione di uno solo dei comproprietari, tuttavia (in considerazione del fatto che, ai sensi dell’articolo 1136, 6 comma, pre riforma, l’invito a partecipare all’assemblea non richiede un atto scritto ma può essere effettuato con qualsiasi forma o modalità idonea a portarlo a conoscenza del destinatario), la prova della valida convocazione di uno dei proprietari “pro indiviso” si può ricavare anche dall’avviso dato ad uno degli altri comproprietari, qualora ricorrano circostanze presuntive tali da far ritenere che quest’ultimo abbia informato l’altro (o gli altri) della convocazione stessa, come, appunto, nel caso – che qui incontestatamente ricorre – di comproprietari di un appartamento, conviventi in pieno accordo e senza contrasto di interessi tra loro.
E ciò a maggior ragione, come si è detto, in periodo antecedente la riforma del 2012 in cui, a differenza del regime introdotto con la L. n. 220 del 2012 (dell’11 dicembre 2012 e quindi successiva di un mese alla delibera impugnata), la convocazione non doveva essere fatta necessariamente a mezzo posta raccomandata.
Ne deriva che la prova della convocazione di (…) si può dire raggiunta così come quella della sua tempestività, atteso che entrambi i fratelli conviventi erano presenti, personalmente o per delega, alla assemblea e che dalla loro regolare convocazione ben può presumersi la convocazione regolare e tempestiva della sorella.
Non si può quindi dubitare che l’assemblea fosse regolarmente costituita, di talchè sussistevano le maggioranze richieste per l’approvazione del punto 3 dell’ordine del giorno.
Ciò che invece costituisce motivo di nullità, è certamente il fatto di avere deliberato in relazione a parti dell’immobile non comuni.
In tema va invero ricordato l’insegnamento della giurisprudenza (cfr Cass. 1439/14) a tenore della quale sono nulle le delibere – tra l’altro – con oggetto impossibile.
E’ il caso che ricorre.
Nella specie invero sono stati autorizzati lavori e spese relative ai sotto ballatoi e ai frontalini.
Ora come è noto (Cass. civ. Sez. II, 21 gennaio 2000, n. 637 in Mass. Giur. It., 2000 ed in Giust. Civ., 2000, I nonché in Riv. Giur. E., 2000, I ed in Arch. Locazioni, 2003, 238) “i balconi di un edificio condominiale non rientrano tra le parti comuni ai sensi dell’art. 1117 c.c. non essendo necessari per l’esistenza del fabbricato né essendo destinati all’uso e al servizio di esso. Tuttavia il rivestimento del parapetto e della soletta possono essere beni comuni se svolgono una prevalente funzione estetica per l’edificio, divenendo elementi decorativi e ornamentali per la facciata”.
Tuttavia nella specie nessuna prova vi è in atti di una tale vocazione decorativa dei sottoballatoi e dei frontalini, di talchè non può dubitarsi che essi afferiscano a parti private e non possano essere oggetto di deliberazione condominiale.
Se ne deve necessariamente concludere che l’assemblea ha deliberato in relazione a parti dell’edificio non comuni ma private, di talché va annullato il punto 4 dell’ordine del giorno.
Atteso il tenore generale della decisione, e rilevato che gli attori sono soccombenti in relazione all’impugnazione del punto 3 dell’ordine del giorno, le spese di lite vanno interamente compensate.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando:
in parziale accoglimento delle spese di lite, annulla la delibera impugnata in relazione al punto 4 dell’ordine del giorno.
Compensa le spese di lite.
Così deciso in Catania il 20 febbraio 2018.
Depositata in Cancelleria il 22 febbraio 2018.